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Noi mangiamo quello che siamo

di Elena Loewenthal - 03/06/2010

    
 

 
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno evidenziato l’importanza della storia del cibo per la comprensione delle civiltà del passato e del mondo contemporaneo.
Diversi lavori storiografici sulla storia dell’alimentazione sottolineano come il cibo abbia rivestito una molteplicità di significati in tutte le epoche della storia: al centro sia degli eventi politici ed economici sia degli aspetti sociali e di vita quotidiana. Analizzare il modo in cui la produzione e il consumo degli alimenti si è evoluto nel corso del tempo significa dunque mettere in luce la relazione tra evoluzioni economiche e demografiche da un lato e cambiamenti sociali e culturali dall’altro.


Siamo quello che mangiamo, dice un vecchio adagio indiano. Ma è altrettanto vero che «mangiamo quello che siamo» – benché non nel senso ristretto di un cannibalismo che pure, come ci racconta Fernandez Armesto in Storia del Cibo, nella storia dell’umanità non è relegato a sporadici e terribili episodi, ma ha un suo filone «culturale». «Mangiamo quello che siamo» significa che il cibo non è solo un fatto di sussistenza puramente materiale, ma definisce e racconta le civiltà di cui fa parte. In larga misura il cibo fa la storia. Accende guerre, sposta popoli, detta geografie. Tanto da rendere possibile Una storia commestibile dell’umanità, scritta da Tom Standage: «Lungo i secoli, il cibo ha fatto ben di più che nutrire: è stato un catalizzatore della trasformazione sociale, dell’organizzazione della società, della competizione geopolitica, dello sviluppo industriale, del conflitto militare e dell’espansione economica. Dalla preistoria ai giorni nostri, le storie di queste trasformazioni formano un affresco che racchiude tutta la storia umana». L’autore parte dall’invenzione dell’agricoltura, passa per le scoperte dei nuovi mondi e di tutto ciò che hanno portato in Occidente in termini alimentari, e arriva ai «paradossi dell’abbondanza». Un tema, quest’ultimo, davvero scottante. Basti guardare a quanto «importa» il cibo, oggi come oggi. Tutti ne parlano, leggono, mangiano, ambiscono a una particolare ricercatezza in questo campo. La cucina non è mai stata così trendy come in questi tempi. Chissà se questa moda del mangiare, cucinare e parlar di cibo è la conseguenza del benessere o della crisi, se è un indice di ricchezza o di moderazione. Molto probabilmente, tutte e due le cose: il cibo è popolare ma è anche un modo per declinare il lusso. È dimensione naturale, ci riporta all’evidenza che in quanto animali siamo anche noi parte dell’ambiente. Ma diventa facilmente una corsa sfrenata alla sofisticheria, al manierismo. […] Safran Foer ha studiato i modelli di allevamenti di massa. E soprattutto è andato a vederli, sia apertamente sia di nascosto. Perché sono luoghi in un certo senso scabrosi, cui cerchiamo di non pensare di fronte a una succulenta bistecca, a un tacchino che esce fumante dal forno, a un soave prosciutto stagionato. Infatti, per rendere tutto questo e tanto altro di dominio comune e a un prezzo abbordabile, la società contemporanea s’è dovuta inventare gli allevamenti intensivi: qui gli animali vivono in funzione della propria morte, cioè quel tanto che basta perché diventino carne da tavola più in fretta (e più economicamente) possibile. È un discorso brutale, così come a volte è brutale l’effetto di questo libro, che ti precipita in una serie di inferni, senza risparmio di particolari raccapriccianti. Ma Safran Foer è uno scrittore di grande talento. È, prima ancora, un animo profondo che non si tira indietro ma non cade mai nemmeno nel retorico, nello scontato. La sua scelta vegetariana è originale, senza apologie di sorta, senza tentare neanche di lontano il proselitismo. È un percorso sofferto e generoso, che non riguarda solo il nostro modo di mangiare – carne e altro – quanto il nostro modo di essere e dirci «civiltà».

Felipe Fernandez-Armesto, Storia del cibo, Bruno Mondadori, pp. 308, € 28.
Tom Standage, Una storia commestibile dell’umanità, pp. X - 241, € 24.
Jonathan Safran Foer, Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?, Guanda, pp. 363, € 18.