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La svolta dell'oro nero

di Alessandro Grandi - 10/05/2006

Bolivia e Venezuela aghi della bilancia del mercato petrolifero latinoamericano
Il Venezuela, membro dell’Opec e uno dei maggiori esportatori di greggio del mondo rischia di diventare l’ago della bilancia della situazione sociale latinoamericana.
 
Una trivella al lavoro nella regione dell'OrinocoCosa succede.Infatti, ad una settimana esatta di distanza dalla decisone boliviana di nazionalizzare gli idrocarburi, anche il presidente venezuelano Hugo Chavez ha deciso di fare qualcosa per cercare di ottenere il maggior guadagno possibile dai giacimenti di petrolio che si trovano nella regione dell’Orinoco.
Non si tratta di un vero e proprio esproprio, ma di una nuova serie di imposte (nate all'interno di una riforma fiscale in ambito energetico) che si chiameranno ‘imposte di estrazione’ e che, come ricordato più volte dallo stesso leader venezuelano, serviranno “per arricchire i nostri paesi: questa decisione è un passo avanti verso la piena sovranità petrolifera, e ci porterà centinaia di milioni di dollari”.
Cambierà quindi (si innalzerà dal 34% al 50%) la tassa sulla rendita delle imprese che lavorano nell’area dell’Orinoco. Ma perché tutto questo? Le motivazioni sono soprattutto economiche, ma anche sociali. “Le imprese che stanno estraendo petrolio in Venezuela stanno guadagnando molto denaro” ha detto Chavez. Che ha anche ricordato come questi soldi saranno impiegati per migliorare le condizioni di vita della popolazione venezuelana.
Un nuovo vento soffia dunque in Sud America. E’ il vento libertario delle popolazioni indigene che, a distanza di centinaia di anni, ritornano ai posti di comando nei rispettivi governi, o quantomeno, sono parte in causa nelle decisioni prese.
Prima della nazionalizzazione lo stato boliviano otteneva dalle grandi multinazionali, che estraevano gas naturale dalle sue riserve, una royalty pari al 18 per cento. Il restante 82 per cento andava alle aziende. Adesso però i rapporti si sono letteralmente invertiti: la Bolivia percepirà una royalty pari all’82 per cento, alle aziende resterà il 18.
L’esempio boliviano potrebbe essere seguito a breve anche dal candidato peruviano Humana Ollanta (che dovrà affrontare il ballottaggio all’inizio del mese di giugno contro Garcia) che non ha nascosto la volontà di dare un giro di vite ‘ultranazionalista’ alla politica economica peruviana.
 
Il marchio del petrolio brasilianoLe reazioni. Come avvenuto per la situazione creata da Morales in Bolivia, anche per le decisioni venezuelane ci saranno reazioni seccate da parte delle aziende multinazionali che si occupano di estrazione di petrolio e forse anche di molte nazioni interessate. Nella Repubblica Bolivariana di Venezuela ci sono molte compagnie straniere. Come quelle statunitensi: la Exxon, la Chevron e la Mobil. Ma ci sono anche quelle francesi, come la Total, e quelle nord europee, come la  norvegese Statoil. Ognuna di queste aziende ogni anno ricava centinaia di milioni di dollari dall’estrazione di petrolio.
Dopo la decisione di Morales nazionalizzare gli idrocarburi, il presidente brasiliano Luis Ignacio Lula da Silva ha storto il naso e si è visto costretto a difendere gli interessi economici della Petrobras, la compagnia petrolifera di Stato. Così anche ha fatto lo spagnolo Josè Rodriguez Zapatero, che si è visto costretto a inviare un manipolo di manager per discutere in merito alla presenza in Bolivia della Repsol, colosso petrolifero mezzo spagnolo e mezzo belga.
Ma anche l’italiana Eni nelle ultime settimane ha avuto a che fare con il Governo di Chavez per cercare un accordo sull’accettazione del nuovo schema previsto dal leader bolivariano: una sorta di economia mista per le aziende petrolifere.
 
Castro, Chavez e Morales durante un incontro avvenuto un paio di settimane fa all'HavanaNiente più balie. Le promesse politiche delle campagne elettorali di Chavez in Venezuela e di Morales in Bolivia, (come forse sarà anche per quelle di Ollanta in Perù), sono state mantenute. Secondo quanto affermato dai presidenti le popolazioni da oggi sono più ricche e possono decidere del loro futuro senza aver bisogno di balie, sviluppando nuove economie, tagliando la disoccupazione e creando un nuovo tessuto sociale più stabile.
Resta da vedere come reagiranno a tutto questo le potenti multinazionali e tutti coloro ai quali converrebbe lasciare in condizioni di miseria queste popolazioni, che hanno immense ricchezze nei loro territori.