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Il mare in Afghanistan

di Ugo Gaudenzi - 10/01/2010

     
E ci chiedevamo pure, a dicembre, se la Marina Militare italiana fosse impazzita.
Già: nel budget di armamenti israelo-americani graziosamente offerti in vendita alla colonia-Italia dai nostri padroni atlantici figuravano strani mezzi da sbarco anfibi e a noi non risultava un Afghanistan lambito da mari, laghi ed oceani.
Ma nello Yemen e in Somalia, dove al Qaida si è puntualmente – dopo i contratti di acquisto delle forniture belliche – fatta viva, il mare c’è, eccome.
Che sprovveduti, siamo.
Vediamo un po’, allora, di comprendere meglio quale arrosto ci sia dietro tutto il fumo di questi giorni (gli allarmi agli aeroporti, le nuove tecnologie di ispezione e controllo, le grida sulla sicurezza e sulla rinascita di al Qaida).
Tralasciamo un attimo la stolta vetrina della politica politicante, clientelar-neodemocristiana, italiota, rimuoviamo per un attimo i cavalieri, i pm, i cattocomunismi, e gli imbecilli tutti, quelli di destra e quelli di (?) sinistra, ecologisti-vendoliani compresi.
Andiamo al nocciolo del problema.
Di fronte al crollo dell’aggressione anglo-americana (partecipata dagli alleati-sudditi della Nato & Co., Italya inclusa) in Afghanistan, il generale McChrystal aveva chiesto a Obana, a settembre, un “rinforzino” militare, paventando una indecorosa sconfitta atlantica in terra afghana.
Di qui il montare delle richieste di aiuti, di truppe ascare fresche, di arruolamenti forzati di “guardie nazionali” Usa, di contractors-mercenari, di “personale civile umanitario” e quant’altro. Una pressante richiesta di elemosine umane avanzata dal “nobel per la pace” Obama, anche per rinsanguare la macchina dell’industria pesante che - la seconda guerra mondiale insegna - è l’unica “forza economica” capace di ribaltare le tendenze finanziarie al crack del modello liberista.
Ma mancavano i presupposti, il nuovo pretesto, una Lusitania o il Golfo del Tonchino.
“Che fare?”: questa la leniniana domanda che arrovellava il “brain trust” del Pentagono e della Casa Bianca.
Ripetere un 11 settembre? Troppo pericoloso.
Meglio far crescere un’isteria collettiva nell’Occidente dichiarato “assediato”. Qualche spruzzata di finti (o veri, non importa: sono sempre teleguidati) attentati qua e là, un irrigidimento delle “misure di sicurezza” internazionali, un continuo vociare (come questa notte alla Casa Bianca...) sul fantasma del terrorismo in agguato. E magari una “grande azione contro “al Qaida”, alla ricerca di un qualche sconosciuto ma Terribile e Astuto capo di una frazione fondamentalista islamica in uno sperduto villaggio subequatoriale.
Ecco. Lo Yemen e la Somalia sono perfetti.
La potenza della Grande Coalizione atlantica si esprimerà con tutta la sua potenzialità. I trecentomila - o giù di lì - soldati e “civili” umanitari d’Occidente avranno ragione del “Terrore”.
E lì possono sbarcare anche i marò del San Marco, gli incursori della Marina e, magari, i lagunari e la Folgore.
L’isteria viene montata ad arte, la guerra di civiltà è alle porte, il Grande Padre exBianco di Washington veglia sull’ordine e sulla sicurezza planetaria.
Come Kennedy sul Viet-Nam.