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Afghanistan: una guerra senza opposizione

di Enea Baldi - 12/02/2010

    

Mentre a Montecitorio scoppiano bagarre per i motivi più futili – come quello dell’altro ieri che ha visto la sospensione dalle attività di parlamentare per 15 giorni di Fabio Evangelisti (Idv), reo secondo il presidente della Camera Fini di aver scatenato una rissa, a seguito delle disparità sul ddl per il rilancio delle “competitività nel settore agroalimentare” – l’unanimità è stata invece raggiunta martedì scorso, quando è stato approvato il disegno di legge di conversione del decreto governativo per il rifinanziamento della missione militare italiana alla guerra in Afghanistan. I parlamentari, in questo caso, “tutti uniti nella lotta”, hanno accolto il provvedimento che rifinanzia, per la cifra di 308 milioni (51 milioni al mese) di euro, i primi sei mesi di guerra del 2010. Tutto questo danaro servirà per mantenere 3.300 soldati, circa 750 mezzi terrestri (carri armati, blindati, camion…) e 30 velivoli (4 cacciabombardieri, 22 elicotteri e 4 droni). Il decreto predispone fino alla fine di giugno altri 4 milioni e mezzo di euro per altre “spesucce” di carattere militare (supporto all’esercito afgano, alla polizia, e al personale militare della Croce Rossa Italiana che assiste le nostre truppe).
Alla cifra di 308 milioni di euro, vanno aggiunte poi le spese per l’invio in Afghanistan di altri 1.000 soldati, che avverrà dopo l’estate e che riguarderà quindi il rifinanziamento del secondo semestre 2010. Alla fine del 2010 così, l’intervento delle nostre forze armate alla guerra di occupazione in Afghanistan, costerà agli italiani oltre 600 milioni di euro. Finora, compreso il rifinanziamento per il primo trimestre 2010, la guerra in Afghanistan è costata quasi 2 miliardi e mezzo di euro: 70 milioni di euro nel 2002, 68 milioni nel 2003, 109 milioni nel 2004, 204 milioni nel 2005, 279 milioni nel 2006, 336 milioni nel 2007, 349 milioni nel 2008, 540 milioni nel 2009. Quanti altri miliardi dovranno ancora essere sottratti dalle tasche dei contribuenti prima che qualcuno dica basta a questa scellerata politica dell’invasione ai danni dei cosiddetti Paesi “nemici della democrazia”? Che fine hanno fatto quei “pacifinti” che durante gli anni ‘60-‘70 tappezzavano le piazze di bandiere rosse, calpestavano bandiere a stelle e strisce e urlavano slogan antiamericani? E soprattutto c’è da chiederci cosa sia rimasto dell’articolo 11 della nostra Costituzione che “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ormai è chiaro che la Costituzione italiana è solo quel pezzo di carta di cui i politici si riempiono la bocca (spesso senza neppure ricordare l’articolo 1, come dimostrano i servizi della trasmissione televisiva di Italia1, Le Yene) solo per decantarne lo sforzo di redazione del biennio post-bellico che ne vide i natali.