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Afghanistan, bidoni e pappafichi

di Giancarlo Chetoni - 07/09/2009


 

Per capire le motivazioni e il significato profondo delle dichiarazioni rilasciate di recente da La Russa a Massimo Caprara sul Corriere della Sera in cui chiede una revisione del codice militare di pace attualmente cogente in Afghanistan per i militari italiani, servirà ricorrere più avanti a Wikipedia e al caso Calipari.
Il nesso tra il funzionario del Sismi ucciso da un marine americano a Baghdad e il caporalmaggiore Alessandro Di Lisio, morto ad agosto per un’esplosione che ha coinvolto il Lince su cui prestava servizio in Afghanistan, si presta a più di una similitudine. Il ministro della Difesa non ha dichiarato la volontà d’introdurre un codice militare di guerra ma ha fatto capire che quello di pace è di intralcio. Di intralcio a chi? Vorremmo capirlo senza manfrine.
Intervistato da SkyTg24, il titolare di Palazzo Baracchini ha fatto sapere all’opinione pubblica italiana che serve una “terza via” e il dissequestro urgente disposto dalla Procura di Roma di tre (3) “Lince”. Volete sapere quanti VML “bidone” erano in forza a gennaio 2009 al West Rac di Herat? Duecentoquarantanove (249). Proprio così. Avete letto giusto. In Italia ce ne sono come abbiamo già detto a disposizione delle Forze Armate e dell’Esercito la bellezza di 1.270. Con un C130J se ne possono far arrivare due ad Herat in 8-10 ore. Perdiamo efficienza sul terreno avendone operativi 246 anziché 249 da quelle parti? Macché. E allora? Dal 2002 al 2009 abbiamo movimentato fra Italia-Aghanistan e ritorno 29.000 tonnellate di logistica e materiali militari. Quindici tonnellate in più per rimpiazzare i VLM distrutti che differenza fanno? Semplicemente nessuna. Anche se la Fiat Iveco vende a Inghilterra, Belgio, Croazia, Spagna, Cekia, Slovacchia e Austria dei “bidoni” (la Nato ci fa qualche regalino piccolo, piccolo. In Afghanistan dal 2002 al 2008 abbiamo speso già 2.7 miliardi al netto di 16 morti e decine di feriti), se i Lince rappresentano un pericolo per l’incolumità dei militari italiani la magistratura a pieno titolo deve accettarne i limiti operativi e la pericolosità per chi li ha in dotazione. O no?
I 246 Lince a disposizione del West Rtac di Herat vanno oltre le attuali necessità militari sia di perlustrazione armata che trasporto truppe. Si tratta del solo materiale in esubero? No. Di chi è la responsabilità di questa “svista”? Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, auspica inoltre un nuovo codice che non sia di pace né di guerra - da rimaneggiare - per azzerare i poteri di indagine della magistratura nel Paese delle Montagne. Governo e Difesa non tollerano di fatto occhi indiscreti sulla “missione di pace”. E puntano allo stesso potere di veto che utilizzò il segretario alla Giustizia dell’Amministrazione Bush per mettere a pagliolo le rogatorie internazionali dei pm Ionta e Saviozzi?
Il ministro Angelino Alfano non ha forse annunciato che a settembre prenderà il via il ridimensionamento per legge dei poteri d’indagine della magistratura inquirente? La Russa è uno dei colonnelli di Berlusconi. Allineato e coperto.
Facciamo ora entrare in campo l’enciclopedia “abbastanza libera” del web, la più affermata e conosciuta per la distribuzione di contenuti su Internet che riguarda il funzionario del Sismi ucciso dal marine Lozano. Negli Stati Uniti è stata istituita una commissione d’inchiesta ai cui lavori sono stati ammessi osservatori italiani (nessun inquirente legale) nominati dal governo in carica di centrodestra. In Italia la magistratura ha incontrato impedimenti e difficoltà (eufemismo) nelle svolgimento degli accertamenti a causa del particolare status in cui si sono svolti i fatti che risultava essere territorio dell’Iraq sottoposto a controllo del codice militare Usa e a sovranità, di fatto assegnata al segretario alla Difesa; negato anche il permesso di far analizzare a magistrati e tecnici della polizia scientifica italiana il veicolo su cui viaggiava Calipari. I giudici italiani hanno dovuto attendere la conclusione dell’inchiesta Usa. Il diniego motivato da esigenze di natura militare ha di fatto provocato lo scadimento del valore probatorio del reperto (leggasi manomissione intenzionale della Toyota Corolla).
La Procura di Roma dopo la morte del mitragliere Di Lisio ha sequestrato tre Lince per capire come stavano le cose. Il Cocer Esercito ha chiesto per bocca del generale Domenico Rossi, il 9 agosto, che i magistrati della Procura di Roma facciano con urgenza sopralluoghi in Afghanistan e tolgano i “sigilli”, senza cercare il pelo nell’uovo. Anche il sindacalista, come il ministro La Russa, chiede un intervento urgente di dissequestro degli Iveco perché servono i “pezzi di ricambio”.
La sicurezza dei Lince sembra interessare poco o nulla. Brunetta, il nano cattivo della Pubblica amministrazione, ha previsto di tagliare dall’organico dell’Esercito 50.000 militari definendoli con disprezzo “pappafichi e pancioni in esubero”.
La guerra della Repubblica delle Banane in Afghanistan costa sempre di più. Quanto?
Ne riparleremo.