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La sindrome afghana

di Ugo Gaudenzi - 08/01/2010

     
    
Anno nuovo, e nuovi morti per la vergognosa guerra di occupazione angloamericana dell’Afghanistan. Quattro soldati Usa di pattuglia nella regione orientale di Kandahar falciati sabato, un soldato britannico ucciso domenica nella rovente provincia di Helmand, già teatro di recenti attacchi anti-inglesi da parte delle formazioni patriottiche talibane.
Anno di sangue, quello passato, per le forze di occupazione occidentali e loro alleate: 319 vittime Usa su circa mille morti americani, e 108 britanniche su 246 dal 2001. Senza contare il tributo di sangue graziosamente offerto “per ragioni umanitarie” dai governi di Roma, o di Berlino, o di Amman. Un 2009 concluso dall’attentato suicida contro la base della Cia nella provincia di Khost con almeno sette morti tra i funzionari “civili” dell’agenzia di spionaggio e scandito da sempre più pressanti attacchi mortali ai “contractors”, ai mercenari arruolati per la cosiddetta “sicurezza interna” da Washington.
E’ pesante il tributo di morte per la guerra atlantica. Ed è destinato ad aggravarsi. Il “nobel per la pace” Obama, è  infatti intenzionato ad ampliare con nuove sessantamila unità il dispositivo bellico in Afghanistan. Trentamila rinforzi americani, diecimila “alleati”, altri ventimila mercenari.
Ma è ormai chiaro come il “teatro di guerra” scelto dalle amministrazioni “democratiche” e “repubblicane” Usa per fermare la frana dell’assedio planetario atlantico alla vicina Asia meridionale si sia trasformato in un nuovo Viet-Nam.
La guerra statunitense contro i vietnamiti (1962-1975: iniziata di fatto nel 1955 dal “repubblicano” Eisenhower, poi rafforzata dai “democratici” Kennedy e Johnson e conclusa, nella disfatta, dal “repubblicano” Nixon), fu condotta da una “coalizione” che arruolava, al soldo di Washington, collaborazionisti di Saigon, australiani, neozelandesi, filippini, thailandesi e sudcoreani (Seato: South East Asia Treaty Organization).
L’attuale guerra contro gli afghani, iniziata nel 2001 dal “repubblicano” Bush e santificata ex post dall’Onu, arruola australiani, canadesi, olandesi, danesi, estoni e “supporti” norvegesi, francesi, giordani, romeni, polacchi (Nato: North Atlantic Treaty Organization).
Come fecero già Kennedy e Johnson per “risolvere la guerra in Viet-Nam” (sic), il presidente “democratico” Obama, per “risolvere la guerra in Afghanistan”,  ha deciso una escalation militare, per aumentare fino a 100 mila le unità Usa schierate in Afghanistan, chiedendo anche agli “alleati-sudditi” della sua “coalizione” di inviare più truppe.
La sindrome vietnamita – la malattia della quale soffrono ancora gli americani - iniziò il 31 gennaio del 1968 con l’offensiva viet-cong del Tet.
A Londra, nell’altra capitale dell’aggressione, si cominciano a temere le devastanti conseguenze della nuova sindrome, di una guerra-lampo che non finirà, per gli anglo-americani, mai. Per arrampicarsi sugli specchi, il premier Gordon Brown ha convocato per fine gennaio una “conferenza” sul Tamigi, partecipata soltanto dagli aggressori, dai loro sudditi coloniali, collaborazionisti e “alleati” compresi, ma non dagli aggrediti.
I sintomi della sindrome afghana – nuova pandemia che colpisce Washington e il resto d’Occidente – sono ormai da tutti percepiti.
Tranne che dagli untori.