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Afghanistan. I britannici abbandonano l’inferno di Sangin

di Ferdinando Calda - 08/07/2010

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Dopo quattro anni di ininterrotti e sanguinosi combattimenti, e dopo aver lasciato sul terreno un centinaio di morti, i soldati britannici gettano la spugna e si ritirano dall’ “inferno” di Sangin, il remoto avamposto nel nord della provincia meridionale di Helmand, in Afghanistan. Un posto dove, raccontò tempo fa un articolo del Guardian, i soldati sul terreno si sentivano come “spugne per proiettili” (nei primi 20 giorni di presenza lì furono attaccati un’ottantina di volte). La patata bollente adesso passerà agli statunitensi, che si insedieranno nella zona nei prossimi mesi. Mentre le truppe britanniche si concentreranno nelle aree più centrali dell’Helmand.
La decisione di abbandonare Sangin è stata annunciata ieri dal il ministro della Difesa di Londra, Liam Fox, in una seduta in Parlamento. Il ritiro rappresenta una sconfitta per il governo di Londra. I vertici militari ne hanno discusso per settimane, non volendo dare l’impressione di abbandonare il campo quando la situazione stava diventando troppo difficile. Per di più per venire ancora una volta “salvati” dagli Stati Uniti. Come quando ritirarono le truppe da Bassora, in Iraq, nel 2007. Inoltre i comandanti temono che possa sembrare che molti soldati siano morti invano.
Da quando, quattro anni fa, il presidente Karzai chiese urgentemente l’intervento delle forze internazionali a Sangin contro i talibani, l’esercito di Sua Maestà ha perso in quell’area quasi 100 soldati. Se si considera che le vittime britanniche dall’inizio della guerra sono state 312, e che solo un decimo dei circa 10mila militari di Londra presenti nel Paese sono schierati a Sangin, si riesce ad avere un’idea del perché la città ha guadagnato il soprannome di “Sangingrad” tra i soldati. Un riferimento alla battaglia di Stalingrado che, visto il prossimo ritiro da parte dei britannici, adesso suona ironicamente profetico.
“L’intenzione, quando andammo in Afghanistan meridionale, era di tentare di tenere in piedi il Paese da un punto di vista economico, ma tutti sappiamo che non è andata così”, ha commentato Richard Dannatt, ex capo dell’esercito e ora consigliere di David Cameron, che non esclude che il bilancio totale delle vittime britanniche possa presto raggiungere quota 400. L’errore principale, sostengono i comandati di Londra, è stato quello di disperdere le già esigue risorse in un territorio troppo vasto e impervio da controllare.
E così è da un po’ di tempo la Gran Bretagna ha deciso di riorganizzare le proprie truppe, di fatto cedendo il controllo di vaste aree agli Stati Uniti. Il mese scorso i britannici hanno consegnato agli Usa il comando della provincia di Helmand e Sangin rappresenta l’ultima zona della provincia affidata agli statunitensi dopo le città di Musa Qaleh e Kajaki.
Un mossa che rappresenta anche il sentimento di scoraggiamento del fedele alleato di Washington nei confronti di un conflitto che sembra destinato a continuare ancora a lungo. Durante il G20 di Toronto, il primo ministro britannico David Cameron – da sempre scettico sull’impegno britannico a Sangin – ha ribadito al presidente statunitense Barack Obama che le truppe di Londra non saranno in Afghanistan per le elezioni del 2015.