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I guardiani della democrazia occidentale

di F. D'Attanasio - 21/09/2009

Alcuni giorni fa in un mio breve commento avevo parlato di due articoli pubblicati su Libero,
essi penso possano costituire un esempio preclaro di come si ragiona ed agisce quando, essendo ben
schierati in favore di una ben precisa frazione dei dominanti, quella fra l’altro ancora largamente
predominante su scala mondiale, si travalica la propria stessa ideologia di riferimento. Pubblicati lo
stesso giorno, l’uno di fianco all’altro, non essendo dello stesso autore, avrebbero potuto far pensare
ad una semplice diversità di opinione che un quotidiano liberal-democratico deve salvaguardare; in
realtà a me è sembrato tutt’altra cosa. Il primo parlava della situazione Fiat e si sottolineava
all’inizio dell’articolo di come secondo alcuni negli ultimi trent’anni lo Stato avrebbe regalato alla
casa torinese, tramite tutte le vie possibili (cassa integrazione, rottamazione, incentivi e contributi
vari) qualcosa come 100 miliardi di euro. D’altronde gli incentivi avrebbero permesso alla stessa
Fiat di aumentare le quote di mercato in Europa, ed una mancata proroga di essi nel 2010 sarebbe,
secondo Marchionne (letteralmente incensato da più parti come dei più grandi manager che
l’industria italiana possa vantare) un vero e proprio disastro in termini prettamente occupazionali.
Quindi ne andrebbero di mezzo, non semplicemente gli interessi di Fiat, ma di tutto il paese, e
l’autore sposa in pieno questa preoccupazione del manager che non dovrebbe essere affatto
snobbata, tanto più se si considera le previsioni Ocse, secondo le quali il peggio deve ancora
arrivare e l’Italia potrebbe subire un balzo della disoccupazione, nell’anno prossimo, al 10,5%
dall’attuale 9,4. L’altro articolo di tutt’altro tenore; si parlava della Innse e del fatto che la provincia
di Milano abbia stanziato addirittura centomila euro per contribuire al salvataggio dell’azienda;
operazione considerata scellerata giacché le situazioni di crisi non si possono certo affrontare
tenendo in vita le imprese tagliate fuori dal mercato utilizzando risorse pubbliche. Il punto è che
non si è trattato della prima volta che Libero ha affrontato la questione Innse, sono apparsi svariati
altri articoli, in realtà anche molto più duri, ribadendo non solo la questione dell’inutilità e
dannosità del tenere in vita artificialmente imprese di cui il mercato avrebbe inesorabilmente
decretato la fine, ma anche quasi arrivando ad accostare gli operai di quell’ azienda a dei comuni
delinquenti, rei di aver formato un gruppo fortemente sindacalizzato e politicizzato in grado di
esercitare un notevole potere, del tutto dannoso, in fabbrica. Chiaramente, quando si tratta di Fiat
non si osa mai neppure scomodare quel che comunque rimane l’argomentazione basilare dei liberali
e/o liberisti che dir si voglia, quando Fiat viene a bussare alle casse dello Stato improvvisamente i
provvidi sostenitori del libero mercato (o della mano invisibile del mercato, in realtà ultimamente
fortemente rivisto dagli stessi che non disdegnano più come prima un certo intervento dello Stato) si
ricordano che il periodo è critico, che esiste il problema della disoccupazione, fino ad arrivare a
sostenere che è più una questione di difesa degli interessi della nazione che di difesa degli interessi
di una singola impresa. Esempio chiaro questo di come si muovono i servi dei poteri forti
(esattamente quel che La Grassa definisce GFeID, grande finanza ed industria decotta a sua volta
legata a doppio filo all’establishment statunitense) che purtroppo in Italia sono ancora in nettissima
maggioranza e che raccolgono oltre alla gran parte delle forze politiche (sinistra tutta intera, centro,
destra finiana, Idv e spezzoni di FI), la stragrande maggioranza del mondo editoriale e culturale.
Questo coarcevo cancerogeno ritiene, nemmeno ormai più tanto velatamente, che si debba ancora
rimanere saldi alleati e fedeli degli americani, che la stabilità dell’intero pianeta debba passare
necessariamente al vaglio della super potenza, l’unica che si possa liberamente arrogare il diritto di
stabilire ciò che è bene e ciò che è male per le sorti dell’intera umanità. Per loro la vera democrazia
e la migliore civiltà si trovano senza dubbio al di là dell’Atlantico, certo non prive di contraddizioni
e soprattutto di effetti “collaterali” nelle varie operazioni di esportazione di esse, si tratta solo di
lavorare per renderle sempre più perfette e meno problematiche. Ed ecco che allora se un presidente
del Consiglio pensa (è sicuramente in questo c’è un tornaconto personale) che in realtà è oramai
giunta l’ora di stabilire e rinsaldare rapporti sia politici che economici e soprattutto energetici con
certi paesi che cercano di ritagliarsi un ruolo più attivo nel consesso delle nazioni più influenti, ecco
allora dicevo che scatta la trappola per intralciare il più possibile detto processo. Gli americani
ordinano e loro prontamente rispondono agli ordini, e le manovre, in perfetto stile democratico
made in USA, sono complesse, e vanno dalla speculazione più squallida e ripugnante sulle abitudini
sessuali del premier, alla presunta dittatura mediatica e fino a riscoprire, cosa degli ultimi giorni, un
vecchio adagio appannaggio soprattutto della sinistra (in realtà mai del tutto abbandonato), vale a
dire proprio quello del conflitto di interessi. Il fine è quello di far cadere questo governo, ed il fatto
che esso sia espressione, come dicono loro, della volontà popolare (la forma più alta e nobile della
democrazia) non gliene frega un tubo (d’altronde oramai gli italiani avranno introiettato più o meno
inconsciamente che anche i così detti ribaltoni sono una forma di espressione democratica,
occidentale chiaramente, così come lo sono le varie rivoluzioni colorate e non certo paragonabili ai
colpi di Stato militari che oramai avvengono solo nelle civiltà inferiori), giacché è in gioco la
stabilità e la pace mondiale, esattamente quella auspicata dai loro padroni, i quali in realtà,
desidererebbero ardentemente essere gli unici registi di un ordine mono-polare imperiale. Ma per
fortuna il vento è cambiato, tant’è che gli stessi potenti a stelle e strisce ne hanno dovuto prendere
atto, di conseguenza, obtorto collo, (e non perché in sella ci sia San Obama) sono costretti a tener
conto anche di quel che pensano i russi o i cinesi o anche gli iraniani. Ma per i guardiani della
democrazia occidentale detti popoli non sono liberi, sono oppressi da dittature fasciste o comuniste
o di un mix di entrambi le tipologie, tanto è vero che chi non rispetta l’esito delle elezioni viene
addirittura duramente represso (elezioni chiaramente falsate dagli stessi regimi), ed arrivano persino
a dimenticare cosa succede nei paesi realmente civili quando le contestazioni superano il livello di
guardia: do you remember Genova 2001 cari compagni?
Come dicevo prima, sicuramente Berlusconi agirà in politica estera in linea con certi suoi
interessi personali (ma ditemi voi chi non opera in questa maniera, chi osa sostenere il contrario è
semplicemente uno sporco ipocrita), ma si dà il caso che in detta congiuntura gli interessi personali
del cavaliere nero coincidono con quelli dell’intero paese, e soprattutto vanno nella direzione giusta,
quella che storicamente si va delineando come processo storico ineluttabile cioè il multipolarismo,
questa sì vera garanzia per i popoli sottomessi di aver chance concrete di migliorare le proprie
condizioni complessive di vita. E l’Italia, se non coglierà in fondo questa occasione, se non
approfitterà dei varchi che si stanno aprendo a livello geopolitico (grazie soprattutto a Russia e
Cina) per conquistare un suo proprio peso a livello internazionale, si troverà del tutto sottomessa
proprio dagli USA che faranno di noi carne da macello, ci utilizzeranno come meglio credono per
contrastare proprio dette potenze in ascesa, e le ripercussioni sociali ed economiche saranno
disastrose. Quindi quale via migliore potrebbe essere perseguita per evitare ciò, se non appunto
creare alleanze e sinergie con i paesi che alla stessa maniera, attualmente, agiscono seriamente con
dette stesse finalità?