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Iraq. Gli Usa hanno gettato il Paese nel baratro

di Matteo Bernabei - 28/07/2010



A più di sette anni dall’invasione anglo-americana, l’Iraq è ancora nel caos totale. Dopo la destituzione di Saddam Hussein la violenza settaria è andata aumentando sempre più, fino a toccare i livelli massimi nei primi sei mesi dell’anno in corso. In pratica non passa giorno senza che un attentato colpisca un albergo, un mercato o un gruppo di pellegrini, proprio come accaduto ieri a Kerbala. E non c’è nemmeno traccia della democrazia che gli uomini di Washington e Londra avrebbero dovuto esportare a Baghdad. Da quando il Pentagono ha messo le mani sul Paese arabo ha pilotato la sua attività politica, creando continui scompensi fra le parti e favorendo di volta in volta il candidato che riteneva più congeniale.
Un’attività che però negli anni gli è sfuggita di mano attribuendo troppi poteri e troppa libertà alle compagini sciite, tanto da costringere l’intelligence nordamericana a favorire il ritorno in Iraq degli ex sostenitori di Saddam in occasione delle elezioni dello scorso marzo. Risultato dell’intera vicenda è un enorme vuoto istituzionale nel Paese arabo che a quasi cinque mesi dalle scorse elezioni ancora non ha un capo di Stato, un governo e nemmeno un presidente del Parlamento.
“Posponiamo la sessione fino a nuovo avviso perché le parti politiche non hanno raggiunto alcun accordo”, ha detto ieri ai giornalisti Fouad Massum, il membro più anziano dell’assemblea legislativa irachena nel corso di una conferenza seguita a quella che avrebbe dovuto essere la seconda seduta della Camera. Una sessione nella quale i membri dell’esecutivo avrebbero dovuto finalmente prestare giuramento dato che la riunione precedente tenutasi il 14 giugno, la prima dalle elezioni, venne sospesa per lo stesso motivo dopo appena un quarto d’ora.
Ma gli Stati Uniti, nonostante l’impresa a questo punto possa sembrare quasi impossibile, sono riusciti a superarsi. E dopo aver gettato il Paese nel caos e averlo trasformato in una polveriera, hanno sottratto i fondi per la ricostruzione che gli erano stati affidati dalle Nazioni Unite utilizzandoli a proprio piacimento. Stando a quanto affermato dall’apposita Commissione statunitense inquirente, infatti, il Pentagono non è in grado di giustificare in maniera adeguata l’utilizzo del 95 per cento degli oltre nove miliardi di dollari di donazioni destinati al miglioramento delle condizioni della popolazione. Una spesa complessiva di ben 8,7 miliardi di dollari per la quale non esiste una documentazione completa e addirittura per un terzo di essa non vi è affatto alcun carteggio che ne testimoni l’impiego.
Circa 2,6 miliardi di dollari scomparsi nel nulla. Se si tiene conto di quanto emerso dalle recenti rivelazioni sulla guerra in Afghanistan, non è per niente improbabile che i fondi mancanti siano stati utilizzati per finanziare operazioni illecite, per corrompere funzionari locali e le stesse milizie islamiche. O anche che siano finiti nei conti privati dei dirigenti della compagnia statunitense Halliburton, legata all’ex vicepresidente Usa Dick Cheney e che proprio grazie ad una legge ad hoc creata da quest’ultimo ha fatto del Paese arabo la sua miniera d’oro. L’Iraq è diventato un Paese del terzo mondo e la colpa è degli Stati Uniti, la cui politica anche sotto l’amministrazione Obama non è affatto cambiata.