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L'Italia è biologica (ma non lo sa)

di speciale Repubblica - 24/04/2006

UNO SPECIALE DI REPUBBLICA SUL BIOLOGICO

Il paradosso di un paese a due velocità, dove la realtà economica non diventa stile di vita. È arrivato il momento di farsi sistema e di acquisire una visibilità ampia.


Primi produttori in Europa e terzi nel mondo, ma consumatori modesti e svogliati.
 
Il cibo biologico, quello prodotto azzerando l´uso di pesticidi e moltiplicando gli effetti benefici degli alimenti, è un po´ il manifesto delle contraddizioni del nostro Paese.
Da una parte, rappresenta un fattore di successo dell´export e può legittimamente essere considerato un pezzo del made in Italy perché è un ritorno alla tradizione della cucina mediterranea, reinterpretata con un marketing attento alle esigenze delle società mature, consce di possedere le risorse necessarie a un continuo miglioramento della qualità della vita.
Dall´altra, è un prodotto che non sfonda sul mercato interno a causa di un elemento che caratterizza una crisi economica ben più ampia: la difficoltà di trasformare un modello culturale apprezzato in tutto il mondo in un ciclo produttivo vincente.
Nel campo del biologico occupiamo il primo posto in Europa e il terzo nel mondo come produttori, ma siamo consumatori modesti e svogliati.
Sforniamo zucchine d´eccellenza, mele doc, melanzane fantastiche ma le riserviamo soprattutto al mercato del Centro Europa lasciando che in Italia prevalga la diffidenza.
Questa contraddizione è legata alla nascita della nuova stagione del biologico, cioè il biologico non più come evoluzione scontata di millenni di agricoltura, ma come ritorno consapevole alla tradizione dopo l´ubriacatura da eccesso di chimica degli ultimi decenni del secolo scorso.

Nel momento del lancio di questi nuovi prodotti, i paesi europei ricchi e culturalmente avanzati si sono subito fatti avanti pagandoli cifre che hanno fatto da calamita per le nostre produzioni.
Mentre il mercato interno, a lungo privo di un coordinamento efficace in materia di promozione, controllo dei prezzi, capacità di distribuzione, non è stato in grado di allinearsi all´offerta che veniva da Germania o Gran Bretagna.

Il biologico rappresenta dunque una voce in espansione (costituisce il 7 per cento delle nostre entrate agricole) ma ancora oggi dispone di una domanda interna modesta (80 euro di spesa media annuale per famiglia).
Un trend che non è stato realmente scosso neppure dalla speranza che si era accesa negli anni Novanta, con la conversione della grande distribuzione.
Alle Coop, ad esempio, ricordano che nei loro supermercati il biologico è in crescita da un decennio, ha resistito alla crisi economica dello scorso anno (che ha raddoppiato la resistenza a pagare di più per avere un prodotto biologico) e conta ormai su 300 etichette.

Ma secondo Andrea Ferrante, presidente dell´Aiab, l´Associazione italiana per l´agricoltura biologica, il pressing della grande distribuzione da una parte ha effettivamente creato una nuova quota di mercato, ma dall´altra ha spersonalizzato il biologico: «Per rilanciare veramente il settore, e per fronteggiare la spinta di una concorrenza forte che viene dal bacino del Mediterraneo, da paesi come Egitto e Marocco, per non parlare della Spagna, occorre tornare al territorio sostenendo i marchi delle migliori aziende produttive più che quelli della distribuzione. In questa situazione le due strade più promettenti sono la cosiddetta catena corta, cioè l´organizzazione degli acquisti diretti in azienda, e il rilancio delle mense scolastiche che sono arrivate a vendere un milione di pasti al giorno».

«Il successo del biologico nelle mense scolastiche, sia pure con qualche discontinuità visto che a Roma è la regola e a Milano l´eccezione, rappresenta un elemento di grande speranza, è il successo di una battaglia su cui abbiamo concentrato le nostre energie», aggiunge il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio.
«Gli alimenti che concentrano la forza della natura ed evitano le insidie della chimica costituiscono ormai una quota crescente e significativa del mercato agricolo italiano e vanno rilanciati come garanzia di qualità della tavola e di protezione dei consumatori. Anche perché l´offensiva della cattiva alimentazione, delle merendine usate come tranquillante pronto uso per tacitare i capricci dei figli, sta facendo crescere in modo allarmante la percentuale dei bambini italiani obesi. Bisogna ripartire da qui: dall´educazione dei consumatori».

E dunque dal passaggio dalla nicchia al mare magnum del mercato.
Come ricorda Valentino Mercati, il fondatore di Aboca, un´azienda biologica specializzata nel campo delle erbe, per il settore è arrivato il momento di superare la fase dell´adolescenza: «Vivere in una nicchia può essere utile nella fase di partenza, poi diventa asfittico. Oggi il biologico ha la possibilità di farsi sistema, di acquisire una visibilità ampia: è un´occasione da non perdere».


LE GARANZIE 

Controlli, ispezioni e certificati la lunga strada per ricevere il marchio

Una giornata con il tecnico controllore.
Per conoscere da vicino tutti quei passaggi a cui un´azienda viene sottoposta per garantire la bontà dei suoi prodotti biologici.
È la risposta alla sempre più frequente domanda di sicurezza che, in occasione della PrimaveraBio, le aziende danno ai consumatori.
Una giornata, dunque, da mattina a sera, per toccare con mano l´attività che il "tecnico controllore" svolge.
Ma chi è questo tecnico controllore?
In poche parole, è colui che va fisicamente sul campo a ispezionare le coltivazioni per accertarsi che queste siano davvero biologiche come vengono dichiarate dall´azienda.
«Esistono due tipi di ispezioni - spiega Nino Paparella, presidente di Icea, l´Istituto di certificazione etica e ambientale - ci sono quelle preannunciate, di concerto con l´azienda, e quelle che invece avvengono a sorpresa. In ogni modo, per ricevere il marchio di certificazione, un´azienda deve innanzitutto presentare una richiesta all´organismo di controllo: in Italia ce ne sono 19 e uno di questi è Icea. Dopo aver valutato la completezza delle informazioni contenute nella richiesta (ad esempio, dove sono localizzate le aziende, che tipo di colture vengono praticate), avviene la verifica sul campo. Per vedere se dove viene dichiarato un uliveto, questo esiste davvero».
È qui allora che entra in gioco il nostro tecnico controllore che ha il compito di raccogliere dei campioni da sottoporre poi ad analisi chimiche.
Quindi la palla passa a una commissione di certificazione, composta da rappresentanti di produttori, consumatori e mondo tecnico-scientifico che decide se l´azienda merita o no di ricevere il marchio biologico. Ma non finisce qui.
Perché prima di commercializzare un prodotto come biologico passano come minimo due o tre anni.
Durante i quali sul prodotto deve essere scritto che questo è "in conversione all´agricoltura biologica".
«E comunque il consumatore ha sempre la possibilità di verificare se il prodotto è veramente biologico: basta infatti chiamare l´organismo di controllo indicato sull´etichetta di ciascun prodotto e comunicargli il codice che compare sulla stessa etichetta. Se questo corrisponde a quello rilasciato dall´organismo di controllo ogni ulteriore dubbio viene dissipato».


E LA RICERCA SI ALLEA ALLA TECNOLOGIA VERDE

La sfida del biologico: battere l´agricoltura tradizionale sul terreno della ricerca e della tecnologia.
Affidarsi alla scienza e all´innovazione per risolvere i problemi inerenti ai prodotti bio: rese ridotte e maggiore deperibilità.
Superare il concetto di agricoltura tutta zappa e innaffiatoio e innervare il concetto di "natura al cento per cento" con gli aspetti più avanzati delle scienze agrarie: uso degli insetti o dei microrganismi buoni contro quelli nocivi, rotazione delle colture, utilizzo razionale dei fertilizzanti, risparmio dell´acqua e scelta di tecniche di conservazione non nocive alla salute.
«Solo qualche anno fa - spiega Vincenzo Vizioli, presidente del comitato promotore della fondazione per la ricerca dell´Aiab (Associazione italiana per l´agricoltura biologica) - i fautori dell´agricoltura biologica erano considerati un po´ come degli obiettori di coscienza. Oggi anche la scienza si preoccupa di affinarne tecniche e metodi, e più andiamo avanti più ci accorgiamo che c´è un bisogno estremo di ricerca».

L´Italia, terzo produttore al mondo di frutta, ortaggi e cereali biologici, è sul podio anche per quanto riguarda ricerca, sperimentazione e innovazione.
Ecco alcuni fra gli esempi più significativi: a Pozzuoli l´Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri sta sperimentando un nuovo metodo di fertilizzazione del suolo, che utilizza capsule biodegradabili che rilasciano il fertilizzante in maniera graduale, garantendo un livello di nutrimento costante nel tempo.
Un fungo mescolato a melasse naturali sta contribuendo in Grecia a sconfiggere la mosca olearia.
Cosparso su 1.700 ettari di olivi sull´isola di Citera si è mostrato un degno sostituto dei pesticidi a base di fosforo.
Un altro fungo, hanno dimostrato gli agronomi dell´università di Neuchatel e del politecnico di Zurigo, è in grado di neutralizzare due malattie della vite molto diffuse: il mal dell´esca e l´eutipiosi.
Ma di biologico in agricoltura non esistono solo concimazione e lotta ai parassiti tramite funghi, altri microrganismi o insetti utili.
Anche la conservazione dei prodotti è un passo da curare con particolare attenzione, per far arrivare al consumatore frutta e ortaggi che per loro natura deperiscono più rapidamente rispetto a quelli trattati chimicamente.

«Per le vaschette per i prodotti da consumare freschi - spiega Sebastiano Vanadìa, ricercatore dell´Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Consiglio nazionale per le ricerche - sperimentiamo delle pellicole cosiddette "intelligenti", che fanno respirare il vegetale ma evitano un eccesso di ossigeno che accelererebbe l´ossidazione. Si tratta di polimeri di derivazione industriale, tutti ancora a livello sperimentale. Il costo per il momento è elevato, certo, ma si tratta di un settore di mercato in via di sviluppo. Questo porterà probabilmente a un aggiustamento dei prezzi».

Insalata pronta per il consumo o spicchi di arancia: oltre alla pellicola anche il materiale della vaschetta ha il suo compito.
«Alcuni materiali dalla struttura spugnosa assorbono etilene» spiega Roberto Balducchi, responsabile della sezione Sviluppo sostenibile del sistema agroindustriale dell´Enea. Questa sostanza viene sprigionata dai prodotti in decomposizione, e a sua volta accelera il processo di deperimento. Usando vaschette che assorbono etilene, pellicole intelligenti o prodotti naturali che rallentano l´ossidazione come l´acido citrico, possiamo aumentare la vita dei prodotti biologici anche del 20 per cento. In pratica, due o tre giorni più del normale».

Il controllo della qualità dei prodotti biologici è un altro dei settori che più beneficiano della tecnologia.
La Sacmi, azienda di Imola, ha realizzato in collaborazione con l´Enea e l´azienda siciliana Oranfrizer un "naso elettronico" capace di valutare l´aroma del succo d´arancia e annusare eventuali fitofarmaci intrusi.
«Un altro apparecchio - spiega Balducchi - sfrutta i raggi infrarossi per osservare l´interno delle arance senza bisogno di aprirle. Siamo in grado di misurare il valore di antociani presenti, sostanze antiossidanti che rendono preziosi e salutari questi frutti, in particolare le arance rosse».

Dei pro e contro complessivi dell´agricoltura biologica si è interessata anche l´università di Stanford, che lo scorso 7 marzo ha pubblicato un articolo sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences.
I frutteti biologici, è la conclusione dello studio americano, hanno un impatto ambientale pari a un quinto rispetto alle coltivazioni tradizionali.
«L´aumento della produzione agricola degli ultimi 60 anni - scrive nell´articolo Sasha Kramer, ricercatrice dell´università di Stanford - e l´aumento dei fertilizzanti a base di azoto hanno provocato un notevole inquinamento. Il problema è ancor più grave se si pensa che l´uso dei concimi azotati raddoppierà o triplicherà entro il 2050».

L´esperimento di Stanford è stato condotto su una piantagione di meli grande due ettari nella provincia di Washington.
Una frazione del frutteto è stata concimata con prodotti chimici, l´altra con letame proveniente dagli allevamenti di polli.
La resa ovviamente è stata molto più abbondante nel primo caso, ma la penetrazione di inquinanti nel terreno e da qui verso le falde acquifere è risultata cinque volte maggiore.
Harold Mooney, professore di biologia ambientale di Stanford, aggiunge: «I composti azotati possono penetrare nelle falde acquifere e produrre effetti nocivi a grande distanza dai campi coltivati. Il nostro studio dimostra che l´uso di fertilizzanti organici gioca un ruolo importante nel ridurre questi effetti deleteri per l´ambiente».


GRANDI IDEE PER GOURMET 

Dalla macedonia di verdure ai formaggi di malga gli chef privilegiano i prodotti naturali    

Biologico uguale sano. Lo diamo per scontato.
Malgrado le riserve su efficacia dei controlli e correttezza di filiera, difficile equiparare un prodotto convenzionale, con la sua gravosa scia di tracce chimiche, a uno bio.
La domanda è un´altra: oltre che sano, il biologico è anche buono?
Storcono il naso quelli che fanno la spesa in base all´American way of food: fragole grandi come pacchetti di sigarette, mele lucide e perfette, polli da cuocere in un batter d´occhio, insalate capaci di durare per settimane nel cassettone del frigo.
Al contrario, tutti i più grandi chef del mondo - dalla Francia alla Spagna, passando per Stati Uniti e Germania - privilegiano le materie prime bio.
E dove non arrivano i prodotti certificati, la scelta cade su orti curati come giardini preziosi e allevatori che chiamano le loro mucche per nome.
Qualche esempio?
Ferran Adrià ha inventato uno strepitoso bacon caramellato con pinoli, ispirandosi a quelli raccolti dai ragazzi della brigata nella pineta di fianco al Bulli.
Ricetta preparata rigorosamente solo nei pochi giorni in cui tenerezza e naturalità permettono l´utilizzo del seme freschissimo.
Michel Bras, tre stelle Michelin sull´altopiano dell´Aubrac, vanta un fantastico orto superbiologico di cui si occupa personalmente, conditio sine qua non per il suo piatto-culto, il "gargouillou de jeunes légumes", una sorta di meravigliosa macedonia di verdure.
In Italia, Gennaro Esposito utilizza solo le verdure coltivate da papà Salvatore, Fulvio Pierangelini ha demandato al figlio Fulvietto l´allevamento di maiali di cinta senese che si nutrono di ghiande e castagne del piccolo bosco di proprietà, Walter Eynard conosce tutti i migliori malgari del pinerolese da cui acquista ricotte e formaggi in diretta dai pascoli.
Pietro Lehman, deus ex machina della cucina vegetariana, non ha dubbi: «Insieme agli insetti, la chimica uccide l´energia vitale delle piante».
Basta assaggiare uno dei suoi piatti pieni di colore&sapore per dargli ragione. (Licia Granello)


L'APPUNTAMENTO

Le aziende aprono le porte alle famiglie    

Conoscere l´origine dei prodotti alimentari. Imparare quali sono le piante e gli animali della fattoria.
Oppure vedere da vicino il lavoro dell´agricoltore e riscoprire i valori del mondo rurale.
Per ricucire lo strappo che da sempre esiste tra città e campagna.
Da oggi al 7 maggio centinaia di aziende e fattorie biologiche in tutta Italia spalancano le porte ai visitatori per mostrare a tutti la vita di campagna.
Ritorna per il quinto anno PrimaveraBio, la manifestazione promossa da Aiab (Associazione Italiana per l´Agricoltura Biologica), in collaborazione con Arci, Legambiente, Federparchi. Dal Piemonte alla Sicilia, dal Friuli Venezia Giulia alla Calabria la voglia di ruralità invade allora l´Italia e consente di visitare le fattorie attraverso percorsi di educazione agro-ambientale e visite guidate agli allevamenti.
Ma non solo.
Perché è possibile apprezzare i frutti della campagna con laboratori del gusto e degustazioni di prodotti biologici e di gastronomia locale.
Oppure prendere parte alle attività che di solito si svolgono nelle fattorie, come la mungitura delle mucche, la produzione del vino, il trapianto degli ortaggi, la cura degli animali.
Perchè il contatto con la natura non si può risolvere solo in una scampagnata fuori porta, con l´acquisto di qualche prodotto tipico o, al massimo, con un pasto in un agriturismo.


"BIOLOGICI"  FAMOSI

Anche Nicoletta Braschi si è convertita al biologico:l´attrice gestisce in maniera totalmente naturale la terra di proprietà in Romagna

Francesco De Gregori: il cantautore produce olio biologico nella sua piccola azienda Le Palombe a Sant´Angelo di Spello nel perugino: il suo olio ha vinto anche un premio

Paul Newman: Decano dei vegetariani di Hollywood, dal 1993 l´attore è proprietario di un´azienda di prodotti alimentari naturali: la Newman´s Own Organic

Amanda Sandrelli: Testimonial di iniziative a favore del commercio equo e solidale come la campagna "Fai la spesa giusta" consuma prodotti biologici 



Repubblica, 22 aprile 2006