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Timeo danaos et dona ferentes

di Fabio Falchi - 06/08/2010


Timeo danaos et dona ferentes

Martin Levi van Creveld, è uno studioso israeliano, nato a Rotterdam nel 1946, autore di importanti opere di storia militare, ma noto in Italia soprattutto perché, oltre a difendere la natura discriminatoria e razzista dello Stato sionista, nel 2003 ebbe a dichiarare: “Possediamo diverse centinaia di testate atomiche e di missili e possiamo lanciarli contro obbiettivi in tutte le direzioni, forse anche a Roma. La maggior parte delle capitali europee sono obbiettivi della nostra aviazione militare” (1). Si tratta della cosiddetta “opzione Sansone”, vale a dire che Israele sarebbe disposto ad usare le armi atomiche (pur non avendo mai esplicitamente ammesso di possederle) nel caso di un attacco nemico, anche solo con armi convenzionali, in grado di mettere a rischio l’esistenza stessa di Israele.

Ciononostante, van Creveld non è solo un intellettuale che difende la barbarie sionista, ma anche uno studioso che dice “verità” niente affatto “gradite” sia agli israeliani sia agli americani. Dopo la fine della guerra del Vietnam pubblicò una ricerca estremamente ben documentata, senza lasciarsi condizionare dalla “retorica” filo-occidentale, ma affondando impietosamente il coltello nella piaga per far comprendere che i difetti e i “punti deboli” della potentissma macchina da guerra che aveva fallito in Vietnam (e in Corea) erano già presenti nell’esercito statunitense nella Seconda guerra mondiale (2). Perfino dopo che gli Usa avevano invaso l’Iraq e distrutto l’esercito iracheno, van Creveld sostenne che gli americani avrebbero fallito ancora: “To kill an opponent who is much weaker than yourself is unnecessary and therefore cruel; to let that opponent kill you is unnecessary and therefore foolish. As Vietnam and countless other cases prove, no armed force however rich, however powerful, however, advanced, and however well motivated is immune to this dilemma. The end result is always disintegration and defeat; if U.S troops in Iraq have not yet started fragging their officers, the suicide rate among them is already exceptionally high. That is why the present adventure will almost certainly end as the previous one did. Namely, with the last US troops fleeing the country while hanging on to their helicopters’ skids” (3).

 

Perciò non può sorprendere la posizione espressa da van Creveld, in un articolo pubblicato da Le Monde nel novembre del 2007 (4), riguardo allo sviluppo del programma nucleare iraniano. Van Creveld, infatti, in questo articolo, esaminando la reale “potenza militare” dell’Iran, mette bene in evidenza sia le debolezze del sistema difensivo antiaereo iraniano, in quanto l’Iran non dispone di un adeguato sistema C3 (ovvero di un complesso e sofisticato apparato di comando, controllo e comunicazioni, che attualmente solo pochissimi Paesi possiedono, tra cui, oltre agli Usa, Israele), sia il fatto che l’Iran è privo di una efficiente aviazione militare (l’Iran, anche se è in grado di costruire un caccia, “derivato” dall’aereo americano F5, un velivolo dalle prestazioni medio-basse, è indubbiamente assai debole in questo “settore militare”, “dominato”, per ora, dalla tecnologia Usa) sia che i missili iraniani, ancora ben lungi dal poter colpire “obiettivi sensibili” dell’ Europa occidentale (che tra l’altro mai è stata in alcun modo “minacciata” dall’Iran), non costituiscono nemmeno una reale minaccia per Israele, poiché sono armi convenzionali, di limitata capacità distruttiva (si deve anche ricordare, tra l’altro, che l’Iran non solo ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, ma ha anche ratificato, nel 1997, la Convenzione internazionale sulle armi chimiche e che già nel 1973 aveva ratificato la Convenzione sulle armi biologiche) . Inoltre, van Creveld, si mostra perfettamente consapevole che attaccare Israele con armi nucleari, non solo significherebbe esporsi ad una reazione devastante dell’entità sionista e degli Usa , ma comporterebbe l’annientamento del popolo palestinese e degli stessi Hezbollah, sciiti e filo-iraniani. Perciò van Creveld può concludere il suo articolo affermando: “Dal 1945 non è passato anno senza che non si facciano sentire delle voci, per la maggior parte americane, che predicono al mondo i peggiori tormenti se nuovi Paesi dovessero mai dotarsi dell’arma nucleare. Ma finora niente ha dato ragione a queste Cassandre. Al contrario: ovunque l’arma nucleare ha fatto la sua comparsa, i suoi detentori hanno smesso di fare guerre su grande scala. Notiamo che il generale John P. Abizaid, ex primo comandante delle forze americane in Medio Oriente, è venuto ad aggiungersi ad un lungo elenco di esperti che ritengono che il mondo possa convivere con un Iran dotato dell’arma nucleare. Ecco un punto di vista di cui occorre tenere conto se si vuole evitare che le pose ansiogene di Mahmoud Ahmadinejad spingano qualcuno a commettere una sciocchezza”. Oltre a questo articolo – che Fiamma Nirenstein, pur essendo totalmente “digiuna” di storia militare e non sapendo distinguere un obice da un cannone, cercò di criticare in un penoso, abborracciato e delirante articoletto (5) – si deve considerare un altro importante articolo, scritto da van Creveld nel 2008, quando ancora G. W. Bush era presidente degli Usa, in cui lo studioso israeliano ribadisce quanto già affermato in precedenza, ma sostiene pure che le conseguenze di un attacco contro l’Iran potrebbero essere catastrofiche: ” The outcome may be heavy casualties not just in Iran but in some of the neighboring countries too; much worse still, it will mean that the nuclear taboo is broken for the first time since Nagasaki. Once this happens, what the implications for the world’s future may be is almost beyond the human imagination” (6).

Si tratta, dunque, di una analisi assai lucida che dovrebbe essere tenuta presente da coloro che giustificano lo scudo antimissile che gli Usa vogliono “donare” agli europei, e da coloro che, pur non essendo necessariamente in malafede, non comprendono che l’Iran ha comunque la necessità di difendersi da una “preventiva” aggressione americana e sionista. D’altronde, anche le “minacce verbali” dell’Iran si prestano ad essere strumentalizzate dai (filo)sionisti – proprio come strumentalizzano il fatto che Hamas lanci razzi contro i coloni israeliani, anche se, ad esempio, dal 2000 al 2008 hanno causato la morte di 19 israeliani, cioè un numero di vittime che si deve paragonare, nella contabilità del terrore, alle migliaia di palestinesi uccisi dagli israeliani. E’ noto poi che l’entità sionista ha sempre saputo trarre vantaggio dalla scarsa capacità degli altri Paesi del Medio e Vicino Oriente di comprendere come il circuito mediatico occidentale possa manipolare l’informazione (si pensi anche all’abilità di Israele di far passare la Guerra dei sei giorni, che colse completamente di sorpresa le forze armate egiziane, ben lungi dall’essere pronte ad intraprendere un’azione offensiva contro Israele, come “guerra difensiva”, sfruttando “incaute” dichiarazioni di Nasser). Pertanto – per quanto possano essere ripugnanti le idee dello storico militare israeliano riguardo al sionismo e al popolo palestinese e nonostante che la sua analisi dell’ultimo conflitto (estate 2006) che ha opposto l’esercito israeliano ai combattenti di Hezbollah (7) non sia affatto convincente (dato che l’esercito israeliano , avendo come obiettivo la totale distruzione di Hezbollah, è stato sconfitto anche sotto il profilo strategico, e non solo sotto il profilo tattico, pur avendo impiegato un’enorme potenza di fuoco) – una voce “fuori dal coro” come quella di un “esperto” quale indubbiamente è Martin van Creveld, che nessuno può accusare di “antisemitismo” o “cripto-antisemitismo”, è più che mai preziosa ora che gli americani e i sionisti, per giustificare un’aggressione militare all’Iran, sembrano voler “preparare” l’opinione pubblica occidentale, anche “forzando” le parole di alcuni esponenti politici di questo Paese.

D’altronde, in Occidente ci si dovrebbe rendere conto che uno Stato che voglia crescere e svilupparsi, acquisisca anche maggiori competenze tecnologiche e che di conseguenza abbia la possibilità di costruire sistemi d’arma sempre più sofisticati; tanto che non vi sarebbe nulla di strano se, come ha dichiarato Ahmadinejad, entro due anni l’Iran avesse la possibilità di costruire un nuovo missile a tre stadi. Occorrerebbe quindi, per evitare un conflitto che tutti temono ma che non per questo si deve pensare che certamente non ci sarà, che gli Usa e Israele si rassegnassero ad un drastico ridimensionamento della loro “(pre)potenza”, non solo militare. Tuttavia, indipendentemente dalle opinioni degli “esperti “, è meglio prepararsi al peggio, non solo perché l’economia statunitense, come quella sionista, è sempre più dipendente dall’apparato militare (ed è dubbio che Usa e Israele possano fare qualche “passo indietro”, senza andare incontro ad una gravissima crisi economica e sociale), ma anche perché è assai difficile che gli europei impediscano agli Stati Uniti di usare l’Europa (e soprattutto i Paesi dell’Europa meridionale e dell’Europa orientale) in funzione dei propri progetti di egemonia globale. Del resto, se è vero che i “diritti umani made in Usa” sono “beni” da esportare in tutto il mondo, allora nel caso in cui in Iran dovessero piovere bombe e missili americani o sionisti sarebbero, come a Dresda ed a Hiroshima, “angioletti democratici” giunti in quella antica e bella terra per liberare i nativi dal male e recare loro la “buona novella”.

 

NOTE

1) Vedi http://andreacarancini.blogspot.com/2010/03/lintervista-non-autentica-ma-veridica.html.

2) Vedi M.van Creveld, “Fighting Power: German and U.S. Army Performance, 1939- 1945″, Greenwood Press, Westport, 1982.

3) Vedi “Why Iraq Will End as Vietnam Did”, http://www.lewrockwell.com/orig5/crevald1.html.

4) Vedi “Dobbiamo bombardare l’Iran?”, http://it-politica.confusenet.com/showthread.php?t=148070.

5) Vedi http://www.fiammanirenstein.com/articoli.asp?Id=1817&Categoria=6.

6) Vedi http://www.digitalnpq.org/articles/global/279/07-15-2008/martin_van_creveld.

7) Vedi http://www.forward.com/articles/12579/.