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Il linciaggio continua: Ernst Nolte aggredito a Trieste. - Il “mostro” risponde…

di Antonio Caracciolo - 14/11/2009




Avviso i miei abituali lettori che ormai la prima pagina di questo blog è destinata a tempo indeterminato al “caso” che mi riguarda in prima persona. Le serie aperte (elenco dei checkpoints, degli insediamenti, dei villaggi palestinesi distrutti, ecc., verranno continuate in blogs affini che sono ben in evidenza nella colonna di destra). Ho affidato al mio legale i rapporti con “Repubblica” e non intendo più scrivere o telefonare a quella redazione. Il danno che potevano fare lo hanno già fatto ed anche ove si decidessero a pubblicare la mia replica, redatta dal mio legale, sarebbe ormai cosa tardiva. In un certo senso, come ho già detto, si tratta di una rivelazione personalizzata di cosa è la stampa e la televisione italiana. Lo sapevo già sul piano teorico, lo so adesso per esperienza diretta, avendo toccato con mano. Anche se sono apparsi manifesti istiganti al mio omicidio, di cui è stata fatta debita denuncia, sono fortunatamente ancora vivo ed ancora capace e determinato a pensare liberamente senza lasciarmi intimidire.

Non mi piace fare del vittimismo. È per questo che mi soffermo su un caso analogo al mio che è successo pochi giorni fa a Trieste, dove a Ernst Nolte, che era stato invitato dal Comune a parlare sul ventennale della caduta del Muro, è stata fatta una contestazione ignobile da un cinquantina di individui, la cui fisionomia culturale e politica – non anagrafica! – meriterebbe di essere compresa e illustrata. Per la verità, dalle agenzie non è chiaro se tutto il pubblico presente consistesse in una cinquantina di persone e sole alcune di queste avrebbero lanciato una bottiglia in direzione di Ernst Nolte o se il numero stesso dei “contestatori” fosse di cinquanta persone. Poco qui ed ora importa.

Su quanto ho letto in vari link faccio alcune osservazioni, naturalmente con beneficio d’inventario rispetto alla veridicità di quanto riportato. In un sito web Nolte avrebbe detto che è ormai tempo di consegnare al suo destino il termine “antisemitismo”. Concordo pienamente ed ho cercato di affermare lo stesso concetto nelle interviste fraudolente che mi sono state estorte. Questa parola è ormai diventata una sorta di arma terroristica con la quale si pretende di tacitare ogni lecita critica o riflessione su una gamma assai vasta di questioni. L’accusa di “antisemitismo” appare nei contesti più disparati e costringe l’avversario a porsi sulla difensiva: “No, io no, proprio no! Non sono antisemita e sono pure stato in questo o quel posto. Ho perfino dei parenti...”. E simili umilianti difese che non dovrebbero essere, dovendo piuttosto rispondere penalmente chi lancia accuse gratuite. Ma sembra invece che costoro godano della più completa impunità e protezione.

Altra espressione che ha richiamato la mia attenzione sono state le «velenose ambiguità» che caratterizzebbero la vasta produzione di Ernst Nolte, dalla quale egualmente vengono estrapolate frasi staccate ricomposte poi in modo «stupido» e diffamatorio. Siamo di nuovo alle solite. Ormai siamo fuori dall’ambito storico vero e proprio. Si è creata una sorta di “religio” verso la quale si chiedono cieche, assolute ed incondizionate professioni di fede, pena il “rogo” o la “gogna”. Mentre viene tolto il crocefisso dalle scuole si impone invece una nuova forma di religione alla quale nessuno si può sottrarre e della quale tutti si rendono complici.

Altro dato che ha attratto la mia attenzione è stato il riferimento ad una conferenza romana di Nolte, della cui eco avevo avuto notizia ma alla quale non avevo partecipato. Era presente l’ambasciatore israeliano che intervenne pesantemente su alcune affermazioni di Nolte. Per associazione di idee la mente salta ora ad una tesi dello storico Tony Judt, il quale se ben ricordo nega allo Stato di Israele la sua presunta “democraticità”. Egli parla invece di «etnocrazia» dove a farne le spese sarebbero i Palestinesi. Io mi chiedo provocatoriamente se la condizione di oltre 57 milioni di Italiani non sia in fondo direttamente o indirettamente simile a quella dei Palestinesi.

In questo blog (interessante in Beppe Grillo: «Cosa è un blog?» Non è la carta stampata! Spero i giudici lo capiscano), dico in questo blog avevo inteso condurre un’indagine analoga a quella di Mearshemer e Walt per l’Italia e l’Europa. Direi che da noi la situazione sia tre volte più pesante e grave: a) per la pressione che su di noi da sempre esercitano gli USA; b) per la pressione che su di noi esercita lo stato di Israele; c) per la presenza di una lobby interna e per la totale o quasi identificazione delle comunità ebraiche italiane con la politica e lo stato di Israele. A me sembra che da noi le cose stiano assai peggio che negli USA di Mearsheimer e Walt. Quanto succede in questi giorni, a me, a Nolte, a Pallavidini ed a chissà quanti altri, è solo un piccolo esempio, assurto alla “gogna” mediatica, arma privilegiata del regime.

Ripeto alla noia che insieme con Nolte mi colloco nella posizione non dello storico “negazionista”, ovvero “revisionista”, che mai sono stato ed il cui mestiere non intendo intraprendere, ma in quella di un cittadino e filosofo del diritto che rivendica libertà di pensiero e di ricerca, in regime di rispetto, e non di mera tolleranza, di quanti intendono intraprendere ricerche in qualsiasi ambito storico o filosofico, anche contestando e rimettendo in discusssione “verità acquisite”. Sarà poi il sereno e civile dibattito fra competenti a stabilire la fondatezza o meno delle contestazioni. Non possono essere i faziosi ignoranti a stabilire cosa gli altri possano o non possano pensare oppure debbano o non debbano pensare. La civiltà ed il progresso sono andati avanti con la libertà, non con la repressione e l’oppressione.