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La Corte Suprema USA e i costi della politica*

di Ralph Nader - 29/04/2010



Una decisione 5-4 di ieri della Corte Suprema USA in Citizens United contro Election Commission ha stracciato la struttura della nostra democrazia già debole permettendo alle corporations di dominare in modo più completo il nostro processo elettorale corrotto.
E’ oltraggioso che le corporations già tentino di influenzare o di corrompere i nostri candidati politici attraverso i loro comitati d’azione politica (PACs), i quali sollecitano i dipendenti egli azionisti a fare donazioni.
Con tale decisione, le corporations possono versare ora direttamente grandi somme di denaro aziendale, con spese indipendenti, nella palude elettorale già inondata dai dollari di sostegno della campagna del PAC aziendale.
Senza l’approvazione dei loro azionisti, le corporations possono premiare o intimidire la gente che corre per la rappresentanza a livello locale, statale e nazionale.
Molte delle 183 pagine della sentenza chiedono ai lettori di entrare in un mondo di fantasia e di seguire la logica contorta del Giudice Kennedy, che scrisse la sentenza della Corte con il giudice capo Roberts e i giudici Scalia, Alito e Thomas.
Immaginate la maggioranza che dice “il Governo non può reprimere un discorso politico sulla base dell’identità aziendale dell’oratore.”
Forse il Giudice Kennedy non ha sentito che il settore finanziario investì oltre $5 miliardi per acquisire influenza politica a Washington nel decennio scorso, con 3.000 lobbisti che ottennero la deregulation e altre decisioni politiche che condussero direttamente all’attuale collasso finanziario, secondo le 231-pagine del rapporto titolato: “Sold Out: How Wall Street and Washington Betrayed America” (vedi: WallStreetWatch.org).
Il Center for Responsive Politics riferisce che lo scorso anno la Chamber of Commerce USA spese $144 milioni per influenzare il Congresso e i parlamenti statali.
Il Center ha riferito anche le grandi spese lobbiste del Pharmaceutical Research and Manfacturers of America (PhRMA) che spesero $26 milioni nel 2009.
Anche imprese farmaceutiche come Pfizer, Amgen ed Eli Lilly versarono decine di milioni di dollari nel lobbismo federale nel 2009.
Pure il gruppo d’affari della tutela sanitaria, l’America’s Health Insurance Plans (AHIP) spese vari milioni in lobbismo al Congresso.
Non stupisce che il sistema del Single Payer health – sostenuto dalla maggioranza del paese, dottori e sanitari – non si muova al Congresso.
Anche imprese energetiche come ExxonMobil e Chevron sono grandi spendaccione.
Non stupisce che noi abbiamo una politica energetica nazionale che è per il combustibile fossile e fa poco per sostenere l’energia rinnovabile (Vedi OpenSecrets.Org).
Non stupisce che abbiamo il miglior Congresso che il denaro possa comprare.
Penso che il Giudice Kennedy ritenga che le corporations che sommergono i membri del Congresso con i contributi elettorali vogliano avere maggiore influenza nell’arena elettorale.
Lo spendere milioni per influenzare il Congresso e il dare aiuti PAC ingenti forse non basta alla maggioranza della Corte Suprema.
Il precetto dei cinque giudici attivisti è stato troppo perfino per il Senatore Repubblicano John McCain, il quale ha commentato che era turbato dalla loro “estrema ingenuità”.
C’è una luce di speranza e un tocco di realismo nella decisione di ieri della Corte Suprema.
Sfortunatamente essi sono nelle 90 pagine di potente dissenso sul caso del Giudice Stevens unito ai Giudici Ginsburg, Breyer e Sotomayor.
Il Giudice Stevens conosce il potere delle corporations nella nostra economia politica.
Il Giudice Stevens trova “assurdo pensare che il Primo Emendamento proibisca ai parlamenti di registrare l’identità aziendale di uno sponsor di appoggio elettorale:”
Egli dice chiaro che: “l’ordine della Corte minaccia di minare l’integrità delle istituzioni elette di tutta la Nazione”.
Lui nota che le Basi della nostra Costituzione “hanno confuso un po’ la distinzione tra corporations ed esseri umani; e quando approvarono la libertà di parola nel Primo Emendamento, era il libero discorso degli Americani che avevano in mente”.
Ha ragione, le parole “corporation” o “company” non sono nella nostra Costituzione.
Il giudice Stevens conclude il suo dissenso così:
“In fondo, l’opinione della Corte è un rifiuto del senso comune degli americani che riconobbero una necessità di prevenire le corporations se minassero l’auto governo sin dalla fondazione e che lottarono contro il potenziale corruttivo caratteristico della propaganda elettorale aziendale fin dai tempi di T. Roosevelt. E’ uno strano momento per ripudiare tal senso comune. Dato che la democrazia USA è imperfetta, pochi fuori dalla maggioranza di questa Corte avrebbero pensato alle sue crepe includendo una penuria di denaro aziendale nelle politiche.”
In realtà, tale decisione a maggioranza, aziendale e contro l’elettore è così estrema da galvanizzare uno sforzo di base per emendare la costituzione con semplicità e una volta per tutte terminando il personalismo aziendale e ridurre l’impatto corrosivo del denaro sulle politiche.
E’ il momento di prevenire la contribuzione elettorale aziendale per non commercializzare le nostre elezioni e non affogare le voci e i valori dei cittadini e degli elettori.
Non perdiamo l’occasione di rovesciare “Re Corporation” e ristabilire la sovranità di “Noi la gente!”
Ricordate quelle corporations, salvate dallo stato, sono i nostri servi, non i nostri padroni.
La legge sostenuta dal Senatore Richard Durbin (D-IL) e dal Rappresentante John Larson (D-CT) incoraggerebbe piccole donazioni di dollari senza limiti per gli individui e aiuterebbe i candidati con fondi pubblici in cambio del rifiuto dei contributi aziendali o di quelli privati superiori ai 100 dollari.
E’ anche l’ora delle risoluzioni dell’azionista, impresa per impresa, per dirigere i consigli di amministrazione aziendali per controllare e non usare il denaro dell’impresa direttamente a favore o contro i candidati alle elezioni.
Se voi volete unirvi agli sforzi per bloccare le concessioni aziendali che la Corte Suprema fece ieri, visitate Citizen.Org e freespechforpeople.org.
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*Il titolo è una nostra scelta, l'originale diffuso il 22/01/2010 ne era privo
Tradotto da F. Allegri