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Libia, diritti umani, Usa: due pesi due misure

di Matteo Pistilli - 05/07/2010


Libia,  diritti umani, Usa: due pesi due misure

In questi giorni in molti giornali e nei vari telegiornali troviamo l’ormai classico dibattito sui rapporti fra Italia e Libia. In breve, i commentatori si concentrano su possibili violazioni di diritti umani da parte della Libia nei confronti di immigrati (soprattutto provenienti dall’Africa) e ne collegano le responsabilità all’Italia, colpevole di aver firmato accordi economici con Tripoli. E’ etico, si chiedono i furbi di turno, firmare accordi con uno Stato che non rispetta i cosiddetti diritti umani?

Senza affrontare affatto la questione sul cosa siano, da chi vengano decisi e chi dovrebbe far rispettare questi diritti umani che, per inciso, risultano essere il prodotto di una precisa cultura, una precisa area geografica e però imposti all’intero globo, l’aspetto importante ed anche stucchevole della questione è un altro.

 

Pur accettando tutta la demagogia dei diritti umani, come è mai possibile mettere in discussione i rapporti con la Libia (che fra l’altro, come fanno all’incirca tutti gli Stati, ha tentato di rimpatriare gli immigrati in questione che però si sono rifiutati di tornare ai Paesi di origine, da qui i problemi) senza al contrario mettere mai in discussione quelli, per esempio, con gli Stati Uniti?

Questi ultimi, soltanto nel campo della lotta all’immigrazione, portano avanti politiche almeno dello stesso tenore della Libia di Gheddafi: basterà citare il muro lungo più di mille chilometri per bloccare il confine con il Messico, l’esercito dal grilletto facile schierato lungo quel confine, la segregazione presente storicamente nel Paese dell’inutile melting pot. Solo pescando fra le ultime notizie si trova il reato di clandestinità approvato dallo Stato dell’Arizona e che ha riscosso molto successo nella società statunitense (1). Sta al lettore curioso approfondire le violazioni degli Stati Uniti ai diritti umani che essi stessi hanno promosso e che dicono di difendere esportando militari in tutto il globo; non solo nel campo dell’immigrazione, ma in ogni aspetto della vita statunitense possiamo trovare violazioni incredibili ai più elementari diritti: uno studio cinese (2) ha diviso le violazioni in vari campi, ossia “La Vita, la Proprietà e la Sicurezza Personale”, “I diritti Civili e Politici”, “Diritti economici, sociali e culturali”, “Discriminazione razziale”, “I diritti delle donne e dei bambini” lasciando in ultimo anche le “Violazioni dei diritti umani degli USA contro altre nazioni” che conosciamo bene dopo le numerose guerre promosse soltanto negli ultimi  anni (Serbia, Iraq, Afganistan, Libano, Palestina) (3).

Proprio la Palestina ci ricorda come le violazioni, non solo attinenti ai diritti umani, ma alla dignità umana più elementare, siano accantonate e rimangano taciute se a compierle è il sionismo, ovviamente coperto sempre dagli Usa che, come è risaputo, hanno fra l’altro posto bloccato il rapporto “Goldstone” dove si rintracciavano violenze e crimini di guerra ad opera di Tel Aviv nei confronti della popolazione palestinese.

Tutto questo per dire che, quando i benpensanti ci pongono davanti le presunte violazioni libiche ai presunti diritti umani (ripetiamo tutti da indagare), dobbiamo chiederci per prima cosa il motivo per cui non richiamino invece continuamente le ben più terribili violazioni poste in essere dagli Stati Uniti. Soprattutto perché i rapporti di amicizia, economici, ma soprattutto politici fra Italia e Usa sono ben più ingenti di quelli naturalmente instaurati con la vicinissima Libia. Dovremmo ricordare fino alla nausea l’appartenenza dell’Italia (come di altri Stati europei) alla Nato, organizzazione controllata dagli Stati Uniti e la presenza sul nostro ben poco sovrano territorio di centinaia di basi militari statunitensi. Se davvero si fosse interessati alla tutela di diritti dell’uomo si dovrebbero per prima cosa rifiutare i contatti con questa coalizione atlantica, quindi con gli Usa e Tel Aviv, con cui ahinoi, abbiamo dei forti rapporti.

Perché invece ci parlano di Libia? Ovviamente per lo stesso motivo per cui Russia, Iran, Venezuela ecc.. vengono regolarmente ed a seconda delle evenienze considerati come Stati canaglia. Quella che in ogni caso va difesa, per questi signori, è la supremazia globale statunitense oggi in declino; chiunque porti avanti politiche e scelte in contraddizione con questa, viene attaccato e considerato “il male assoluto”.

Matteo Pistilli

1) http://www.eurasia-rivista.org/4582/larizona-sfida-obama

2) http://www.eurasia-rivista.org/4096/i-diritti-umani-negli-usa-il-rapporto-cinese

3) http://www.cpeurasia.eu/882/1999-2009-dieci-anni-di-sporche-guerre-usraeliane