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Nucleare: le Regioni perdono

di Alessandro Iacuelli - 29/06/2010



La Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. A impugnare la legge n. 99 del 2009, che ha conferito al governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia, sono state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise. Le Regioni avevano fatto presenti numerosi profili d’illegittimità.

Infatti, al governo sono state contestate l'assenza di intesa e raccordo con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali, i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell'esecutivo centrale in caso di mancato accordo, la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione, sotto controllo militare, la procedura che prevede una autorizzazione unica, a livello nazionale, sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe.

I giudici della Consulta, dopo aver ascoltato in udienza pubblica gli avvocati delle Regioni e l'avvocato generale dello Stato per conto del governo, hanno affrontato la questione in camera di consiglio. Al momento non sono state ancora pubblicate le motivazioni della sentenza, e solo allora si comprenderà quali siano le competenze che la Consulta ha ritenuto prevalenti nel settore del nucleare. Nel frattempo, c'è già chi gioca al "toto-motivazioni"; infatti la tutela dell'ambiente e della salute sono di competenza statale, ma c'è la necessità di confrontarsi con le competenze regionali, spesso in concorrenza con quelle del governo centrale, in materia di energia e di governo del territorio.

Dopo il rigetto da parte della Corte Costituzionale dei ricorsi sollevati da dieci Regioni, secondo il Governo cade anche l'ultimo ostacolo di rilievo per il ripristino dell'atomo in Italia. In realtà ci sarebbe da notare - ma le fonti governative fanno molta attenzione a non tirare in ballo l'argomento - che appena pochi giorni prima la stessa Corte Costituzionale ha pronunciato una sentenza sfavorevole alla strategia dello Stato, bocciando l’articolo 4 della legge 102 del 3 agosto scorso, nata ufficialmente per rilanciare l’economia italiana e che, in realtà, contiene al suo interno l’imposizione del nucleare, da attuare con procedure straordinarie e urgenti.

Il nocciolo della questione, secondo la Corte, sta proprio nelle procedure: la costruzione delle centrali nucleari sarà affidata ai privati, secondo gare d'appalto e affidamenti diretti, ma l’economia libera è incompatibile con una procedura urgente e gestita dal governo. A decidere i siti, i tempi, i modi e le tecnologie, infatti, dovrebbe essere il privato con i tempi e le modalità che preferisce. Secondo la Corte Costituzionale, quindi, se il nucleare va fatto, lo deve fare lo Stato con soldi pubblici. Si legge infatti nella sentenza: "Trattandosi di iniziative di rilievo strategico, ogni motivo d’urgenza dovrebbe comportare l’assunzione diretta, da parte dello Stato, della realizzazione delle opere medesime" e si tratta di un forte nodo giuridico, e non di un problema politico sollevato da questa o quella Regione.

A parlare per il governo, in assenza di qualcuno che sostituisca Scajola, è Raffaele Fitto, Ministro per i Rapporti con le Regioni, che a proposito del rigetto dei ricorsi delle Regioni dichiara,: "La sentenza della Corte Costituzionale, della quale attendiamo comunque di conoscere nel dettaglio le motivazioni, conferma il principio della competenza nazionale su questioni dalle quali dipende il futuro del Paese nel suo complesso, oltre che dei singoli territori. La linea di tendenza che riconosce un principio unitario e non frammentato delle competenze su questioni di tale rilevanza, allo stato degli atti mi appare pienamente condivisibile". Nessuna parola sulla bocciatura dell'articolo 4 della legge 102/2009.

Sull'altro fronte, quello di chi si oppone al nucleare, Legambiente ricorda che "gli italiani restano contrari all'atomo", mentre il Wwf sottolinea: "Siamo solo all'inizio. E ora il governo è solo", visto che non avrà l'appoggio delle Regioni. Intanto, presso la Corte Costituzionale, c'è un altro ricorso, ancora da esaminare: quello contro le procedure, dettate dal Governo, per la scelta dei siti che dovranno ospitare le centrali; un ricorso che riguarda il passo necessario ad avviare in pieno il ritorno dell'Italia al nucleare. Secondo il governo, ci vorranno tre anni per sceglierli.

I criteri per la scelta sono ben noti. Le centrali saranno di tipo EPR, una tecnologia francese, e i reattori di questo tipo richiedono zone poco o per nulla sismiche, che in Italia non ci sono, oltre che la vicinanza di grandi bacini d'acqua, senza però il pericolo di inondazioni, e la lontananza da zone densamente popolate. Secondo il decreto legislativo dello scorso dicembre, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l'anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione.