Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Palestina, la menzogna di ”una terra senza popolo”

Palestina, la menzogna di ”una terra senza popolo”

di Enea Baldi - 01/03/2010



      

La Palestina si trova sulle coste orientali del Mare Mediterraneo quello che veniva definito il Mare Nostrum. Comprende l’attuale Israele e Giordania occidentale. A nord confina con il Libano e a sud con la penisola del Sinai.
Terra di fiorenti città costiere, e di piccoli villaggi interni, la Palestina, fino al 1948, insieme al Libano e la Siria, era tra le regioni costiere più fiorenti del Vicino Oriente; malgrado lo slogan sionista: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”, che rappresenta quanto di più falso si sia mai potuto propagandare nel corso della storia.
La politica israeliana dall’inizio del secolo scorso, ha condotto una azione di immigrazione ebraica, soprattutto dal nord Europa, ripopolando, riedificando e rinominando ogni singolo toponimo delle 531 tra città e villaggi distrutti dal suo esercito, con il palese obiettivo di occultare qualsiasi testimonianza storica che potesse far risalire quelle terre alla civiltà araba di appartenenza. Un occultamento, quello da parte degli israeliani, ottenuto anche in maniera fattiva attraverso il rimboschimento delle macerie, inventando la leggenda che quelle, prima del loro arrivo, fossero aree di natura incontaminata.
Ma oltre alle abitazioni, alle scuole, ai luoghi di culto, ai ministeri, agli aeroporti… bisognava occultare anche la gente. E così ecco spiegato l’esilio forzato a cui è stato sottoposto il popolo palestinese, cacciati dalle loro case tra il 1947 e il ‘48, per fare posto alle comunità ebraiche importate dal nord Europa.
Per una tragica ironia del destino, i palestinesi hanno e stanno ancora subendo, la stessa esperienza vissuta e recriminata dagli ebrei: la “diaspora e il “genocidio”.
E in base a tale recriminazione in Occidente si è forgiato il “pensiero unico comune” che considera oggi l’ebreo come un “perseguitato”, a causa del condizionamento culturale subito fin dal secolo scorso. Gli ebrei, ovviamente i filo-sionisti, non sono affatto perseguitati, anzi... sono solo più intelligenti di quei non ebrei che continuano a difenderne il diritto di esistenza come Stato; e non perché conoscano le origini, i motivi delle rivendicazioni e la loro politica. L’europeo del XXI secolo è un uomo che, generalmente, per formazione culturale si fida e tende a difendere le rimostranze dei deboli, dei poveri, anche di quelli che i media gli propongono come tali. E un uomo che da un lato si commuove quel tanto da renderlo sensibile nei confronti dei bambini del Darfur e dall’altro si esalta per la “vittoria della democrazia sul terrorismo”, quando in diretta tv vede cadere la statua di Saddam Hussein in Iraq... L’uomo dal “pensiero unico comune” non può nemmeno essere considerato un ignorante, poiché è “informato” attraverso tg, giornali e adesso anche internet.
E’ malizioso quel tanto consentitogli dalla “neonata morale europea” ma sempre fedele a chi – lui sì malizioso – gli ha causato quel “malessere da stordimento mediatico” da condizionarlo nel giudizio critico e morale di ogni sua scelta materiale e anche ideologia. E i sionisti, a ben vedere, sono degli abili “condizionatori mediatici”. Questo è uno dei motivi per cui Israele è sempre uscita indenne da ogni accusa mossa dalla comunità internazionale: perché si è servita della giustizia civile e militare, quando ad essere sotto accusa erano entità non sioniste, quali terroristi islamici, stati canaglia... ed ha approfittato della giustizia mediatica, sempre pronta – per condizionamento - all’elogio del “vittimismo“, quando alla berlina invece c’era un giudice, un avvocato o giornalista non prezzolato, pronto a sporgere denunce nei suoi confronti.
Il presupposto di natura vittimistica che accompagna la storia degli ebrei sionisti, è stato determinante per portare avanti quel condizionamento mediatico di strategia globalizzante del dopoguerra che, da una parte bollò il nazismo e il fascismo come i “Mali Assoluti”, da aborrire sia sotto l’aspetto sociale che culturale, e dall’altra, garantì loro una patria come risarcimento dei danni subiti da questi ultimi durante il corso della Seconda Guerra Mondiale.
Le ricorrenti commemorazioni che l’Occidente ripropone annualmente attraverso i media, testimoniano la tesi secondo cui, per ottenere il pieno consenso delle strategie sioniste, sia estremamente necessario che rimanga accesa nella gente la fiamma del ricordo per la Shoah, che giustifichi di volta in volta, la “giusta causa” dell’operato di Israele, anche quando si tratta di crimini contro l’umanità.
 Se così non fosse, perché delle 72 Risoluzioni Onu comminate ad Israele per i crimini commessi contro i palestinesi, non ne è stata rispettata nemmeno una?
L’entità sionista, non ha radici mistiche, né intenti filantropici, né tanto meno la sua storia è prodiga di esempi di tolleranza e di pace; l’entità sionista è un sistema di potere che ha un enorme consenso popolare, insieme ad un’immensa fortuna economica auto-generantesi dalle speculazioni economiche internazionali degli istituti di credito di cui è proprietaria; un’entità così forte da corrompere chiunque e ovunque.
Il suo sistema di potere è univoco ed esclusivamente economico, culturalmente mirato al mantenimento del “pensiero unico”, con l’assoggettamento congiunto anche di arte e scienza.