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Iraq, Washington conferma il calendario per il ritiro delle truppe

di Ornella Sangiovanni - 28/05/2010





Lasceremo l’Iraq secondo il calendario previsto: il vice presidente Usa Joe Biden assicura che i piani di Washington, secondo i quali dal 1 settembre nel Paese resteranno solo 50.000 soldati americani, non cambiano – e non cambieranno, anche se per quella data a Baghdad non dovesse esserci ancora un governo.

Biden parla al Washington Post, e dal suo ufficio dell’ala ovest della Casa Bianca dice che “sarà doloroso, ci saranno alti e bassi” – ma alla fine “riusciremo a mantenere il nostro impegno”.

L’impegno è quello preso dal presidente Barack Obama: nell’accordo “di sicurezza” firmato fra Iraq e Stati Uniti a fine 2008, dall’amministrazione Bush, la data del 31 agosto 2010 non c’è – si parla solo del 30 giugno 2009, per il ritiro dei soldati Usa a tutti i centri abitati iracheni (già fatto) e poi del 31 dicembre 2011, il ritiro totale.

E’ Obama che, arrivato alla Casa Bianca, ha promesso di ritirare entro fine agosto 2010 tutte le “truppe da combattimento”, lasciando solo una “forza residua” di 50.000 uomini – che se ne andranno tutti entro il 2011.

I ripensamenti dei militari

A Washington, da un po’ di tempo circolano voci su possibili ripensamenti – non di Obama, ma dei militari, preoccupati per la situazione di vuoto che si è venuta a creare, dopo le elezioni irachene per il rinnovo del Parlamento del 7 marzo scorso, che ancora non hanno prodotto un governo. Ci sarebbero rischi che la situazione possa andare fuori controllo, con un riesplodere della violenza e forze una guerra civile.

Dubbi regolarmente rilanciati da “esperti” vari  e think-tank.

Obama sembra tenere duro. In un discorso all’Accademia Militare di West Point di pochi giorni fa, il presidente Usa ha sottolineato la “forte” componente civile: i diplomatici americani che resteranno in Iraq, a dimostrazione che l’impegno di Washington verso il Paese continua, per “aiutare gli iracheni nel progresso economico e politico”.

Il "successo" visto da Obama

E ha ribadito la sua definizione di successo: “Un Iraq che non offra rifugio ai terroristi; un Iraq democratico che sia sovrano, stabile, e autosufficiente”. Lo stesso giorno in cui, per la prima volta dall’invasione del marzo 2003, il numero dei militari statunitensi in Afghanistan superava quello in Iraq – dove ne sono rimasti 92.000, che dovrebbero ridursi a 50.000 entro fine agosto. Nel 2007, all’epoca della cosiddetta “surge” [la strategia irachena dell’allora presidente Usa George W. Bush NdR], si era arrivati a 170.000.

E’ al suo vice Biden che Obama ha affidato la gestione del dossier iracheno - per il quale, a detta di molti a Washington, la sua amministrazione non si starebbe impegnando granché. E’ Biden che tutti i mesi tiene una riunione in cui si valutano gli sviluppi a Baghdad, sul modello di quelle che Obama fa sull’Afghanistan – il Paese sul quale sono stati indubbiamente spostati interesse e risorse.

Biden ottimista: hanno tanto petrolio


Dal canto suo, il vice presidente Usa ostenta ottimismo (e lo stesso fa l’ambasciatore a Baghdad, Christopher Hill, che è dato in partenza a breve), e sostiene che oggi tutti i partiti iracheni partecipano al processo politico – dunque la situazione è migliorata.

E sottolinea che “il collante che tiene insieme il Paese è il petrolio”. “C’è un sacco di petrolio” – dice – “si tratta di una promessa reale, c’è moltissimo gas, dappertutto nel Paese. Tutti si immaginano che ottenere una parte legittima di una torta molto più grossa sia dopotutto un buon affare".

Sempre nell’ottimismo, Biden si dice sicuro che i leader iracheni si metteranno d’accordo su un governo prima di fine agosto, e – in ogni caso – il governo in carica sta funzionando bene. Chi prevede un’escalation della violenza e cataclismi vari si sbaglia – dice. E’ già successo altre volte.

Il vice di Obama smentisce le notizie – più volte circolate negli ultimi mesi – secondo le quali il comandante delle forze Usa in Iraq, Generale Raymond Odierno (anche lui con le valigie pronte), avrebbe chiesto di fare slittare il calendario previsto per il ritiro delle truppe.

Del resto, anche il Segretario alla Difesa, Robert Gates, ha detto ai giornalisti che le sue previsioni sono “che arriveremo a 50.000 [uomini] al 1 settembre".

“Per inciso, 50.000 soldati sono molti” – è il commento di Biden.

Fonte: Washington Post