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Micheletti non molla la poltrona

di Francesca Dessì - 16/12/2009

 

 
Micheletti non molla la poltrona
 



Il presidente eletto dell’Honduras, Porfirio Lobo, ha trovato la soluzione per fare chiarezza in un Paese che al momento conta tre capi di Stato. Con disarmante semplicità ha chiesto al presidente “de facto” Roberto Micheletti (foto) e a quello deposto Manuel Zelaya di fare un passo indietro: il primo dovrebbe lasciare la presidenza, e il secondo rinunciare alle sue aspirazioni di rientrare al potere per concludere il mandato, interrotto illegalmente il 28 giugno scorso dall’intervento delle forze armate.
“Entrambi avevano detto di essere disposti a rinunciare” ha spiegato Lobo, certo che fosse l’unica strada per “riuscire a comporre un governo di riconciliazione nazionale”, e così “riaprire le porte della comunità internazionale”.
Ma la soluzione di Lobo sembra un’utopia. Il presidente “de facto” Micheletti ha infatti rispedito l’invito di Lobo a lasciare l’incarico il prima possibile, sostenendo di voler abbandonare la poltrona “a testa alta”.
Nello stesso tempo ha espresso la volontà di formare il governo di unità nazionale previsto dall’accordo di Teguicigalpa-San Josè, considerato fondamentale per il processo di riconoscimento della comunità internazionale, ma sempre “al momento giusto”.
Micheletti sembrerebbe quindi morbosamente affezionato alla poltrona della presidenza. Non intende mollarla almeno fino a quando Zelaya rimarrà nel Paese honduregno. Ora è pronto addirittura a rivedere la presunta richiesta di asilo fatta nella notte di mercoledì scorso da “Mel” al Messico, che fino a ieri era considerata “inopportuna”. Si è detto infatti disposto a concedere il salvacondotto necessario al capo di Stato deposto per lasciare il Paese “quando vuole”, ma solo a condizione che lo faccia da richiedente asilo e che non si diriga verso altri Paesi centroamericani.
Condizioni che Zelaya non accetterà mai. Ha sì negoziato un salvacondotto con il Messico ma ha ribadito di volerlo fare come “ospite illustre”.
“Io non chiedo, non voglio e non accetto asilo politico da nessuna società di nessun Paese” ha spiegato “Mel” la settimana scorsa, mandando un chiaro messaggio a Micheletti: “Non cerco asilo, sono il presidente dell’Honduras fino al 27 gennaio”.
Ma il leader de facto ha avvisato Zelaya di non uscire dall’ambasciata brasiliana senza nessun tipo di protezione se non vuole “finire davanti ai tribunali”. Il capo di Stato deposto non può infatti lasciare la struttura diplomatica senza un salvacondotto perché i militari che circondano l’edificio potrebbero arrestarlo per le presunte accuse di carattere politico che pendono sul suo capo. Sulla questione si è espresso anche il presidente eletto Lobo, che nonostante abbia dichiarato di voler fare il possibile per consentire l’uscita di Zelaya, ha ribadito che tanto il salvacondotto, quanto l’amnistia e i suoi limiti sono “una decisione che spetta alle autorità”.