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I vecchi fantasmi del biglietto verde

di Franco Bruni - 15/10/2009

  
 
Fra chi si aspettava una crisi finanziaria, più di due anni fa, molti pensavano che si sarebbe manifestata in primo luogo sui cambi, per il deficit dei pagamenti Usa, con un violento deprezzamento del dollaro, al quale avrebbero potuto seguire fughe di capitali dagli Usa, crolli di Wall Street e minacce alla stabilità globale. Il disastro si è svolto diversamente, ma ora la debolezza del dollaro torna a farsi sentire. Un crescente disordine dei cambi potrebbe allontanare le già incerte prospettive di ripresa globale. Di un quadro disordinato fa parte anche il rialzo degli indici di Borsa che, con qualche pericolosa euforia, accompagna il dollaro debole.

Gli operatori spiegano le turbe del dollaro guardando spesso a elementi secondari o passeggeri. C'è anche la strana idea che la discesa del dollaro confermi la ripresa, visto che la moneta Usa era considerata la più sicura nei tempi peggiori della crisi. Invece l'instabilità dei cambi è un sintomo di problemi di fondo, del fatto che gli squilibri dai quali è nata la crisi non si stanno correggendo abbastanza. La bilancia dei pagamenti degli Usa va meglio ma solo perché l'economia è depressa e importa meno. La questione del surplus della Cina non fa progressi e il renmimbi rimane pervicacemente ancorato al dollaro. Le politiche monetarie lasciano sui mercati enormi quantità di liquidità con tassi quasi a zero e minacciano che prima o poi arrivi una forte inflazione. La liquidità eccessiva, mentre spinge il dollaro in giù, causa anche rialzi precari dei corsi azionari. La speculazione finanziaria torna a fabbricare operazioni rischiose. I disavanzi e i debiti pubblici sono molto cresciuti e non si vede come possano venir corretti in tempi ragionevoli.

La cooperazione internazionale per cambiare le regole finanziarie e coordinare le politiche economiche prosegue, ma con passi lenti e l'ostacolo di interessi speciali e visioni nazionalistiche.

Il dollaro è debole da diversi punti di vista. Rispetto all'oro e ad altre attività-rifugio, è debole come lo sono tutte le monete, perché di tutte c'è sovrabbondanza e le aspettative sul loro futuro potere d'acquisto sono disorientate. Rispetto all'euro è debole per due ragioni. Primo, perché alleggerirsi di dollari significa quasi sempre, almeno in parte, comprare euro. Soprattutto se la Cina e i Paesi con riserve molto concentrate in dollari vogliono diversificarle di più, è inevitabile che l'euro salga. Secondo, perché sono molto diversi gli atteggiamenti delle banche centrali che stampano i dollari e gli euro.

La banca centrale americana ha detto che manterrà a lungo i tassi di interesse vicini allo zero, anche se c'è ripresa, che non vuole ostacolare, a costo di rischiare nuove bolle speculative sui mercati finanziari e l'avvio dell'inflazione. La Bce ha invece fatto sapere che cercherà di alzare i tassi prima che cominci l'inflazione, per prevenirla e scoraggiare le bolle finanziarie, e che lo farà con più sollecitudine se i disavanzi pubblici non si correggeranno per togliere pressione inflazionistica dal sistema. Con due strategie così diverse il dollaro-euro non può rimanere indifferente e il vento speculativo, anche se disordinato e discontinuo, finisce a favorire la rivalutazione dell'euro. La prima condizione per avere cambi stabili è che le politiche monetarie abbiano strategie simili.

Una forte svalutazione del dollaro non è necessaria per riequilibrare i pagamenti americani e l'economia mondiale. E' sufficiente che gli Usa accettino di crescere piano per alcuni anni e ne approfittino per riorganizzare la collocazione internazionale della loro economia. Ma il disordine valutario è inevitabile se non è abbastanza rapida e intensa la cooperazione globale per disciplinare le politiche macroeconomiche, risistemare le regole finanziarie e correggere gli squilibri che la crisi ha messo in mostra. E' urgente la riforma del Fondo Monetario Internazionale dal quale ci si attende, fra l'altro, l'ingegneria necessaria a diversificare le riserve di Pechino e di altri Paesi con un'operazione che eviti drastiche svalutazioni del dollaro. Il governatore della banca centrale cinese ha fatto una proposta in tale senso ed è auspicabile che, come il G20 ha già deciso in linea di massima, il peso della Cina nel Fmi cresca presto. Poiché sono i Paesi europei a doverle fare largo, l'Ue deve decidere svelto e con chiarezza di diventare meno ingombrante ma molto più unita e incisiva nel governo del Fmi.

Secondo alcuni il dollaro è debole perché sta per abbandonare la sua posizione centrale nel sistema monetario internazionale. In un certo senso è vero, ma questo abbandono può avvenire in modo graduale e non traumatico, nell'ambito di un ampio processo di riforma del governo dell'economia globale. Ora come ora la stabilità dei cambi, che è parte importante della stabilità finanziaria generale, è in pericolo perché la riforma avanza troppo piano.