Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Luca Zaia: fratello d’Italia?

Luca Zaia: fratello d’Italia?

di Mauro Tozzato - 09/12/2009


Sul Corriere del Veneto del 04.12.2009 il ministro Luca Zaia, probabile candidato “governatore”
leghista per il Veneto nelle prossime elezioni regionali, risponde ad un articolo del giornalista Fausto
Pezzato apparso il giorno precedente. Zaia inizia con piglio deciso:
<<Una vecchia ideologia, un vecchio modo di intendere il rapporto tra eletti ed elettori, una vecchia
nostalgia […] della Democrazia cristiana e di tutto ciò che quel sistema di potere rappresentava. C'è
chi, come Pezzato, non si rassegna al fatto che la parte più moderna della società italiana, e dunque
anche di quella veneta, sta spazzando via questa anticaglia un po' baronale.>>
La “parte più moderna”, dice Zaia, ma noi vorremmo piuttosto ricordare come sia particolarmente
forte l’egemonia ideologico - culturale leghista tra alcuni strati “popolari” del nord (e ormai anche in
alcune zone del centro Italia) come i lavoratori dipendenti nel settore privato e del “piccolo” lavoro
autonomo, il “popolo” delle partite IVA. Il ministro continua facendo riferimento al discorso di Pezzato
e ricordando il recente referendum svizzero contro i minareti islamici:
<<Come si permettono questi bifolchi montanari di pensare e di esprimere un parere difforme da
quello di chi deve comandare per censo, per illuminazione, per cultura e per solidarietà di casta?
Loro, i nuovi «aristodemocrat», vivono nei centri dei centri cittadini al riparo dalle contraddizioni
delle periferie. I territori non li conoscono perché non li frequentano. Non sanno cosa significa fare la
fila agli sportelli perché ci mandano le badanti. Loro sono nipotini di Madama Maria Antonietta. Ah,
che gustose quelle brioches divorate durante la lettura del sermone scalfariano! Noi della Lega no,
non siamo così. Noi siamo il popolo e con il popolo. Vogliamo i Crocefissi nei luoghi di Stato per tre
motivi: siamo cristiani, siamo cittadini rispettosi delle leggi e siamo identitari. Non siamo truci, non
siamo maneschi, non siamo irascibili. Ma non vogliamo i minareti, per le stesse ragioni di cui sopra
che il popolo capisce e Pezzato no. Infatti, gli amici di Pezzato perdono con regolare puntualità le
elezioni. Noi sappiamo, come scrive non un odioso razzista della Lega, ma addirittura Jean Jacques
Rousseau, che chi governa deve interpretare la Volontà Generale, non quella del Primo Stato (parleremo
un'altra volta della Sala della Pallacorda) e dei rappresentanti delle rendite parassitarie.>>
Effettivamente Luca Zaia si esprime, qui, manifestando una certa abilità retorica e un tono
opportunamente infervorato. In maniera abbastanza semplificata mette in campo due capisaldi
dell’ideologia leghista: il populismo e l’identitarismo. L’identitarismo - che si manifesta con caratteri
razzisti e xenofobi, nei numerosi interventi a livello mediatico del partito, finalizzati spesso alla pura
propaganda e non ad obiettivi politici – trova alimento tra i lavoratori e il ceto medio, nell’attuale
situazione di crisi, perché sembra rappresentare, da una parte, una sorta di “difesa” dei lavoratori
“indigeni” contro la concorrenza degli “stranieri” e dall’altra una garanzia contro l’”inquinamento delle
nostre radici etniche, culturali e religiose”, oltre che una rassicurazione riguardo alla nostra “sicurezza
personale” minacciata da quella popolazione immigrata dedita al crimine e/o non sufficientemente
integrata. Il populismo, condito da una citazione di Rousseau, viene declinato nella sua forma più
organicistica, attraverso l’identità presupposta tra il “popolo” – identificato con la “nazione padana”
ma anche “italiana” (intesa come comunità etnica, culturale e linguistica) – e l’elité politica che
dichiara di rappresentarlo integralmente. Il populismo delle Lega si manifesta in campo economicosociale
anche come presunta opposizione al grande capitale plutocratico e parassitario; quando fa
riferimento alla grande rendita finanziaria e all’industria assistita dallo Stato, comunque,
l’atteggiamento leghista non si discosta molto da quello berlusconiano: non dichiarano mai apertamente
quali sono i poteri economico –finanziari e quindi i “mandanti” politici principali (in Italia e all’estero)
a cui dovrebbero contrapporsi. Su questo blog lo abbiamo detto e ridetto in decine di occasioni che
l’incapacità o impossibilità di Bossi e Berlusconi di affrontare con decisione i loro avversari principali
ne indebolisce anche la lotta contro gli scherani politici degli USA e della GFeID che si ammantano di
un colore “violaceo” particolarmente fastidioso e hanno il volto di Di Pietro, Ferrero, Bersani e
l’”infiltrato” Fini. E’ meglio precisare che con questo non vogliamo intendere che il Centro-Destra
(esclusa la componente finiana ovviamente) sia animato da motivi, per così dire “ideali”, nell’attuale
situazione di conflitto oggettivo con certi ben noti “poteri forti” italiani e d’oltreoceano; Bossi e
Berlusconi lottano prima di tutto per la loro sopravvivenza che si basa sul consenso della maggioranza
del medio e basso “popolo” e la loro stessa politica estera - che mostra obiettivamente da diverso tempo
di essere orientata verso una certa “autonomia nazionale” e non solo riguardo all’economia – si trova
probabilmente in relazione con la ricerca di appoggi e alleanze che possano dissuadere
l’amministrazione Obama e i loro agenti dal tentare un vero e proprio colpo di mano.