Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il calcolo degli oleodotti in Eurasia

Il calcolo degli oleodotti in Eurasia

di F. William Engdhal - 06/09/2009



Il termine "calcolo" ha due possibili varianti- derivato o  integrale. Il confronto geopolitico sui gasdotti in Eurasia tra il duo Turchia-Washington e Mosca, allo stato attuale, presenta elementi di entrambi le suddette varianti. E' altamente derivato, in quanto  i suoi  principali attori, si trovano in Asia Centrale, e sono la Cina, la Russia e la Turchia, e sono particolarmente coinvolti in un gioco di potere derivato, che ha poco a che vedere con i vari singoli stati, e molto con il mantenimento del "super potere egemonico" di Washington. E' integrale, altresì, in quanto lo sviluppo dei vari progetti relativi alla realizzazione dei gasdotti, attualmente in realizzazione o in discussione, in Eurasia, ha il potenziale di integrare lo spazio economico eurasiatico, in un modo tale da poter rappresentare una minaccia ai piani di Washington di difesa della "dominazione a tutto campo", sulla più vasta area geopolitica del pianeta.

Fin dalla fine della Guerra di Crimea, del 1853, la Turchia ha svolto un ruolo strategico nello sviluppo europeo ed eurasiatico. Negli anni '50 dell'800, l'Impero Ottomano divenne un bersaglio privilegiato delle ambizioni imperiali delle Grandi Potenze, come la Gran Bretagna e la Francia, le quali videro la possibilità di trarre vantaggio dalle tensioni fra esso e la Russia, allo scopo di indebolire, prima, e annettersi, poi, le parti vitali dell'impero ormai indebolito.
Le Grandi Potenze dell'epoca, la Gran Bretagna, la Francia, la Russia e l'Austria, cominciarono a discutere dello smembramento dell'Impero Ottomano. Lo strumento che scelsero di utilizzare fu quello del debito. La situazione del debito estero dell'Impero Ottomano era diventata talmente pesante, che il Sultano Abdul Hamid II fu costretto, dai suoi creditori britannici e francesi, a porre l'intera economia dell'impero, sotto il controllo delle agenzie delle banche estere, che diedero vita alla "Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano"(OPDA)- controllata dai due principali creditori, la Gran Bretagna e la Francia appunto. Alla fine degli anni '80 dell'800, un nuovo attore salì alla ribalta del continente, il quale non aveva il controllo su questa situazione debitoria, il Reich Tedesco, e che coinvolse economicamente l'Impero Ottomano. Questo intervento minacciava i disegni espansionistici del maggiore impero dell'epoca, quello britannico.
Dopo che la Gran Bretagna precipitò nella "Grande Depressione" del 1873, il colosso industriale tedesco emerse come il sistema economico che si sviluppava più velocemente al mondo, con la sola rilevante eccezione degli Stati Uniti d'America.
I destini economici e politici di Germania e Turchia si saldarono dopo la decisione dell'industria tedesca, e della Deutsche Bank,  presa nel 1899, di costruire una ferrovia che collegasse Berlino a Baghdad, passando attraverso l'Impe rendeva loro indipendenti dai commerci marittimi, egemonizzati dalla Gran Bretagna.

Un po' di nozioni geopolitiche sull' Eurasia

L'industria tedesca cominciò a guardare aldilà del mare, per trovare fonti di materie prime, individuandole anche come zone utili per vendere i propri prodotti. Nel 1894, il Cancelliere tedesco, von Caprivi, disse al Reichstag (il Parlamento tedesco, NdT), che "l'Asia Minore è il più importante mercato per l'industria tedesca; un mercato in cui investire capitali, oltre che essere fonte di materie prime, capace di grande espansione, e che ci potrà consentire, prima o poi, di ottenere l'indipendenza da quei paesi, dai quali oggi siamo costretti a comprarle". La posizione di Caprivi era sostenuta dall'industria tedesca, specialmente dal settore dell'acciaio, e dalle grandi banche, in particolar modo dalla Deutrsche Bank.
La ferrovia Berlino-Baghdad legava il destino della Turchia a quello della Germania, e fu un fattore geopolitico determinante per gli eventi che portarono la Gran Bretagna a entrare nella I Guerra Mondiale, in un tentativo fallito di tutelare la propria egemonia mondiale. La Turchia, allora come oggi, è sempre stata vista come una nazione "pilastro"; il pericolo insito in tale considerazione, è determinato dal sapere chi controlla questo pilastro e da come lo muove per i suoi interessi geopolitici.
Nel 1904, un professore britannico di geografia, Sir Halford Mackinder, pubblicò una tesi, per la "Società Geografica Reale", dal titolo "Il pilastro geografico della storia", che tracciava la storia dei rapporti tra le due guerre, delineava i rapporti di forza che ne erano scaturiti e prefigurava possibili conflitti futuri. Mackinder- il padre della geopolitica, cioè lo studio delle relazioni tra la geografia, la politica economica e il potere- sviluppò l'assioma fondante l'Impero Britannico, semplice e diretto:

"Chi controlla l'Europa Orientale, controlla il Cuore della Terra; chi controlla il Cuore della Terra, controlla l'Isola-Mondo; chi controlla l'Isola-Mondo, controlla il Mondo intero".

Per Mackinder, l'Eruopa Orientale rappresentava l'Europa Continentale, dalla Germania alla Polonia, dalla Francia all'Austria; il Cuore della Terra era la nazione più potente dell'Eurasia, cioè la Russia; l'Isola-Mondo era l'Eurasia.
Quando gli Stati Uniti emersero come potenza globale, in grado di rimpiazzare l'Impero Britannico, dopo il 1945, applicarono alla lettera la teoria di Mackinder; infatti, i suoi leader in politica estera, tra i quali Henry Kissinger, si ispiravano tutti alle sue teorie. Un discepolo americano di Mackinder, Zbigniew Brzezinski, riportò l'assioma del suo maestro, in un articolo apparso sulla rivista "Foreign Affiars", nel 1997, nel quale definiva le priorità strategiche della politica estera americana, nell'era post-Sovietica:

"L'Eurasia è la casa degli stati più politicamente innovativi e dinamici del mondo…Gli aspiranti più popolosi all'egemonia mondiale, l'India e la Cina, si trovano in Eurasia, e rappresentano seri concorrenti, sia politici che economici, all'egemonia globale degli Stati Uniti. Dopo gli Stati Uniti, le sei nazioni con le economie e le risorse militari maggiori si trovano lì; l'Eurasia contiene il 75% della popolazione mondiale e il 75% delle risorse energetiche del pianeta; inoltre, fornisce il 60% del PIL mondiale. Nel suo complesso, il potenziale dell'Eurasia è notevolmente superiore a quello dell'America.
L'Eurasia è il super-continente che rappresenta l'asse del mondo. Una potenza che la controlli, eserciterebbe un'influenza decisiva su ben due delle tre regioni economicamente più produttive del mondo, l'Europa Occidentale e l'Asia Orientale. Ora, dato che l'Eurasia ricopre un ruolo determinante nello scacchiere geopolitico, la distribuzione del potere sul suo "grande spazio", deve rappresentare un'assoluta priorità per preservare la supremazia globale degli Stati Uniti"(1).

Quest'analisi rappresenta la base per capire le relazioni tra gli Stati Uniti, la Turchia e le repubbliche ex Sovietiche dell'Eurasia, nate dopo l'implosione dell'URSS nel 1991.
Sfortunatamente per la Turchia, e per le altre neo-repubbliche della regione, queste relazioni sono state spesso troppo influenzate dai dettami del Fondo Monetario Internazioanale e dalle alleanze, e dagli interventi militari, più degni della Guerra Fredda, che di un mondo riappacificato e rispettoso delle varie sovranità nazionali. Finora, le relazioni tra l'Occidente l'area post-Sovietica si sono sempre basate su impostazioni negative.
Le due analisi geopolitiche- quella di Mackinder, espressa durante i colloqui di Versialles del 1919, per spartirsi l'Europa, dopo la fine della I Guerra Mondiale; e quella di Brzezinski, nel 1997, appena dopo la fine della Guerra Fredda- hanno definito gli aspetti salienti della relazione tra la Turchia, e il resto del'Eurasia, col resto del mondo, per oltre un secolo.

Le opportunità odierne per l'Eurasia

Cosa determinerà il futuro delle varie nazioni dell'Eurasia, e in particolar modo della Turchia, due decenni dopo l'implosione dell'Unione Sovietica e delle strutture figlie del Patto di Varsavia?
La risposta necessita di l'introduzione di alcune questioni preliminari. Primo, ed essenziale, aspetto, sarà vedere come la Turchia e le altre nazioni eurasiatiche definiranno le relazioni bi-e tri-laterali tra loro; secondo, come definiranno la loro relazione con l' Alleanza Atlantica (la NATO, NdT)- il sistema politico, militare ed economico, sorto dopo il 1945, e controllato dagli Stati Uniti.
Quello che caratterizza la situazione attuale è la crescente consapevolezza, diffusa in tutta l'Eurasia, da Pechino a Mosca, da Alma Ata ad Ankara, che il pilastro del mondo post-bellico, cioè gli Stati Uniti, non sono più  un partner commerciale e una potenza dall'inestimabile valore, sia politico che commerciale, a livello globale. Anche se all'interno degli Stati Uniti, alcuni analisti parlano di una fase declinante dell'influenza americana, nei prossimi decenni, in termini di "eccesso di imperio", è fondamentale capire bene la portata e la natura dell'attuale crisi economica e finanziaria del "sistema dollaro", se vogliamo fare una previsione credibile per il futuro.
La crisi, che ha avuto inizio nell'agosto 2007, si è originata dai "subprime", cioè dal segmento a più alto rischio del mercato creditizio immobiliare statunitense, come prima manifestazione di un processo di distruzione del debito, che sta trascinando gli Stati Uniti in una nuova Grande Depressione, che durerà per diversi decenni, e che, probabilmente, sarà ancora più dura di quella verificatasi negli anni '30. Oggi, gli Stati Uniti sono il paese col maggiore debito pubblico al mondo; mentre nel 1929, era il più grande creditore del globo. L'attuale debito pubblico USA supera gli 11 trilioni di dollari, e continua a crescere a tassi mai così alti nella storia; il deficit federale, per quest'anno, è stimato a oltre 1,8 trilioni di dollari, a causa della scelta, presa dal Tesoro, di gettare soldi nel sistema bancario, ormai in bancarotta, per cercare di evitare il collasso del "sistema dollaro". Si deve considerare, al contrario, che nel 1929, il debito pubblico di Washington era insignificante.
Dopo che venne abbandonato, nell'agosto del 1971, il sistema internazionale della "convertibilità in oro" del denaro, stabilito a Bretton Woods, si è sempre accettata la massima, secondo la quale, per usare le parole di Dick Cheney, "non bisogna preoccuparsi del deficit di bilancio". Finché il dollaro sarà la moneta di riserva mondiale, e gli Stati Uniti saranno la maggiore potenza militare del globo, il mondo intero sosterrà il dollaro; il fatto è che quel periodo sembra essere al tramonto. Le economie asiatiche, con bilance commerciali in attivo, come la Cina, cominciano a essere seriamente preoccupate per i loro investimenti in dollari, depositati nei fondi pensionistici statunitensi, poiché se il debito pubblico continua ad aumentare così tanto, essi, parallelamente, si svaluteranno nelle stessa misura.
Nei mesi scorsi, la Cina ha cominciato a esplorare possibili investimenti alternativi, per sostituire quelli in dollari; inoltre, la Russia e il Brasile stanno cercando di ridurre la loro dipendenza dalla valuta statunitense, valutando l'ipotesi di acquistare bond SDR, per un valore di 20 miliardi di dollari, dal FMI, diversificando le proprie riserve di valuta straniera. La banca centrale russa ha dichiarato che potrebbe ridimensionare i propri investimenti presso il Tesoro statunitense, attualmente stimati attorno ai 240 miliardi di dollari, e la Cina ha dichiarato di voler ridurre la sua dipendenza dal dollaro e dai bond USA. Attualmente, la Cina è la maggiore creditrice degli Stati Uniti.
Non si tratta di un impulso di fuga dal dollaro nel breve tempo, e nemmeno una tattica per mettere pressione a Washington, attuata dai paesi dell'Eurasia; in realtà, è l'inizio di una scossa sismica globale, partita dal centro della "terra economica", verso le regioni esterne, o i "multipoli", che durerà per diversi decenni. Come ha dimostrato il fallimento dei tentativi di salvataggio delle banche e delle grandi industrie statunitensi, per svariati miliardi di dollari a carico dei contribuenti, il "sistema dollaro" non potrà mai più funzionare come ha fatto negli ultimi tre decenni; infatti, politiche economiche sbagliate, frutto di scelte effettuate oltre quattro decenni fa a Washington e a Wall Street, hanno ora rivelato i loro limiti. Oggi, il mondo si trova in una situazione, che ,una volta, Joseph Schumpeter chiamò "distruzione creativa", e le prospettive per l'Eurasia sono enormi.
Col pilastro centrale del "sistema dollaro", costruito attorno agli Stati Uniti, che sta collassando, le scelte dell'Eurasia devono cominciare col darsi una nuova definizione. A questo punto, ci sono solo due possibilità. Una prevede di mantenere lo status quo di subordinazione delle decisioni economiche nazionali all'obiettivo di sostenere il "sistema dollaro". Questo significa aderire all'austerity richiesta dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale; adeguarsi alle regole commerciali imposte dalla WTO, dominata dalle nazioni del G-7, compreso il dover accettare la diffusione dei semi OGM, anche se nocivi alle economie dei singoli paesi; subordinare le politiche di sicurezza nazionale agli interessi della NATO, creata nel 1948, seguendo la "Dottrina Truman", all'inizio della Guerra Fredda. Tutto questo, sebbene siamo in un momento storico in cui la funzione originaria della NATO, la difesa comune di fronte alla minaccia Sovietica, o all'attacco delle truppe del Patto di Varsavia, è ormai da tempo solo un relitto del passato. Queste quattro istituzioni (FMI, BM, WTO e NATO) formano il cuore del "sistema dollaro", stabilito a Bretton Woods, nel 1944, come ho descritto in un mio recente libro.
Il problema principale per le nazioni dell'Eurasia, che stanno rapidamente emergendo, in relazione al mantenimento dello status quo atlantico, a volte definito come "globalizzazione", è che ciò significa restare sul "Titanic dollaro", che sta affondando.

Lo spazio economico eurasiatico emergente

La seconda possibilità, dall'altro lato, è una prospettiva economica dinamica, ancora da pensare e delineare, ma che prevede tutto il necessario per costituire una vasta zona economica di prosperità , un enorme nuovo mercato.
Le esperienze militari catastrofiche degli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan, a partire dal 2001, hanno spinto molti a riformulare le proprie idee sull'Eurasia. Il fatto che la nuova amministrazione Obama, aldilà della retorica che la presenta come innovatrice, non abbia realizzato sostanziali modifiche alla politica militare ed economica del paese, suggerisce chiaramente che le concrete possibilità di mantenere l' "Impero Americano" sono molto poche al momento. Lo si capisce chiaramente dal fatto che nei posti chiavi del governo Obama, troviamo ancora gli stessi personaggi responsabili di aver creato le premesse dell'attuale disastro finanziario; allo stesso modo, ai vertici militari della nuova amministrazione ci sono le stesse persone responsabili delle disavventure belliche degli anni passati. Continuano a rappresentare l'estremo sforzo di mantenere un paradigma, destinato a un inevitabile declino.
Nell'attuale fase di declino dell'influenza economica degli Stati Uniti, le varie nazioni dell'Eurasia stanno sempre più gettando le basi per creare nuovi accordi regionali, che assicurino il mantenimento dei livelli delle esportazioni, creando di fatto un nuovo mercato.
Un mercato, in fin dei conti, si forma per decisione politica; infatti, contrariamente a quanto ritiene Milton Friedman, non esiste in natura. Tutti i mercati vengono creati politicamente, non esiste un "mercato globale" astratto; quindi, mercati regionali o locali possono essere creati tranquillamente.
Negli anni passati, si è messa in evidenza un'organizzazione che sta lavorando per realizzare un nuovo mercato unico in Eurasia: l'Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (SCO). Secondo gli economisti cinesi e russi, con cui mi sono confrontato, la SCO viene vista proprio come fase di passaggio per la costruzione di un nuovo mercato eurasiatico.
Si tratta di una fase iniziale, ma rappresenta una spinta verso la cooperazione di nazioni economicamente molto importanti, come la Cina, la Russia, e la zona dell'Asia Centrale. I membri fondatori del SCO sono il Kazakhstan, la Cina, il Kyrgyzstan, la Russia, il Tajikistan e l' Uzebikstan; invece, Mongolia, India, Pakistan e Iran, al momento, sono solo osservatori. Si è appena concluso il meeting annuale a Yekaterinburg, in Russia, dove sono stati approfonditi gli aspetti economici, relativi alla sicurezza e alla cooperazione sociale. Le ragioni a monte dell'attuale profonda crisi del dollaro hanno fatto da cornice ai lavori; insieme alla scelta dei governi di Brasile  e India di partecipare, insieme alla Russia e alla Cina, a colloqui su interessi economici comuni, compresa la cooperazione nel settore energetico.

Il calcolo dell'energia eurasiatica

Il futuro di ogni cooperazione tra i paesi dell'Eurasia, Turchia compresa, è strettamente collegato all'accordo sulle risorse energetiche vitali. In questa regione si trovano le zone più ricche di energia del pianeta, tra le quali, la Russia, il Kazakhstan (che è sul Mar Caspio), e le vicine regioni del Golfo, in Medio Oriente.
Dopo aver abbandonato le scelte politiche folli, stabilite dal G-7 nel giugno del 1990, volte alla riorganizzazione delle nazioni dell'ex Patto di Varsavia, inclusa la Russia, sotto i dettati del FMI, ruolo per il quale il G-7 non ha mai ricevuto un mandato ufficiale,  Mosca sta oggi raggiungendo una situazione di stabilità economica. C'è ancora molta strada da fare; ma, la Russia ha messo sul tavolo enormi risorse, in termini dei suoi immensi giacimenti di petrolio, delle riserve di gas, e di tecnologia energetica, che nessun paese occidentale possiede. A fronte del boom economico della Cina, cominciato all'inizio del decennio, si è formata una collaborazione naturale tra le economie della Russia, del Kazakhstan e della Cina, riguardo il tema energetico. L'aspetto geopolitico dei gasdotti, per il futuro economico della Turchia, e dell'Eurasia in generale, è assolutamente centrale.
Oggi, la competizione sulla realizzazione dei gasdotti rappresenta il cuore del calcolo economico dell'Eurasia. In questo senso, la Turchia ricopre un ruolo centrale, dato dal suo posizionamento, geografico e storico, di ponte tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud- tra Europa e Eurasia.
Uno degli snodi chiave, riguardanti la Turchia, è l'oleodotto e gasdotto, che parte dall'Azerbaijan e arriva al porto di Ceyhan, via Georgia. L'oleodotto Baku-Tiblisi-Ceyhan (BTC) e il gasdotto Baku-Tiblisi-Erzurum sono aspetti fondamentali della strategia politica turca, che vuole ritagliarsi un ruolo da "conduttore energetico". Il BTC è anche una priorità strategica per gli Stati Uniti, in politica estera, perché la sua realizzazione indebolirebbe l'influenza della Russia sui corridoi energetici del Caspio. Di per sé, il BTC ha effetti strategici limitati sul bilancio geopolitico regionale; ma, analizzato insieme a un altro progetto, il controverso Nabucco, il suo impatto sarebbe enorme, rappresentando una sfida diretta al ruolo energetico russo nella regione. L'Unione Europea se ne rende perfettamente conto, ed è questo il motivo per cui molti stati membri sono molto più che restii a investire seriamente nel progetto Nabucco.
I recenti progressi nelle scoperte e sviluppi delle nuove riserve di gas naturale, in Azerbaijan, e le ultimissime in Turkmenistan, nei giacimenti del  Sud Yolotan-Osman e a Yashlar, situati nella parte orientale del letto del fiume Amudarya, fanno aumentare significativamente il calcolo delle risorse energetiche, presenti all'interno dell'emergente spazio economico eurasiatico.

Cooperazione Turchia-Russia o Turchia-Washington?

I rapporti economici tra Turchia e Russia sono notevolmente aumentati nel corso dei decenni scorsi, con un volume di affari di circa 32 miliardi di dollari, nel 2008, e trasformando Mosca nel più importante partner economico della Turchia. Le importazioni di gas e di petrolio dalla Russia, rappresentano la parte più cospicua di questi scambi.
Le due nazioni sono collegate dai due gasdotti gemelli Blue Stream, che scorrono lungo il Mar Nero. Mosca e Ankara stanno discutendo della possibilità di aumentare le spedizioni, attraverso questi canali, che nel 2008, hanno trasportato 10 miliardi di cm di gas russo in Turchia.
Cosa ancora più importante, in un meeting di marzo, ad Ankara, tra il ministro dell'energia turco e il capo della Gazprom, Alexei Miller, si è discusso della costruzione del Blue Stream-2; il progetto prevede la realizzazione di un gasdotto parallelo al Blue Stream, oltre che di un sistema di trasporto di gas in Turchia, che aumenti i collegamenti tra questo e la progettata linea Samsun-Ceyhan, con una linea che corra sotto il Mediterraneo che arrivi ad Ashkelon, in Israele, passando sotto il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo.
Il primo ministro russo, Putin, si disse fiducioso della collaborazione di Israele per la costruzione del nuovo gasdotto, che genererebbe un notevole flusso di materie prime.
Per la Turchia, che importa il 90% della sua energia, la realizzazione di questo progetto significa aumentare la propria sicurezza energetica, e, nel caso del gasdotto Samsun- Ceyhan-Ahskelon, anche generare grossi guadagni per il transito.
Sono in piedi trattative anche per estendere le linee di trasporto del gas in Turchia, fino ai territori della Tracia, per rifornire le vicine nazioni balcaniche- la Bulgaria, la Serbia, la Croazia e l'Ungheria. In tutte queste trattative, Mosca cerca di raggiungere un obiettivo fondamentale: fare in modo che i suoi oleodotti e gasdotti non passino per l'Ucraina.
La Russia ha anche ottenuto un appalto per la costruzione della prima centrale nucleare in Turchia, che al momento è ancora un paese senza nucleare; inoltre, il mercato russo è estremamente importante per gli investimenti e le esportazioni turche oltremare; rappresenta uno dei principali clienti per le imprese di costruzioni turche; e milioni di turisti russi si recano in Turchia ogni anno, portandovi denaro fresco. In virtù di tutte queste considerazioni, la Turchia e la Russia potrebbero iniziare a utilizzare la lira turca e il rublo russo, come valute per i commerci internazionali, cosa che aumenterebbe ancora le esportazioni turche verso Mosca.
Nei mesi scorsi, i due paesi hanno cominciato a intensificare la loro cooperazione politica ed economica, ora vista da entrambi, come fondamentale per la pace e la stabilità dell'intera regione. Ciò rappresenta un fatto nuovo; infatti, se si guarda il "Grande Gioco" del '900 in Eurasia, la Turchia rappresentava il principale rivale della Russia, come lo era stato nel XIX Secolo, in virtù della sua quasi alleanza con l'Ucraina, l'Azerbaijan e la Georgia.
Il presidente russo, Dmitry Medvedev, ha recentemente commentato la posizione della Turchia, nel recente conflitto russo-georgiano, con la quale proponeva la creazione di una "Piattaforma per la Stabilità e la Cooperazione nel Caucaso"(CSCP), affermando che la crisi con la Georgia ha messo in mostra la capacità delle nazioni della regione, di risolvere i loro problemi, senza l'intervento di potenze esterne.
Lo scopo della Russia è chiaramente quello di utilizzare le sue risorse economiche per eludere le manovre di accerchiamento che la NATO sta mettendo in atto, come posizionare basi missilistiche e radar in Polonia e in Repubblica Ceca; infatti, anche l'amministrazione Obama ha dichiarato che seguiterà sulla "politica missilistica", disegnata da Bush, tanto da posizionare i missili Patriot in Polonia, contrariando anche la Germania.
Se Ankara si sta muovendo verso una collaborazione più stretta con Mosca, la posizione della Georgia è sempre più precaria, e il sistema di trasporto del gas naturale, dall'Azerbaijan all'Europa, il gasdotto Nabucco, è bloccato; l'unico neo è rappresentato dalla cooperazione tra Stati Uniti e Armenia, che potrebbe sfociare in un accordo stabile, come auspicato da Washington, cosa che finirebbe con l'indebolire la posizione russa.
La scelta di Washington di stringere ancor di più i legami con la Germania, punta a liberare Berlino dalla dipendenza energetica nei confronti della Russia; inoltre, la recente visita di Obama ad Ankara, evidenzia il tentativo di sostenere gli sforzi turchi, per la realizzazione del progetto Nabucco, come passaggio alternativo di gas, attraverso la linea Turchia-Azerbaijan, che potrebbe potenzialmente alleggerire la dipendenza dell'Unione Europea dalle forniture di gas proveniente dalla Russia.
La Turchia rappresenta una soluzione formidabile per far arrivare le riserve di energia in Europa, dai paesi del Medio Oriente, dell'Asia Centrale e del Caucaso; se decide di cooperare con la Russia, quest'ultima acquisirà un enorme influenza. Da quando Mosca ha capito che l'obiettivo statunitense, in politica estera, è di estendere i confini della NATO fin sulla sua soglia di casa, cioè in Ucraina e in Georgia, ha deciso di utilizzare il suo "tesoro" di ingenti risorse di gas naturale, per cercare di attrarre nella sua sfera di influenza l'Europa Occidentale, con particolare attenzione alla Germania.

Il "Grande Gioco" di Washington?

Visto che una fruttuosa collaborazione tra UE e Turchia è strettamente connessa alla sua accettazione come paese membro dell'Unione Europea, c'è da registrare a riguardo la forte opposizione della Francia,e una meno dichiarata della Germania; mentre, è fortemente sostenuta dagli Stati Uniti.
Washington sta palesemente conducendo un cosiddetto "lavoro in profondità"; infatti, Obama sta facendo molte pressioni  per ottenere l'ammissione della Turchia nella UE, allo scopo di accaparrarsi le simpatie del governo Erdogan. Fin dalla visita del Presidente ad Ankara di aprile, la Turchia ha cominciato a discutere un accordo con l'Armenia, comprese intense relazioni diplomatiche; tale accordo, muterebbe i rapporti di forza nella regione. Fin dai tempi del conflitto russo-georgiano nel Caucaso dell'agosto 2008, questa regione strategica è diventata instabile; infatti, truppe di Mosca sono posizionate nell'Ossezia del Sud e in Armenia, col risultato di aver circondato la Georgia.
La Turchia è la pedina chiave del complesso gioco di bilanciamenti geopolitici in corso tra Washington e Mosca. Se decide di collaborare con la Russia, allora la posizione della Georgia diventa insicura, e i progetti per la costruzione degli oleodotti dall'Azerbaijan all'Europa si bloccheranno; se, invece, sceglie Washington, e al contempo stringe i rapporti con l'Armenia, il ruolo della Russia nel Caucaso diventa molto più debole, e diventa pensabile puntare a percorsi di trasferimento dell'energia alternativi, riducendo di fatto le mire di Mosca sull'Europa Occidentale.
Il marzo scorso, è stato firmato un memorandum tra la compagnia petrolifera di stato dell'Azerbaijan, la SOCAR, e la russa Gazprom, per aumentare le esportazioni di gas naturale, dallo stato caucasico verso Mosca, a partire dal gennaio 2010. L'Azerbaijan è l'unico stato al di fuori dell'Iran, che vorrebbe utilizzare il progettato oleodotto Nabucco, per rifornire l'Europa Sud-Orientale, attraverso la Turchia. La Russia ha proposto il South Stream come alternativa a questo progetto, dato che necessita del gas naturale dell'Azerbaijan, indebolendo di fatto le possibile di realizzare quell'oleodotto.
In questo quadro eurasiatico di economia e  progetti per la costruzione di oleodotti, appare sempre più chiaro che la Turchia e le altre nazioni della regione stanno realizzando mosse economiche, che avranno grande impatto sul futuro dell'intero pianeta. L'Unione Europea, come istituzione, appare chiaramente immobile, nella dinamica geopolitica post-1945 e dopo gli accordi di Bretton Woods; infatti, nessuna iniziativa è mai nata da Bruxelles, per la crescita della Turchia, e dell'Eurasia in generale. Al contrario, e cosa molto interessante, l'Eurasia sta diventando la motrice della crescita della UE. Molti europei trovano questo una pillola difficile da digerire; ma, di fatto, è ciò che sta avvenendo, e rappresenta una straordinaria opportunità economica, sia per i paesi europei che eurasiatici. Inoltre, nel lungo periodo, l'emergere di un mercato economico eurasiatico florido è anche nell'interesse degli Stati Uniti, in un' ottica di un mondo multipolare.

Nota:
1) Zbigniew Brzezinski, A Geostrategy for Eurasia, Foreign Affairs, 76:5, settembre-ottobre 1997

Autore: F. William Engdhal
Fonte: www.globalresearch.ca
Traduzione: Manuel Zanarini