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Iraq, Le tribù del sud contro le compagnie petrolifere straniere

di Ornella Sangiovanni - 08/06/2010





Questa proprio non se l’aspettavano. Le compagnie petrolifere internazionali che sono riuscite ad aggiudicarsi i contratti per sfruttare i giacimenti del sud dell’Iraq devono fare i conti con le tribù locali – che le stanno taglieggiando, con richieste di ingenti somme di denaro. Se volete lavorare, pagate - altrimenti sono guai, è il messaggio esplicito.

Una situazione che è peggiorata di recente, riferisce la stampa araba, spiegando che le tribù chiedono soldi – e tanti - come risarcimento per l’utilizzo di terreni di loro proprietà, anche quando non ne avrebbero ufficialmente titolo.

Un fenomeno che non è limitato ai progetti petroliferi, scrive [in arabo] il quotidiano arabo al Sharq al Awsat, ma riguarda i progetti di sviluppo e gli investimenti in genere – che si scontrano tutti con l’opposizione delle tribù locali.

Un livello pericoloso

“Non c’è progetto che non veda resistenze da parte delle tribù”, dice al giornale Abdul Hussein Hadi, assistente tecnico del presidente del Consiglio Provinciale di Dhi Qar – provincia del sud dell’Iraq dove il problema sembra essere particolarmente serio.

Sottolineando che “le cose hanno raggiunto un livello pericoloso, che minaccia la ricostruzione e gli investimenti”, il funzionario riferisce che sono parecchie le società che preferiscono pagare, sistemando la questione direttamente con le tribù, senza ricorrere ad azioni legali – e questo per evitare ulteriori problemi.

Problemi che arrivano anche via Internet: per quanto sembri incredibile, alcuni capi tribù invierebbero minacce alle società straniere che vogliono lavorare nelle loro zone attraverso messaggi di posta elettronica.

La motivazione è sempre la stessa: rivendicazioni di proprietà dei terreni sui quali i progetti (petroliferi e non) devono essere realizzati, con conseguente richiesta di indennizzo.

Petronas e Japex nel mirino

Fra le compagnie petrolifere che hanno vinto le recenti gare d’appalto indette dal ministero del Petrolio di Baghdad, starebbero già passando dei guai la malese Petronas e la giapponese Japex – che unite in un consorzio si sono aggiudicate il contratto per Gharraf, un giacimento situato a nord di Nassiriya, che di Dhi Qar è la capitale.

Stando a quanto riferisce Na’ama al Zamli, presidente della Commissione Economia e finanze del Consiglio Provinciale, le due compagnie avrebbero ricevuto minacce via e-mail da alcune tribù locali, che sostengono che il giacimento si estende fino a toccare territori agricoli di loro proprietà alla periferia di Nassiriya. Da cui: pagate, o vi impediremo di lavorare.

Hadi, l’assistente tecnico del presidente del Consiglio Provinciale, spiega al quotidiano arabo al Hayat che il problema più grosso è nelle zone rurali – dove le tribù hanno messo le mani sulla maggior parte dei terreni (agricoli e non), nonostante questi ufficialmente non gli appartengano.

Qualunque progetto – inclusi quelli governativi di pubblica utilità – si trova a fare i conti con vere e proprie estorsioni.

A rischio la ripresa economica

I rischi per l’economia locale sono evidenti, dice Hilal al Sahlani, presidente della Commissione organizzazioni della società civile, sottolineando che la provincia soffre di un aumento del tasso di disoccupazione (già molto elevato in Iraq a livello nazionale) – problema che si sperava venisse risolto in parte attraverso gli investimenti stranieri.

E invece adesso “alcune società sono riluttanti a dare inizio all’esecuzione dei progetti dopo le minacce che hanno ricevuto dalle tribù”.

Zamli annuncia che il Consiglio Provinciale di Dhi Qar ha deciso di convocare una “conferenza allargata delle tribù della provincia” per trovare soluzioni appropriate a questo problema, che rischia di ripercuotersi in modo negativo sugli investimenti e la rinascita economica della zona, facendo fuggire i capitali.

La soluzione di Bassora

Una possibile soluzione potrebbe arrivare da quanto sperimentato – apparentemente con successo - a Bassora, dove l’opposizione delle tribù locali ai progetti sarebbe stata superata assumendo manodopera disoccupata fra gli appartenenti alle stesse tribù da parte delle società incaricate di eseguirli. Da cui, niente più taglieggiamenti a mo’ di compensazione.

Funziona? Pare di sì. “Sono oltre due anni che nessuna società subisce fastidi o minacce” a Bassora, dice una fonte locale.

Fonti: al Sharq al Awsat, al Hayat