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Banca per il Sud, ponte sullo Stretto o una nuova coscienza?

di Raffaele Panico - 27/10/2009

  
 
La nuova Banca per il Sud sarà forse una nuova Cassa per il Mezzogiorno?
Quella “Cassa” era un ente che progettava gli interventi e stanziava il credito disposto dallo Stato. Oggi esiste la camicia di forza del Direttorio di Maastricht - a cui ora subentra Lisbona: si vieta il credito produttivo ma non il salvataggio delle banche. La nuova Banca per il Sud Italia propone il credito finanziato dal risparmio attirato dal trattamento fiscale agevolato ma non si hanno ancora i progetti. La nascita della Banca può essere senz’altro l’elemento per una energica politica di sviluppo per il Sud Italia, capace di trainare l’intera economia italiana. Certamente questa istituzione dovrà essere affiancata da una serie di progetti di sviluppo infrastrutturale, anche di grandi dimensioni, ma il progetto del Ponte di Messina, ancora una volta rilanciato dal governo, è necessario? A che serve l’opera “faraonica” se non si potenziano le vie di comunicazioni, stradali, ferroviarie, e le vie marittime? Se non si bonificano con piani decennali i siti industriali dismessi, se non si aprono percorsi storici-artistici ed enogastronomici che portino l’Italia a tenere il confronto con un turismo di alto lignaggio? Capacità tutte di indurre una nuova coscienza meridionalista e inserire la cultura nel nuovo approccio produttivo e finanziario, nei nuovi scenari di mercato mondiale, mercato vero quindi fatto anche con la cultura e l’appoggio delle comunità di italiani più legate alla madre patria, che si richiamano certo alle varie regioni, città e provincie, e legati alle proprie origini. Più che il Ponte sullo Stretto di Messina potrà essere proprio il salto qualitativo e il legame della cultura a fare da simbolo e faro per il rilancio del Sud, dell’Italia tutta, fuori dalla crisi globale.

Può da solo, questo progetto di Banca del Sud, indurre questa epocale trasformazione, iniziando a generare una domanda per tutti i settori dell’industria produttiva? Legare anche produttività nell’accezione industriale e post industriale alla produzione di cultura? La battaglia del ministro Giulio Tremonti in questo senso non solo è specifica e intende aggirare il blocco del credito bancario, è sacrosanta e va appoggiata senza pruriti di partito o compromessi! Le forze ostili del “Britannia”, quando lo spezzatino all’italiana iniziò, non si opporranno forse con tutte le loro capacità, come “partito occulto”, per fare in modo che la nuova prospettiva fallisca? Non si sono forse già messi in moto per lavorare contro?
Occorre leggere attentamente i segnali tra il vecchio e il nuovo. Siamo entrati nel XXI secolo, c’è stato il Sacco della globalizzazione dei mercati che ha stravolto tutto, c’è la camicia di forza di Maastricht oggi Lisbona.
Come leggere il tutto? La nuova idea del ministro Tremonti per la Banca per il Mezzogiorno può sembrare infatti il solito vecchio carrozzone assistenziale tipo Prima Repubblica.

L’Istituto bancario dovrebbe favorire gli investimenti a favore delle piccole medie e imprese del Sud, ovvero, l’accesso al credito nelle regioni meridionali, con una banca fondata dallo Stato. Banca che finanzierebbe il mercato. Invece si sceglie di creare una banca fondata dallo Stato che finanzierebbe la propria partecipazione attraverso obbligazioni privilegiate con soci le banche di credito cooperativo, le Poste italiane ed eventuali privati. Ora, la possibilità è unica, in quanto nel Sud Italia le banche di credito cooperativo sono poche, il socio di maggioranza sono le Poste il cui capitale è detenuto per il 65% sempre dallo Stato e la restante parte dalla Cassa depositi e prestiti. I privati dovrebbero essere sferzati, finalmente il “colpo di frusta” al cavallo di razza, e quindi, contribuire ad un progetto portato nell’area dove le grande imprese sono rimaste ferme. Vedere così gli investimenti affluire proprio dove, per i soliti noti problemi, sia di infrastrutture che di ombre dovute alla criminalità organizzata e le sue collusioni, e sollevare il Sud dalla storica stagnazione.

Il ministro Tremonti, non a caso, forse è tornato sul tema del credito citando la Costituzione italiana, dove ci sono alcuni passaggi superati, ma – ha detto “ce n’è uno fondamentale, ossia che la Repubblica tutela e regola il risparmio e favorisce l’accesso alla proprietà dell’azionariato popolare dei grandi complessi produttivi del Paese”. Le cose - secondo Tremonti, hanno fatto sì che “la Costituzione non sia stata pienamente applicata” in quanto “c’è stata una rotazione rispetto ai principi formulati allora che ha portato ad un grande favore per i titoli di debito sfavorendo quelli di proprietà”. Fatto – ha proseguito, che ha portato al “controllo del sistema bancario sulla grande proprietà industriale’”. E ha concluso: “un ritorno alla Costituzione attraverso queste riflessioni ci può portare a concrete e non poco remote applicazioni”.

E’ forse giunto il momento di smettere di affliggere il Sud Italia con le solite sospette “ragioni politiche” occulte ricorrenti, di un presunto trattamento di favore da parte dello Stato per indurre, ancora una volta, il rischio di clientelismo e spreco di denaro pubblico. Più che le regole che sembrano essere disposte per venire aggirate sistematicamente, è giunto il tempo di applicare insieme alla Carta fondamentale dello Stato italiano, la Costituzione, anche il comune buon senso. Spesso chi grida per primo al lupo è quello che in cantiere non ha messo il suo “rischio transumanza”, vuole subito assicurarsi il proprio ovile recintato. E, questo, è forse oggi possibile, tollerabile, ancora una volta?