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Europa, il Trattato dei burocrati

di Luca Galassi - 05/10/2009





L'Irlanda vota sì al Trattato di Lisbona. Si avvicina la ratifica del documento - illeggibile e monumentale - che disegnerà la nuova Europa, un super-Stato senza mandato di rappresentanza che cambierà il nostro futuro

Solo Sinn Fèin, il partito nazionalista che un tempo era definito il 'braccio politico dell'Ira', ha fatto campagna per il 'no'. Tutti gli altri, politici, economisti, imprenditori, uomini di spettacolo e anche il padrone della Ryanair Michael O' Leary, hanno fatto leva su paura e preoccupazione: se non avesse vinto il 'sì', l'Irlanda si sarebbe ulteriormente allontanata dall'Unione Europea, e la crisi economica nazionale si sarebbe (forse irrimediabilmente) aggravata.

Ultima tappa (se Polonia e Repubblica Ceca non si metteranno di mezzo) di un tortuoso e tormentato processo di ratifica, il voto irlandese è una vittoria per i burocrati dell'Unione. Il 'no' irlandese del giugno scorso, quando una analogo referendum bocciò il Trattato, è stato spazzato via anche da alcune garanzie promesse all'Irlanda dagli euro-burocrati: non verrà obbligata a legalizzare l'aborto, non perderà controllo sulla fiscalità, non vedrà minacciata la propria neutralità. Oggi sembra che l'integrazione europea, che avrà nel Trattato il suo pilastro, rappresenti la garanzia più sicura contro l'isolamento. E in un mercato economico-finanziario fortemente globalizzato, dove le crisi, sempre più frequenti, provocano incontrollati e devastanti effetti-domino, isolarsi significa morire.

Da qui si evince che vincolarsi - e il Trattato di vincoli ne contiene parecchi - è una scelta, o un'imposizione, obbligata. E che l'euroburocrazia ha il coltello dalla parte del manico. Il secondo referendum irlandese è la prova del fatto che la volontà di una nazione, ovvero del suo corpo elettorale, può passare in secondo piano di fronte alla ragion di Stato di un'Europa alla disperata ricerca di una soluzione alla sua crisi istituzionale.

Il trattato non è che la riproposizione di una 'Costituzione europea' che, al momento della sua elaborazione, rivelò l'impossibilità di conciliare le esigenze di tutti i Paesi che avrebbero in futuro dovuto ratificarla. Così, nel 2007, una gruppo di lavoro capeggiato da Giuliano Amato, si mise al lavoro per proporre una versione 'emendata' della Costituzione in perfetto stile gattopardesco.

Il Trattato è oggi l'integrazione di altri trattati dell'Unione, un monstrum di regole e leggi lungo 2.800 pagine. Incomprensibile ai cittadini europei, se non ai suoi stessi estensori, il Trattato ha la finalità di assicurare, su questioni chiave, maggiore controllo agli organi dell'Unione Europea a scapito di quelli degli Stati nazionali. Garantirà enormi poteri a istituzioni che nessun cittadino elegge direttamente (il Consiglio Europeo, che assumerà il ruolo di presidenza, la Commissione Europea e il Consiglio dei ministri, che sarà l'esecutivo, la Corte europea di giustizia, che sarà il sistema giudiziario). Sancirà con forza i principi del libero mercato e la necessità di una difesa comune europea, con la conseguente erosione dei diritti dei lavoratori e del social welfare e la progressiva militarizzazione del continente.

Spesso i poteri del super-Stato europeo, estesi a 68 nuovi settori dove la possibilità di veto di singoli Stati verrà perduta, saranno superiori a quelli dei Paesi membri. I parlamenti nazionali saranno spesso subordinati, dovendo 'obbedire,' anche se in linea di principio, a prescrizioni come quella contenuta, ad esempio, nell'articolo 8c: "I Parlamenti nazionali dovranno contribuire attivamente al buon funzionamento dell'Unione". Implicitamente, ciò significa privilegiare gli interessi della nuova Unione rispetto a quelli dei singoli Stati.

I detrattori del Trattato sostengono, forse non a torto, che l'Unione Europea diventerà uno Stato. Ciò che non è oggi. La Ue non ha personalità giuridica, essendo il termine 'Unione' solo un concetto, che abbraccia le relazioni tra i 27 Stati membri. Relazioni, che, secondo quanto riporta uno dei maggiori esperti (e oppositori) al Trattato, l'irlandese Anthony Coughlan (docente di politiche sociali al Trinity College di Dublino), coprono la Comunità europea, area dove sono attive leggi sovranazionali, e le aree 'intergovernative' di giustizia, politica estera, interni, dove le leggi europee non hanno potere. Il Trattato cercherà di fondere le due aree, assorbendo sempre di più le competenze nazionali, come stanno dimostrando le sempre più manifeste tensioni verso una politica estera e di sicurezza comune e una difesa militare comune.

"Se ci deve essere una federazione europea democratica e accettabile - argomenta Coughlan - il requisito costituzionale minimo dovrebbe prescrivere che le leggi siano proposte e approvate dai rappresentanti direttamente eletti, o nei parlamenti nazionali, o in quello europeo. Sfortunatamente, non è così". 

Molti lamentano soprattutto l'incomprensibilità e la lunghezza del Trattato. Come un blogger del sito 'OpenEurope', che ben sintetizza l'insofferenza di molti cittadini europei: "Volete fare come gli Stati Uniti d'America? La loro Costituzione era comprensibile a tutti. Fate allora di dieci pagine massimo, questo trattato. Poi fatelo votare agli elettori nazionali. Solo così, con una Costituzione che contenga le disposizioni essenziali si potrà creare un'entità capace di sopravvivere alla prossima crisi, e soprattutto otterrà il benestare dei cittadini. Tutti i governi si reggono sul consenso, tacito o esplicito, dei governati. E rinunciare a tale consenso nella creazione dell'Unione Europea vuol dire andare in cerca di grane". Come dargli torto?