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Il generale Graziano assolve Hizbollah dalle accuse israeliane

di Matteo Bernabei - 21/01/2010

     
 
La scorsa settimana l’aviazione israeliana ha deliberatamente violato lo spazio aereo libanese sorvolando il sud del Paese con la scusa che “il gruppo armato di Hizbollah sta continuando a rafforzare i propri arsenali con l’aiuto della Siria e forse anche dell’Iran”, violando così la risoluzione 1701 dell’Onu alla base del cessate il fuoco firmato dalle due parti nel 2006. Un atto che era stato condannato immediatamente da buona parte della comunità internazionale. Tra coloro che, invece, avevano dato il proprio sostegno all’iniziativa israeliana vi erano, come sempre in questi casi, il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini e il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Quest’ultimo, con il chiaro scopo di ben impressionare la comunità ebraica romana, non aveva esitato a definire l’azione del patito di Dio e quella di Teheran come “antisemita e terrorista”.
Peccato, però, che ieri le dichiarazioni di un altro italiano, il generale Claudio Graziano, comandante del contingente internazionale Unifil che opera nel sud del Libano, hanno completamente smentito l’allarme lanciato da Tel Aviv sui presunti nuovi carichi di armi ricevuti da Hizbollah. “La situazione nella parte meridionale del Paese è la più stabile dai 34 giorni di guerra tra Israele e i miliziani del partito di Dio nel 2006. Si può dire che la condizione sul campo varia tra buona e molto buona”, ha rivelato il militare, il quale ha poi precisato che gli sporadici lanci di razzi contro il territorio israeliano “sono stati atti di terroristi” e quindi non attribuibili ai miliziani di Hizbollah. La violazione dello spazio aereo libanese ha inoltre scatenato la reazione del presidente Saad Hariri, che da Parigi, dove si trova per firmare importanti accordi economici, ha ricordato a Tel Aviv che colpire Dahhieh, roccaforte di Hizbollah a Beirut, o la parte sud del Paese sarebbe come attaccare tutto il Libano. Dopotutto è un dato il peso del movimento di Nasrallah nella politica libanese, ruolo che il premier, pur antagonista del Partito di Dio, non può sottovalutare. “Nel 2006 gli israeliani hanno distrutto tutti i ponti libanesi, non era un attacco contro il Libano?”, ha dichiarato Hariri, con il chiaro intento di ricordare all’esecutivo di Netanyahu la clamorosa sconfitta subita dall’esercito con la stella di Davide.
Un monito, quello del presidente libanese, che arriva nello stesso giorno in cui l’inviato Usa per il Vicino Oriente, George Mitchell, ha confermato l’importanza del Paese dei cedri “per il raggiungimento della pace e della stabilità nella Regione”. Ma il generale Graziano non si è limitato a commentare gli eventi degli ultimi giorni. Il militare italiano alla guida della forza internazionale è tornato a parlare anche dell’incidente della scorsa estate, quando un deposito di armi di proprietà di Hizbollah era andato distrutto in un incendio. L’accaduto aveva scatenato le polemiche del governo israeliano, il quale aveva accusato anche in quel caso il movimento islamico di aver violato la risoluzione 1701 dell’Onu. “Le armi – ha spiegato il comandante Unifil - erano molto probabilmente ‘non nuove’ e, di conseguenza, non erano state contrabbandate nella regione dopo il 2006”. Ennesima dimostrazione che, anche in questo caso, il Partito di Dio non ha violato alcuna delibera delle Nazioni Unite, al contrario di Israele, che dei trattati internazionali ha sempre fatto carta straccia.