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Pierluigi Battista, le "sirene totalitarie", e gli errori argomentativi della retorica liberale

di Carlo Gambescia - 16/05/2006



Ogni epoca storica ha i suoi "commissari politici". Il "pensiero unico" risponde a determinati meccanismi sociologici di inclusione-esclusione, che prescindono da qualsiasi presupposto storico e dottrinario. Ma risponde anche a meccanismi tipo argomentativo, spesso erronei. Dai quali non è esente neppure il liberalismo. Che però a differenza di altre ideologie "totalitarie", dovrebbe essere più tollerante con gli avversari politici e intellettuali. E soprattutto, argomentativamente coerente, visto che il liberalismo è una specie di scienza (politica) del dibattito pubblico. E invece non è così.

Un buon esempio, di retorica liberale e di cattive argomentazioni, viene regolarmente offerto dagli articoli di Pierluigi Battista, vicedirettore del "Corriere della Sera". Il quale da buon aspirante "commissario politico" del partito-unico liberale d'Italia è completamente privo di dubbi.
E' perciò interessante ricostruire il suo ragionamento, dal punto di vista delle fallacie informali (errori di argomentazione), di cui è infarcito. Si prenda ad esempio il suo articolo di ieri (15-5-2005, p. 26,
www.corriere.it) , sulle "sirene totalitarie (da Castro a Chavez) [che] irretiscono gli intellettuali".

Lo scopo del pezzo, come è evidente, è quello di squalificare e demonizzare, al contempo, sia politici come Chavez (e dunque favorire oggettivamente la politica estera Usa), sia gli intellettuali favorevoli all'esperimento politico venezuelano.

In primo luogo, Battista, parte da un premessa erronea, o comunque vera a metà, commettendo subito l'errore argomentativo dell' "accidente converso" (generalizzazione affrettata) . Dire che gli intellettuali siano "perennemente ammaliati dalle dittature" vale solo per alcuni casi... Sarebbe invece più corretto ammettere la possibilità che alcuni intellettuali (non tutti) talvolta restino ammaliati dalla fascino perverso di un potere, che può essere democratico o meno.

In secondo luogo, Battista cerca di dimostrare la sua tesi fornendo un ridotto elenco di intellettuali (Brecht, Heidegger, Shaw, Drieu La Rochelle, Cantimori) che avrebbero scelto la causa sbagliata (quella totalitaria). Se la prende in particolare con Brecht (e qui, commette l'errore argomentativo "dell'appello all'autorità", argumentum ad verecundiam ", citando da uno dei peggiori libri mai scritti sugli intellettuali. Quello di Paul Johnson (Longanesi 1988): un testo privo di qualsiasi autorità scientifica, scritto da un saggista da "reality show", abituato a intrufolarsi e sguazzare nelle vicende intime degli scrittori.

In terzo luogo , ed ecco la "petitio principii" (ammettere per dimostrata una questione), Battista mette Chavez sullo stesso piano di Lenin, Mao, Stalin, Hitler, Mussolini e Fidel Castro. Dando per scontato quel che invece non è: visto che non fornisce alcuna prova sulla natura totalitaria della politica di Chavez (che tra l'altro è stato democraticamente eletto dal popolo). E qui cade nell'errore argomentativo "di composizione": attribuisce le proprietà del tutto "dittatori totalitari" al singolo "dittatore" Chavez. Che tra l'altro, come si è detto, lo è solo per "petitio principii". Giornalisticamente la " fallacia di composizione", è denominata, in latino maccheronico, come "reductio ad hitlerum" (alla "classe" o tipologia hitleriana).
C'è da aggiungere altro?