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Che politica!

di Gianfranco La Grassa - 28/01/2010

Non passa giorno che non si debba constatare a quale livello è scaduta la politica in Italia (non qui soltanto, ma soprattutto). Diciamo anzi che in realtà non esiste politica, bensì un affastellamento di stupide polemiche, di pettegolezzi, di scandali. In più, decisioni da conigli per non abusare sempre di altri termini forse più appropriati. Si preannunciano nuovi scandali tra i vip, come se fosse questo l’importante per il 99,9% delle persone che vive una vita normale. Poi c’è l’elezione di D’Alema al Copasir (all’unanimità, il che coinvolge in una scelta a mio avviso pessima lo schieramento avverso, che sembra spesso culturalmente subalterno e inutilmente compromissorio; si crede così di ingraziarsi un tipo del genere?). In più, dopo la felice uscita – e non lo dico affatto per antiamericanismo preconcetto! – di Bertolaso sulla tragica farsa degli aiuti ad Haiti, subito Frattini e immediatamente dopo Berlusconi hanno dato in sostanza l’alto là ad una persona che mi è sembrata molto sensata. Dato l’avvenuto incontro di Bertolaso con il premier, in cui il primo ha offerto le dimissioni subito ritirate, mi rendo conto che in fondo il secondo non la pensa molto diversamente; tuttavia, l’obbligata dissociazione non è per nulla un bel sintomo di autonomia, che appare invece molto ristretta.
D’Alema e Berlusconi sono le due personalità che si vorrebbero più rappresentative dei due schieramenti; anzi senz’altro lo sono, la qual cosa dimostra però lo scadimento della politica attuale. Si tratta in tutta evidenza di due personaggi (in specie il primo, osannato incredibilmente come un Togliatti sia pure in miniatura) abbastanza mediocri, quanto meno privi di una visione di ampio respiro strategico. Lascio perdere ogni problema di presunta corruzione, di affarismo e altro. Non mi interessa una polemica condotta su questo piano, che pure è quello usuale oggi, visto che è difficile prendere sul serio il personale politico, di maggioranza o di opposizione che sia, di cui constatiamo in continuazione la pochezza e inettitudine politica. Ai due personaggi appena indicati, vorrei ag-giungere oggi Epifani (cioè la Cgil, cioè il sindacato), che persiste scioccamente nel voler tassare le “rendite”, cioè puramente e semplicemente il possesso di titoli di Stato e simili che oggi, fra l’altro, non rendono nulla. Siamo rimasti ai rentier, ai possidenti che affamano il popolo. Se la prendono in realtà con milioni di persone che sono tutto salvo che redditieri.
Alla vecchiezza – che significa profonda reazionarietà e assoluta mancanza di idee – di certe ca-riatidi non c’è limite. Sono zombi da circa un paio di decenni, eppure continuano a provocare danni e ad affossare questo povero paese. Fra l’altro, poiché il centrodestra non sa mantenere le sue pro-messe in tema di riduzione della pressione fiscale, questi vari “Epifani” (in quella “zona” della sedi-cente politica ce ne sono tanti) si appellano a quest’ultima (salvo appunto berciare circa la tassazione dei presunti rentier), con riferimento però a pensionati e lavoratori dipendenti (si è arrivati a capire, ma con quale sforzo, che sarebbe ridicolo riferirsi solo agli operai). Niente in contrario circa la proposta di ridurre le imposte a chi senza dubbio è nei bassi gradini della scala del reddito. Tuttavia, smettendola con la stucchevole polemica sull’evasione fiscale, chiunque non voglia solo scatenare la solita bagarre all’interno degli strati sociali inferiori deve chiedere contestualmente lo sgravio anche per i lavoratori “autonomi” (un’autonomia che spesso è la maschera di una dipendenza perfino più grave, perché non protetta).
Il vero problema è che non si è mai compiuta la transizione ad un nuovo sistema politico dopo la distruzione del vecchio ad opera di “mani pulite”, operazione i cui reali obiettivi di asservimento dell’Italia – approfittando del crollo dell’antagonista degli Usa – abbiamo spiegato più volte. Berlu-sconi, non credo proprio per salvare il paese, si è comunque messo di traverso a quella sporca ma-novra; egli non aveva però alcuna reale strategia alternativa, se non di ostacolare i “prescelti” quali sicari dei vincitori in quella fase storica. Tutto è rimasto a marcire senza alcuna reale svolta. Si è certo messa in luce l’oscenità di un corpo dello Stato, che avrebbe dovuto essere “obiettivo e imparziale”, in piena azione politica invece, essendo del tutto carente l’appeal dei favoriti da americani e Confindustria per il compimento della svolta; carenza ovvia in coloro che hanno abiurato il loro passato, senza alcuna autocritica ma solo come dei perfetti voltagabbana, nemmeno provando ad assumere una progettualità politica purchessia. D’altra parte, l’accozzaglia che si è riunita intorno al “leader” di centrodestra (una “guida” solo “in negativo”, poiché ribadisco che non si è vista alcuna alternativa di lungo respiro) ha solo difeso il “capo” mediante la facile polemica sull’accanimento giudiziario, fin troppo palese ormai per chi ha un minimo di onestà.
Tuttavia, l’accanimento è dovuto, lo ripeto, alla costituzionale incapacità della “sinistra” (incen-trata sui rinnegati del piciismo, nemmeno però riformisti seri come i vecchi “settori miglioristi”) di svolgere un’autentica politica. Bisogna avere consapevolezza dei gruppi (sub e pre) dominanti che esigevano il cambiamento del vecchio personale Dc-Psi una volta “caduto il muro” (cioè il “sociali-smo reale”, in particolare l’Urss come grande potenza). E’ ormai chiarissimo – e alcuni Dc quali Cirino Pomicino e Cossiga l’hanno fatto ben capire – che la pretesa di mutamento, con vero e (im)proprio colpo di Stato in Italia, proveniva da ambienti americani e dalla Confindustria, in mano ai settori economici più arretrati, quelli della superata “era” dell’industrializzazione. Avendo solo a disposizione subdoli “camerieri”, che difficilmente la maggioranza della popolazione avrebbe seguito abituata com’era all’anticomunismo “viscerale”, ci si è serviti della Magistratura (una minoranza, ma agguerrita, e con l’altra parte che mai ha fatto nulla per opporsi).
Nelle intenzioni, doveva però trattarsi di una manovra d’urto temporanea. L’inettitudine degli ex piciisti utilizzati – giacché, appunto, la parte detta “di destra” di tale partito (gli “amendoliani”), al-meno seriamente riformista, è stata scartata anche perché il ceto intellettuale più marcio da “sfrutta-re” per cercare l’“egemonia” era quello sessantottino e settantasettino, che aveva polemizzato con quella parte del piciismo – ha obbligato a protrarre l’impegno “giudiziario”, essendo inoltre interve-nuto Berlusconi con la sua azione di disturbo. Da ciò la progressiva decadenza della politica, il mare di fango che ha ricoperto tutti, lo schifo che ormai suscita, anche a chi magari ancora l’appoggia, questa classe dirigente industrial-finanziaria prona agli Usa; passando tuttavia per la UE – non a caso sono stati i ben noti “antifascisti laici”, quelli del tradimento già all’epoca della guerra mondiale, a porsi come alfieri dell’entrata in Europa e del pazzesco cambio euro-lira che ha provocato un no-tevole abbassamento del tenore di vita per almeno due terzi della popolazione e un altrettanto forte arricchimento dell’altro terzo – un nefasto organismo, i cui burocrati inutili prendono alti appannaggi proprio per perseguire una politica contraria agli interessi nazionali dei singoli paesi, in combutta con le sezioni capitalistiche più reazionarie degli stessi.
Per mettere fine a questo sconcio sarebbe necessario l’intervento di uno schieramento (dotato di effettive linee direttrici politiche e non dedito alla semplice sedizione, allo sconquasso, all’agitazione scomposta e forcaiola) piuttosto coeso e interessato a riprendere, almeno con un tantino di decenza, un atteggiamento di autonomia e di sviluppo dei settori trainanti e più avanzati della nuova fase industriale; accompagnato da una politica di netta costrizione del capitale finanziario al servizio di tale politica industriale. Tuttavia, non si costruisce nulla di tutto questo fingendo che si tratti della “libera competizione” economica in un “mercato globale”. E’ certamente una competizione, ma in cui diventano decisivi i settori di quel tipo di “difesa”, che di economico hanno solo la necessità di disporre di lauti finanziamenti per poter funzionare ai fini degli interessi nazionali nel complesso intreccio di flussi politici multipolari; altro che la mitica concorrenza nel mero “mercato”!   
Abbiamo apprezzato, senza curarci dei giudizi emessi dai mascalzoni gruppettari della sinistra laida e forsennata, alcuni pezzi di politica estera berlusconiana in merito ai rapporti con l’est e il Nord Africa, politica quasi solo legata alla questione, peraltro importantissima, dei gasdotti, ecc.; questione per nulla affatto solo economica ma invece squisitamente geopolitica. Non abbiamo però mai perso la consapevolezza: 1) che la maggior parte dello schieramento, di cui Berlusconi è ancora al momento leader insostituibile, non è affatto d’accordo con lui proprio su questa politica; 2) che tale personaggio non ha una visione complessiva di una possibile politica di indipendenza nazionale, per cui quegli sprazzi di “luce” al momento esistenti sono sempre labili e in pericolo; basta che gli Usa “abbaino” un po’ e subito tutto diviene incerto e vacillante.
Egli ha fatto saltare i progetti di americani e Confindustria (agnelliana) per difendersi (e difen-dere alcuni altri gruppi di outsiders); manca però di un’impostazione più generale. Per questo motivo fondamentale, lo ripeto, la “transizione” non finisce mai, tutto marcisce e la politica è sempre più inesistente. Noi non possiamo supplire all’assenza di una nuova forza politica; ci sforzeremo però di compiere serie analisi della fase attuale, superando lo schifo del puro battibecco e del pettegolezzo privo di consistenza alcuna.