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Nella città divisa di Kirkuk le forze Usa rimangono

di Gabriel Gatehouse - 23/10/2009

 


Baghdad - Si sono riuniti prima dell’alba. All’esterno della stazione locale di polizia, un’unità dell’esercito Usa si è unita a una forza di polizia di circa 300 uomini.

All’interno, il capitano Gene Palka, l’ufficiale americano in carica, stava dando qualche raccomandazione dell’ultimo minuto ai suoi colleghi iracheni, mostrando una mappa della città.

Poi, non appena il sole ha cominciato spuntare, hanno iniziato. Alcune unità della polizia irachena hanno circondato una zona di Kirkuk, mentre gli americani, accompagnati da altre forze irachene, hanno dato il via a quella che definiscono una "operazione di ripulitura", cercando esplosivi e ribelli.

"Entreranno in ogni casa", ha spiegato il capitano Palka. "Vedono chi c’è, controllano i loro documenti di identità, vedono se sono sulla lista dei ricercati. Controllano se all’interno vi siano armi illegali o altro materiale del genere. Se non trovano nulla, se ne vanno".

È un lavoro lento. Dopo oltre tre ore di perquisizioni salta fuori un fucile da cecchino che poi si rivela un giocattolo. Hanno trovato anche una pistola e un fucile kalashnkiov, ma entrambi sono in regola. Non hanno trovato nessuno dei nascondigli di armi che pensavano vi fossero nella zona.


Ma hanno compiuto alcuni arresti. In particolare due uomini hanno attirato l’attenzione del capitano Palka. Uno – ritiene – potrebbe essere un agente di alto profilo di al-Qaeda; l’altro è sospettato di far parte di un altro gruppo ribelle.

"E’ fantastico!", il capitano Palka è evidentemente compiaciuto per il lavoro del mattino. "Questo potrebbe essere un duro colo per la rete di Kirkuk".

Risentimento
Ufficialmente le forze americane si sono ritirate dalle aree urbane nella maggior parte dell’Iraq alla fine di giugno, ma a Kirkuk stanno portando avanti tranquillamente le loro operazioni.

Kirkuk è divisa tra arabi, kurdi e un piccolo numero di turkmeni. Tutte e tre le comunità rivendicano la città e l’area circostante come propria. Gli americani temono che, visto l’avvicinarsi delle elezioni, i ribelli stiano sfruttando con sempre più intensità le tensioni esistenti allo scopo di destabilizzare l’intera area.

All’interno della stessa città, arabi, kurdi e turkmeni hanno vissuto uno accanto all’altro per secoli. In un affollato mercato, Kirkuk dà l’impressione di una città prospera in cui la vita sta tornando alla normalità. Tuttavia, molti abitanti dicono di risentire della continua presenza di americani.

"Gli americani dicevano che si sarebbero ritirati", si lamenta un uomo, "ma sono ancora qui. Le loro pattuglie sono ancora in città. Non è una buona cosa. Dovrebbero passare la mano agli iracheni".

Ufficialmente, la polizia irachena è d’accordo. Il generale maggiore Jamal Tahir è il capo della polizia cittadina. Dice che i suoi uomini sono più che in grado di prendersi cura, da soli, della sicurezza.

"Se si mettono a confronto le operazioni dei terroristi nel 2007 con quelle del 2009, si vedrà una diminuzione nella percentuale di attacchi di oltre l’80 per cento".

Ma, lontano dai microfoni, le forze irachene continuano a chiedere agli americani di affiancarli nelle operazioni di sicurezza all’interno della città.

E una volta tornati nella stazione di polizia locale, si ha una prova delle sfide che devono affrontare. I test biometrici sui sospetti arrestati rivelano che si tratta di casi di scambio di perspona. L’operazione ha prodotto zero risultati.

"Mi piacerebbe trovare ogni giorno un gruppo di ragazzi di valore. Ci vuole molta pazienza, un sacco di duro lavoro".

Il capitano Palka si impegna per vedere le cose in maniera positiva.

"Siamo qui da molto tempo. Questa non appare una vittoria come quelle di Hollywood, ma è pur sempre una vittoria. E’ stata fatta molta strada a partire dal 2003".

Mentre l’oscurità cala sulla città, l'orizzonte si tinge di rosso per le fiammate giganti provenienti dai campi petroliferi. Secondo alcune stime, la provincia di Kirkuk contiene il 4 per cento delle riserve mondiali di petrolio.

La vera preoccupazione per gli americani è che se vanno via, gli arabi e i kurdi potrebbero iniziare a combattere, dividendo in due il Paese.

Perciò, nonostante i miglioramenti nella sicurezza, le forze Usa continuano ogni giorno a compiere pattugliamenti. Contano sul fatto che la loro presenza manterrà separati i due fronti. Senza una fine della disputa in vista, tuttavia, i loro soldati potrebbero restare qui ancora per lungo tempo.

(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale

Bbc News, 20 ottobre 2009