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In Iraq i militari britannici hanno violato le Convenzioni di Ginevra?

di Pierpaolo Ciancio - 01/12/2009

 



Ancora accuse – e non di poco conto – riguardo al comportamento dei militari britannici in Iraq. Un'esclusiva dell'Independent pubblica una fotografia che mostrerebbe quattro civili iracheni maltrattati da soldati di sua Maestà, in evidente violazione della Convenzione di Ginevra. Un episodio sul quale adesso verrà aperta un'inchiesta pubblica.

I fatti risalgono al 14 maggio 2004, circa un anno dopo l'invasione del Paese: il giorno della così detta battaglia di “Danny Boy”, avvenuta non lontano da Majaar al Kabir, nel sud dell’Iraq. Venti civili uccisi furono il bilancio degli scontri, vittime dei militari nella base britannica di Camp Abu Naji. La foto in questione, scattata da un soldato al termine del conflitto a fuoco, aggrava le accuse contro i metodi utilizzati dall’esercito – che ne era in possesso fin dal maggio 2004, ma l'ha resa pubblica solo adesso.

Nell'immagine si vedono quattro civili iracheni sdraiati proni al sole, il volto integralmente coperto rivolto a terra, con mani e piedi legati, controllati a vista da un soldato. Comportamento ordinario, sostengono gli avvocati dell’accusa, che evidenzia ancora una volta gli abusi dei militari.

L’articolo 3 della Convenzione di Ginevra vieta l’uso di trattamenti degradanti che umiliano i detenuti. Aggravante, se vengono utilizzate come tecniche durante un interrogatorio, contravvengono anche l’articolo 31, che vieta la coercizione fisica e morale. Inoltre, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come anche il regolamento interno dell’esercito, pone limiti rigorosi alla possibilità di incappucciare i detenuti.

“Quanto emerge dalla fotografia potrebbe costituire un trattamento crudele, disumano, o degradante”, afferma Kevin Laue, consulente legale di Redress, organizzazione umanitaria impegnata a favore delle vittime di torture. “I civili appaiono bendati a tal punto da avere tutta la faccia coperta, naso e bocca inclusi: in questo modo anche la normale respirazione diventa difficile. La fotografia – continua Laue – solleva numerosi interrogativi che devono ottenere risposta, al fine di decidere se tali tecniche possano o meno essere giustificate”.

Nel febbraio 2004, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) aveva invitato caldamente Londra e Washington a cessare pratiche simili, non ammesse dalla Convenzione di Ginevra. Quest’ultima accusa si somma ai 33 ulteriori abusi in cui è coinvolto l’esercito britannico dall'invasione dell'Iraq del marzo 2003 al 2008.

In una lettera riservata al Primo Ministro datata 2004, e resa pubblica solo la scorsa estate dagli avvocati del governo, il Ministero della Difesa britannico dava notizia delle lamentele dell’ICRC circa i presunti maltrattamenti commessi dai militari a margine della battaglia di Danny Boy. Questa rivelazione ha spinto il governo a ritirare la propria difesa dall’indagine sulle accuse di coinvolgimento nel massacro e abuso di civili iracheni.

Bob Ainsworth, Segretario alla Difesa, ha comunicato il 25 novembre al parlamento il nome del giudice nominato a capo dell’inchiesta. Londra ha sempre sostenuto che tutte vittime erano state uccise nel corso della battaglia: al contrario, i familiari li descrivono come contadini innocenti in fuga dallo scontro a fuoco.

“Non abbiamo trovato prove credibili che i detenuti imprigionati a seguito del conflitto a fuoco al checkpoint di Danny Boy abbiano subito maltrattamenti”, sostiene il portavoce del Ministero della Difesa.

“Il Ministero della Difesa ha concesso un’indagine non per ragioni legate alla tardiva rivelazione delle informazioni, quanto perché queste avvalorano le accuse dei nostri clienti. Le accuse sono state poco considerate dalla Royal Military Police: è evidente la scarsa importanza accordata dal tribunale a questo come a tutti gli altri casi di abusi contro civili iracheni”, dice Phil Shiner, avvocato impegnato nella denuncia pubblica dei fatti di "Danny Boy".

“Ci possono essere alcune persone sia disgustate che rattristate dall’immagine di civili iracheni sottoposti a trattamenti considerati a ragione disumani e degradanti”, commenta Lord David Romsbotham, ex comandante di campo dell’esercito nonché ex principale ispettore dei prigionieri. “Disgustate, in quanto non è questo il tipo di trattamento associato a una nazione che si definisce civilizzata; rattristate, perché tali pratiche infangano la reputazione dell’esercito, preservata a fatica in svariate circostanze”.

Fonte: The Independent.