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Energia: l'Italia non prende ordini da nessuno

di Giovanni Petrosillo - 18/09/2009

 

Le parole del neoambasciatore americano David Thorne, sull’amicizia troppo stretta tra Italia e Russia - veicolata dall’alleanza tra i due colossi energetici Gazprom e ENI, entrambi impegnati nella costruzione del gasdotto South Stream (pensato per aggirare Stati come l’Ucraina e la Polonia, considerati non affidabili da Mosca, e garantire, contestualmente, approvvigionamenti sicuri ai paesi compartecipi dell’iniziativa), attraverso una joint-venture fortemente voluta dai governi italiano e russo - hanno spinto molti politici nostrani a rilasciare dichiarazioni di supporto alle affermazioni del diplomatico newyorkese.

Naturalmente, la pezza d’appoggio per queste preoccupazioni “simulate”, sia per i politici americani che per quelli di casa nostra è, per così dire, di tipo economicistico. Essa è relativa cioè alla differenziazione delle fonti di approvvigionamento, opzione indispensabile, così si dice, per non dipendere, nelle forniture, dai capricci di un solo produttore e di un solo Paese. Ovvio che non si tratta della questione principale che, invece, attiene alla sfera geopolitica e a quella degli equilibri internazionali, al momento ancora favorevoli agli Usa, con quest’ultimi alquanto infastiditi dall’azione del governo italiano che va scombinando i programmi della potenza dominante strategicamente passanti per il controllo assoluto delle vie energetiche, utili a neutralizzare la politica estera e la rinnovata vocazione egemonica del Gigante dell’Est.

A parte che nessun paese si può permettere di imporre, anche se sotto forma di consiglio disinteressato, ad un altro la via più adeguata per sviluppare le proprie potenzialità economiche o gli indirizzi della sua agenda estera, fa poi davvero sorridere questa premura americana sulla diversificazione energetica laddove fino a pochi anni fa le sue imprese petrolifere controllavano, direttamente o indirettamente, tutto il mercato dell’energia.

Sappiamo, inoltre, quale sorte sia toccata a quelle nazioni o a quegli uomini che hanno tentato di rompere tale monopolio. La fine tragica del Presidente dell’Eni Mattei - colui che aveva coniato il termine “sette sorelle” per indicare il cartello energetico formato da alcune società petrolifere, tutte di proprietà o partecipate dagli americani e dagli inglesi – deve essere inscritta proprio in questo scenario che non permetteva a paesi terzi di inserirsi negli interessi del “blocco” energetico anglo-statunitense.

Purtroppo, in Italia sono ancora poche le persone di buon senso che hanno compreso quale sia la posta geopolitica in palio in questa partita tra attori internazionali per il controllo delle pipelines.

O forse, alcuni di loro lo sanno benissimo ma preferiscono restare coperti sotto l’ “ombrello” americano perché ritenuto ancora il più sicuro. Ma le cose non stanno affatto in questi termini come dimostra la crisi economica alimentata dalla crescente insicurezza e dall’instabilità sui principali teatri mondiali, tutte conseguenze attribuibili all’incapacità americana di far valere la propria “lex dominatoria” come in passato.

In Italia, il partito filo-americano è del tutto trasversale agli schieramenti politici, anche se la gran parte dei suoi sostenitori si trova a sinistra. Ieri l’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci (che si sarà rivoltato più volte nella tomba), mostrava grande preoccupazione per l’incrinarsi della storica amicizia tra Italia e Usa a causa delle scelte internazionali del governo Berlusconi.

L’articolo aveva un titolo chiaro: “Obama snobba il Cavaliere: troppo amico di Putin”. Ma se il premier è così vicino al suo omologo russo, gli ex-comunisti appaiono, al contrario, eccessivamente impegnati a dare garanzie all’ alleato d’oltre – atlantico, cercando di accreditarsi, presso di esso, come i soli politici affidabili in grado di smorzare l’eccessivo protagonismo dell’Italia in materia di politica estera. Bella maniera di fare gli interessi del proprio paese; questa posizione assurda e servile dimostra, se mai ce n’è fosse stato ancora bisogno, dove stanno i nemici della nazione.

Fortunatamente si apprende che anche la Francia ha deciso di aderire, con l’EDF, al South Stream rafforzando la partnership europea all’interno della joint-venture con i russi. Quindi  anche il rischio paventato dai detrattori del progetto, quello della pericolosa dipendenza da Mosca, si va diluendo grazie al peso che hanno assunto i principali paesi europei in questa alleanza energetica.