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Atlantici in festa a Kabul...

di Lorenzo Moore - 21/07/2010

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Chissà che cosa è andato a fare, tutt’a un tratto, Franco Frattini, a Kabul.
L’inquilino della Farnesina, secondo noi, si è preso una vacanza. Con la scusa di Kabul (o di Herat) ha lasciato la sua sedia vuota a quattro passi dal lungotevere (sulla sponda etrusco-vaticana, si badi bene) proprio alla vigilia del pronunciamento anti-tagli del corpo diplomatico e del suo apparato di algidi colletti bianchi.
Non tanto algidi, però, se è vero come è vero che le Loro Eccellenze non ne vogliono proprio sapere di congelare i propri scatti di stipendio. La scure di Tremonti non è piaciuta neanche allo stesso ministro che, prima della sua missione afgana, ha bacchettato… il governo per i risparmi della spesa pubblica. L’austerità? I risparmi? Li facciano gli altri. I poveri. Gli stipendi d’oro non si toccano… Questo più o meno il senso della difesa dei privilegi dei ras che si occupano degli Affari Esteri.
Affari Esteri, già. Perché, anche se i nostri lettori proprio non lo vogliono capire, l’Italia ha una politica estera di tutto rispetto. Sovrana, indipendente, e invidiata.
Prendete per l’appunto il caso Afghanistan. Siamo lì a consolidare la democrazia. Quella che hanno portato nel 2001 gli anglo-americani, innaffiando di bombe la più grande etnia locale, i pashtun. E che non sarebbe certo riuscita nemmeno a conquistare Kabul se non fossero intervenute – a terra – le forze tagike e il comandante Massud. Il costo di quell’export, ora ricade (anche) su di noi, con la trentina di nostri soldati lì caduti (fortunatamente la metà rispetto ai francesi e un decimo rispetto alle vittime di Sua Maestà la Regina, e tanti tanti di meno rispetto agli Usa, ma sempre troppi. Anche un italiano soltanto morto ammazzato per quella guerra d’invasione è più che troppo…).
Sicuramente il Nostro è andato lì a inaugurare una qualche struttura umanitaria. O a esprimersi sul burkha. O a trattare “affari”, visto che gli Usa hanno di recente svelato (un po’ tardi, però: lo sapevano già tutti) che l’Afghanistan, in realtà è un po’ come il Perù immaginato da Pizarro. Oppure è andato per illustrare “diplomaticamente” al nostro contingente militare, in assenza del suo collega alla Difesa, La Russa, anche lui “in missione” a Farnborough, che non soltanto i “Lince” sono buoni veicoli corazzati (salvo che per le mine che li fracassano) ma che la Regia (ohps, la Repubblicana) Aeronautica farà a meno di 25 eurofighters (2 miliardi di euro di tagli valgon bene una minore copertura aerea delle truppe, no?).
Ci siamo lasciati prendere dal pennino…
La verità vera è l’iniziale. Frattini, il ministro tutto d’un pezzo, è andato a Kabul per disertare quella che ormai era diventata una insopportabile via crucis personale. I pellegrinaggi dei vari ambasciatori in guerra per la successione alle nuove direzioni generali della Farnesina. Ne abbiamo giù accennato, di questa “grande riforma” fatta per “promuovere” tizio e affossare caio.
In particolare per promuovere l’attuale ambasciatore d’Italia a Bagdad, che di Affari se ne intende.
Basti pensare ai vari colpi di genio: come quello di sostituire i presidii militari di tutela delle due sedi diplomatiche (sì: due) nella capitale irachena occupata con più affidabili contractors; o come quello di aver un unico fornitore “locale” di tutto, dalla carta igienica, ai viveri, alla poltrona “ambasciatoriale”, alle “mance” per i funzionari italiani; o come sia possibile inventarsi un campo di tennis in una casa per diplomatici nella zona verde.
E Frattini aveva bisogno di meditare. Va a finire che meditando meditando sia ormai giunto alla conclusione che… è meglio così. I tagli di Tremonti eviteranno la “riforma” e lui sopravviverà all’assalto dei candidati.