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Kosovo, da Madrid un soffio di libero arbitrio

di Ugo Gaudenzi - 24/02/2010


      
 
Il quintetto di Stati occidentali che, dopo la vergognosa guerra Nato del 1999 contro la Serbia, si è insediato sotto l’egida dell’Onu quale “forza di pace” nella provincia del Kosovo Metohjia strappandola ai serbi e “tutelando” l’auto-dichiarazione di indipendenza degli “skipetari” albanesi, ha un nuovo problema da risolvere. Cinque Stati dell’Unione europea - Grecia, Cipro, Slovacchia, Romania e Spagna - non ritengono affatto legittima la dichiarazione unilaterale di indipendenza albanese perché del tutto “in violazione del principio dell’integrità territoriale e della sovranità serba sulla sua propria provincia come sancito dalla risoluzione 1244 dell’Onu”. Queste le precise contestazioni di Concepción Escobar Hernández, delegata spagnola all’Aja.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia, di recente avevano inviato una dura nota al governo di Belgrado che dichiarava letteralmente: “di aver tollerato fino ad oggi l’aggressiva retorica della Serbia riguardo al Kosovo” e minacciando Belgrado di “astenersi da azioni avventurose” non appena la Corte di Giustizia dell’Aja avrà espresso il suo verdetto sulla “legalità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo”, dando per scontato tale “verdetto” per grazia divina. Tale aut-aut del “quintetto” di fatto rigettava la proposta serba di dedicare una speciale sessione dell’Onu alla questione della provincia storica serba rapinata con la violenza alla madre patria. E veniva subito preso a pretesto dal “governo” di Pristina per minacciare altre secessioni delle minoranze albanesi nel sud-ovest della Serbia.
La Spagna, dunque, e gli altri Paesi dell’Ue che non hanno ritenuta legale l’auto-dichiarazione di indipendenza albanese sostenuta dal quintetto occidentale, forti del prossimo insediamento di Madrid alla guida del semestre di governo dell’Ue, rigettano la secessione del Kosovo dalla Serbia, una nazione “che si vorrebbe punire ancora, a prescindere dalle proposte di dialogo e di negoziato avanzate in questi mesi da Belgrado”.
Un atto di libero arbitrio europeo, quello di Madrid, Atene, Bratislava, Bucarest e Nicosia, che rende difficile al “quintetto” minacciare ancora Belgrado. Tale “quintetto” peraltro, è consapevole che - per evitare il naufragio diplomatico-politico del loro sostegno unilaterale agli albanesi - è fondamentale evitare che la questione del Kosovo sia rimessa ad una delibera dell’Onu.
Sia perché la Russia - che all’Onu vale qualcosa... - ha stretto forti legami con la Serbia, diventandone partner “per la sicurezza nazionale” un eufemismo per giustificare l’insediamento,  nella provincia di Nis, di un organismo di controllo “sui diritti umani” forte di migliaia di unità di personale misto russo-serbo). E sia perché è evidente che una discussione sul caso Kosovo in sede Onu sarebbe destinata a censurare una secessione che viola i principii dell’integrità nazionale dei Paesi membri.
La stessa lady Katerine Ashton, “ministro” degli esteri dell’Ue, nei suoi colloqui a Belgrado alla fine della scorsa settimana, pur accennando al ruolo “cruciale” del Tribunale dell’Aja, non ha potuto far altro che ipotizzare una “prospettiva europea” sia per la Serbia che per il suo Kosovo, senza accennare all’indipendenza della provincia. Per poi ripetere le stesse algide parole a Pristina.
Un colpo al cerchio e uno alla botte. Come si conviene a un’Europa ostaggio della politica atlantica.