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Nazioni subordinate e non

di Noam Chomsky e Khatchig Mouadian - 21/05/2006

Un'intervista del giornalista e scrittore armeno-libanese Khatchig Mouadian – direttore del quotidiano pubblicato a Beirut 'Aztag' – a Noam Chomsky, realizzata telefonicamente da Beirut il 2 maggio del 2006

Khatchig Mouradian: In un articolo intitolato "Domestic Constituencies" (lett. “Elettorati nazionali” – NdT) affermi: "È sempre illuminante scoprire ciò che viene omesso nelle campagne di propaganda". (1) Puoi dirci qualcosa di più su quello che viene tralasciato nell’ambito della campagna propagandistica statunitense su Libano e Siria dopo l’uccisione dell’ex Primo Ministro libanese Rafic Hariri nel febbraio 2005?

Noam Chomsky: La sola cosa di cui si è discusso è stata che ci fu un assassinio e che la Siria ne era coinvolta. In primo luogo, come mai la Siria si trova in Libano? Per quale motivo gli Stati Uniti hanno accettato l’intervento militare della Siria in Libano nel 1976? Perché George Bush Senior ha appoggiato nel 1991 la presenza, il dominio e l’influenza siriani in Libano come parte della propria campagna personale contro l’Iraq? Perché gli Stati Uniti hanno supportato l’invasione del Libano da parte di Israele nel 1982? Per quale motivo gli Stati Uniti hanno sostenuto 22 anni di occupazione israeliana di alcune zone del Libano, in totale violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? Tutte queste argomentazioni, assieme a molte altre, non vengono prese in considerazione quando si discute della vicenda. Il principio generale, infatti, poggia sull’assunto che qualsiasi cosa metta in cattiva luce le azioni Usa viene omesso, tranne rarissime eccezioni. Pertanto, se incolpi di qualcosa un nemico, puoi discuterne poi, e la Siria, al momento, è il nemico ufficiale. Ciò non significa necessariamente che le accuse contro questo paese siano infondate, ma semplicemente che tutto il resto viene trascurato.

KM: Quando parli di regimi in Medio Oriente, citi spesso le espressioni "facciata araba" e "poliziotto locale di ronda". Qual è il ruolo del Libano in questo senso?

NC: L’espressione "facciata araba" è stata coniata dal Segretario degli Esteri britannico Lord Curzon in seguito alla Prima Guerra Mondiale. A quel tempo, quando gli inglesi stavano pianificando l’organizzazione del Medio Oriente, la loro idea era che ci dovessero essere delle facciate arabe che fungessero da governi apparenti, dietro i quali gli inglesi stessi avrebbero potuto governare (2). L’espressione "poliziotto locale di ronda", invece, deriva dall’amministrazione Nixon e rispecchiava la loro concezione del modo in cui il Medio Oriente avrebbe dovuto essere gestito. Avrebbe dovuto esserci una regione periferica di Stati-gendarmi (la Turchia, l’Iran dello Shah, Israele si è unita dopo la guerra del '67, il Pakistan è stato lì per un po’), i quali ricoprivano il ruolo di ‘poliziotti locali di ronda’ mentre gli Stati Uniti sarebbero stati i ‘quartieri generali della polizia’. La posizione del Libano era problematica, sia per il passaggio di petrolio sia per il ruolo di centro finanziario che riveste. Gli Stati Uniti erano ansiosi di mantenere il paese sotto controllo per assicurare che l’intero sistema energetico del Medio Oriente rimanesse controllato. Fra L’altro, per le stesse ragioni, gli Stati Uniti hanno considerato la Grecia parte del Vicino Oriente. La Grecia si trovava in realtà nella sezione del Vicino Oriente del Dipartimento Statale fino al 1974, poiché il suo ruolo principale nell’ambito dei programmi statunitensi era quello di essere parte del sistema attraverso il quale il petrolio del Medio Oriente viene trasportato verso l’Occidente. Lo stesso vale per l’Italia. Tuttavia, il Libano rivestiva un ruolo molto più cruciale in questo senso, perché si trova proprio al centro del Medio Oriente. Quelli sopra descritti, assieme al supporto all’azione di Israele – ‘poliziotto locale di ronda’ – sono stati i fattori scatenanti alla base dell’invio di forze militari in Libano nel 1958 voluto da Eisenhower.

KM: Cosa si aspetta, dunque, l’amministrazione statunitense dal Libano oggigiorno?

NC: Il ruolo che il Libano deve rispettare è quello di uno Stato obbediente e passivo, che rientra in possesso del proprio status di centro finanziario ma al contempo si conforma alle principali politiche Usa, che prevedono anche il controllo delle risorse energetiche.

KM: E per quanto riguarda invece il ruolo del Libano all’interno del contesto di porre la Siria sotto pressione?

NC: La questione della Siria è a parte. Certo, ci si aspetta che il Libano giochi un ruolo centrale nel fare pressioni sulla Siria. Tuttavia, il problema per gli Stati Uniti è che la Siria non è uno Stato subordinato. Possiamo avanzare numerose gravi critiche alla Siria, ma i problemi interni di questo paese non preoccupano per nulla gli Stati Uniti, paese che appoggia governi molto più brutali. Il problema con la Siria è che sostanzialmente non si sottomette al programma Usa in Medio Oriente. La Siria e l’Iran sono i due paesi nella regione che non hanno accettato le disposizioni economiche statunitensi. E le politiche contro tali paesi sono simili. Consideriamo ad esempio il bombardamento della Serbia nel 1999. Perché la Serbia era considerata un nemico? Di certo non a causa delle atrocità che stava perpetrando. Sappiamo che l’attacco fu condotto con l’aspettativa che avrebbe portato ad una violenta escalation di atrocità. La risposta è evidente se consideriamo il più elevato livello perpetrato durante l’amministrazione Clinton, e la risposta era che la Serbia non stava adottando le adeguate riforme sociali ed economiche. Infatti, era l’unico angolo dell’Europa che ancora rifiutava le disposizioni socio-economiche che gli Stati Uniti volevano imporre al mondo intero. Il problema con la Siria e l’Iran è più o meno il medesimo. Per quale motivo gli Stati Uniti stanno progettando o minacciano guerra all’Iran? È forse perché l’Iran si è dimostrata aggressiva? Al contrario, l’Iran era l’obiettivo dell’aggressione guidata dagli Stati Uniti. Forse l’Iran sta minacciando qualcuno? No. È più violenta e meno democratica rispetto al resto del mondo arabo? Sciocchezze. Il problema è che l’Iran non si sta sottomettendo.

KM: In questo contesto, perché l’Europa si sta dimostrando sempre più solidale nei confronti delle politiche statunitensi in Medio Oriente?

NC: Se diamo uno sguardo ai decenni passati, ciò che fondamentalmente preoccupa la politica Usa – che risulta palese nelle pianificazioni interne – è che l’Europa possa imboccare una direzione indipendente. Nel corso del periodo della Guerra Fredda, gli Stati Uniti temevano che l’Europea potesse seguire ciò che chiamavano "una terza via", e vennero adottati numerosi meccanismi per impedire qualsiasi intenzione da parte dell’Europa di seguire una linea indipendente. Questo ci riporta proprio agli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale con tutto ciò che ne consegue, quando Stati Uniti e Gran Bretagna intervennero, in alcuni casi piuttosto violentemente, al fine di reprimere la resistenza anti-fascista e ristabilire le strutture tradizionali, compresi i collaboratori dei nazi-fascisti. La Germania è stata ricostruita più o meno nello stesso modo. La scarsa volontà di accettare una Germania unificata e neutrale negli anni Cinquanta del secolo scorso si fondava sullo stesso pensiero. Non sappiamo se ciò sarebbe stato possibile, ma Stalin ha offerto una Germania unificata con elezioni democratiche che era sicuro di perdere, ma a condizione che non avrebbe fatto parte di un’alleanza militare ostile. Tuttavia, gli Stati Uniti non desideravano tollerare una Germania unificata. La creazione della NATO rappresenta in larga misura uno sforzo per assicurare una certa disciplina europea e gli attuali tentativi di espandere la NATO rispondono alla medesima esigenza.
Le élite europee sono rimaste, generalmente parlando, abbastanza soddisfatte di questa disposizione. Non sono molto diversi dalle forze dominanti negli Stati Uniti. Sono alquanto differenti, ma strettamente correlati per via di investimenti reciproci e rapporti d’affari. I settori elitari dell’Europa non si oppongono in particolare alle politiche Usa. E tale atteggiamento è straordinariamente palese nel caso dell’Iran. Per anni gli Stati Uniti hanno cercato di isolare e reprimere l’Iran, introducendo embarghi e sanzioni, e minacciando ripetutamente di eliminare gli investimenti europei nel paese. Le principali multinazionali europee si sono trovate abbastanza d’accordo su questo punto. La Cina, invece, no. Quest’ultima non può essere intimorita, ecco perché il governo statunitense ha paura della Cina. Tuttavia, c’è l’Europa che torna sui propri passi e soddisfa la volontà degli Stati Uniti. Lo stesso vale sul fronte Israele-Palestina. Gli Stati Uniti supportano vigorosamente la presa di controllo da parte di Israele delle zone più importanti dei territori occupati e appoggiano con sufficiente decisione l’eliminazione della possibilità di qualsiasi Stato Palestinese. Sulla carta, gli europei sono in disaccordo con questo e si aggiungono al consenso internazionale che chiede un insediamento a due Stati, tuttavia non fanno nulla per questa causa perché non vogliono mettersi contro gli Stati Uniti. Quando il governo Usa ha deciso di punire i palestinesi per aver eletto il partito sbagliato in occasione delle ultime elezioni, l’Europa ha condiviso questo atteggiamento, se non completamente, in buona parte. In linea di massima, le élite europee non considerano nel loro interesse affrontare gli Stati Uniti, ma preferiscono integrarvisi. Il problema che gli Stati Uniti stanno avendo con la Cina, e l’Asia più in generale, è che questo paese non accetta automaticamente gli ordini statunitensi.

KM: Non si comporta come gli altri…

NC: Esatto, non obbedisce, e, soprattutto nel caso della Cina, non sarà intimidito. Ecco perché, se leggete la più recente 'National Security Strategy Usa', la Cina è identificata come la principale minaccia ad ampio raggio per gli Stati Uniti. Non perché sta per invadere o attaccare qualcuno – di fatto, di tutte le principali potenze nucleari, è la meno aggressiva – ma perché si rifiuta semplicemente di essere intimorita, non solo nell’ambito delle proprie politiche riguardanti il Medio Oriente, ma anche in America Latina. Mentre gli Stati Uniti stanno cercando di isolare e indebolire il Venezuela, la Cina continua ad investire e importare da questo paese, senza tenere conto di ciò che gli Stati Uniti hanno da dire al riguardo.
L’ordine internazionale è in un certo senso simile alla mafia. Il padrino deve assicurare che regni la disciplina.

L’Europa persegue pacificamente i propri interessi economici purché non cadano in conflitto diretto con gli Stati Uniti. Persino nel caso dell’Iran, sebbene le principali multinazionali europee si siano ritirate dal paese, e l’Europa abbia rinunciato al proprio accordo con Teheran sull’arricchimento dell’uranio, tuttavia, mantiene rapporti economici con l’Iran. Per anni, gli Stati Uniti hanno anche cercato di impedire all’Europa di investire a Cuba e l’Europa si è tenuta abbastanza lontana, seppur non completamente. Gli Stati Uniti mostrano un atteggiamento misto verso gli investimenti europei e l’estrazione delle risorse in America Latina. Da un certo punto di vista, i sistemi corporativi statunitensi ed europei sono molto uniti. Gli Stati Uniti fanno affidamento sul supporto europeo in molte parti del mondo. Per l’Europa, investire in America Latina e importare le proprie risorse non equivale per nulla all’atteggiamento minaccioso della Cina nei confronti del dominio Usa.

KM: Durante uno dei suoi recenti discorsi, Hasan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, ha parlato di solidarietà con il movimento di resistenza nei territori occupati e con il "nostro fratello Chavez". Parliamo del legame comune che unisce persone che si trovano in diversi punti dell’Atlantico e che provengono da diversi contesti ideologici.

NC: Ciò che li accomuna è il rifiuto di sottomettersi al potere Usa. Hezbollah sa perfettamente che non otterranno aiuto dal Venezuela, ma il fatto che entrambi stiano seguendo un percorso indipendente rispetto al potere statunitense, e in effetti a dispetto degli ordini USA, li unisce.
Gli Stati Uniti hanno cercato, con scarso successo, di far crollare il governo cubano per più di 45 anni ad oggi, e tuttora lo fanno. La salita al potere di Chavez ha terrorizzato le élite statunitensi a causa dell’enorme consenso popolare del neo presidente. Il livello di supporto per il governo eletto in Venezuela è aumentato considerevolmente e si trova attualmente ai livelli più elevati in America Latina. E Chavez sta seguendo una linea di percorso indipendente. Sta facendo molte cose che non piacciono per nulla agli Stati Uniti. L’Argentina, per esempio, che è stata portata alla totale rovina per seguire i dettami del FMI, sta lentamente ricostruendosi rifiutando le regole di quest’ultimo, e ha voluto saldare i propri debiti per liberarsi del FMI. Chavez li ha aiutati, e ha acquistato una parte considerevole del debito argentino. Liberarsi del FMI significa dissociarsi da una delle due modalità di controllo impiegate dagli Stati Uniti: violenza e forza economica. Ieri la Bolivia ha nazionalizzato le proprie riserve gasifere; gli Stati Uniti si sono solamente (solamente???) opposti a questo. E la Bolivia è stata in grado di fare ciò grazie in parte al supporto del Venezuela.

Se i paesi si muovono verso una direzione di nazionalismo indipendente, ciò è visto come qualcosa di inaccettabile. Perché gli Stati Uniti volevano distruggere Nasser? Forse perché era più violento e tirannico rispetto agli altri leader? Il problema era che si trattava di un nazionalismo secolare indipendente. E ciò è semplicemente qualcosa che non può essere accettato.

KM: Hai parlato della popolarità del governo di Chavez nel proprio paese. I sondaggi mostrano che non è la stessa cosa per l’amministrazione Bush e le sue politiche, sia negli Usa che all’estero. Nonostante il malcontento su numerose questioni, poco è cambiato in termini di politica statunitense. Come lo si spiega?

NC: In un mio libro di recente pubblicazione, ne parlo un po’. Gli Stati Uniti hanno un crescente e per ora enorme deficit democratico in casa; c’è un enorme divario tra opinione pubblica e politica pubblica su numerose questioni, dal sistema sanitario all’Iraq. L’amministrazione Bush ha un controllo limitato sul potere: è bene ricordare che nelle ultime elezioni Bush ha ottenuto il 31 per cento dei voti, mentre Kerry il 29 per cento. Votazioni diverse nell’Ohio avrebbero ribaltato la situazione – stanno disperatamente usando questa limitata influenza per cercare di istituzionalizzare cambiamenti estremamente radicali e di vasta portata su suolo statunitense. Sono in grado di cavarsela perché non c’è un forte partito di opposizione. Se ce ne fosse uno, avrebbe completamente schiacciato l’amministrazione Bush. Ogni settimana, l’amministrazione Bush fa qualcosa che aggrava ancora di più la propria posizione, si tratti dell’uragano Katrina, di scandali di corruzione, o di altre questioni; tuttavia, il partito di opposizione non è in grado di fare progressi concreti. Una delle cose più interessanti riguardo le politiche Usa negli anni passati è che mentre il sostegno per l’amministrazione Bush – che è sempre stato piuttosto scarno – è diminuito vorticosamente a causa di continue catastrofi, il consenso verso i Democratici non è aumentato. Sta crescendo solamente come reazione al mancato appoggio ai Repubblicani. Ciò è dovuto al fatto che i Democratici non stanno proponendo un’alternativa.

KM: Accennavi al tuo recente libro, 'Failed States: The Abuse of Power and the Assault on Democracy' [Stati falliti: abuso di potere e assalto alla democrazia – NdT]. Nella postfazione affermi: "Nessuno che sia a conoscenza della storia dovrebbe essere sorpreso del fatto che il crescente deficit democratico tra gli americani sia accompagnato dalla dichiarazione di missioni messianiche allo scopo di portare la democrazia al mondo sofferente". In che misura queste "missioni messianiche" stanno aiutando l’amministrazione Bush?

NC: Stanno favorendo l’amministrazione tra le classi colte. Nel mio libro ne parlo ad un certo punto. Le missioni messianiche sono arrivate subito dopo la débacle sulla scoperta delle armi di distruzione di massa in Iraq. L’ipotesi dell’invasione era solo sulla scena quando l’Iraq era sul punto di attaccare gli Stati Uniti con armi nucleari. Quindi, dopo alcuni mesi, hanno scoperto che non c’era traccia di armi di distruzione di massa, per cui dovevano trovare un nuovo pretesto per invadere il paese ed è qui che si inserisce la missione messianica. Le classi intellettuali, compreso in Europa, e persino nel mondo arabo, hanno colto questo concetto: ‘l’ha detto il leader, quindi dobbiamo crederci’. Non credo, comunque, che queste missioni messianiche abbiano molta influenza tra la popolazione generale, se non indirettamente. Tutta questa retorica è un debole sforzo, e in effetti al momento sembra piuttosto disperato.

KM: La mia ultima domanda riguarda la Turchia, uno dei ‘poliziotti locali di ronda’. Sono rimasto alquanto turbato dai recenti sviluppi nel sud-est del paese. Ti sei recato in Turchia diverse volte e hai anche visitato le regioni curde. Che cos’hai colto della condizione attuale di libertà in Turchia?

NC: Come la maggior parte di voi sapranno, il più importante ricercatore di Human Rights Watch in Turchia, che è anche una persone di indole estremamente buona, Jonathan Sugden, è appena stato cacciato dal paese perché stava investigando sulle violazioni dei diritti umani nell’area sud-orientale. Nel 2002, la situazione in Turchia, e soprattutto nella zona curda, era piuttosto drammatica, ma negli anni successivi è andata migliorando ed ora sta regredendo di nuovo. Permettetemi di portarvi un esempio personale. Mi trovavo là nel 2002 per partecipare al processo di un editore il quale era stato processato per aver pubblicato alcune mie osservazioni sulla Turchia. Ora è nuovamente sotto processo per un altro libro. Ci sono numerose ragioni alla base di questa regressione. Le forze armate stanno esercitando un potere maggiore; le riforme che stavano lentamente prendendo piede vengono limitate. La mia sensazione è che uno dei motivi di questi risultati è l’ostilità dell’Europa verso la possibilità per la Turchia di entrare nell’UE. C’è un elemento di forte razzismo in questo atteggiamento ostile, un fattore del quale i turchi sono perfettamente consapevoli.


(1) Noam Chomsky, "Domestic Constituencies," Z Magazine, 11:5, p. 18.

(2) Lord Curzon una volta ha dichiarato che la Gran Bretagna voleva una "facciata araba gestita e amministrata dagli inglesi e controllata da un nativo musulmano e, per quanto possibile, da personale arabo".


Khatchig Mouradian è scrittore, traduttore e giornalista di origine libanese e armena. Dirige il quotidiano 'Aztag', pubblicato a Beirut. Può essere contattato via e-mail al seguente indirizzo: khatchigm@gmail.com.

Noam Chomsky, definito dal 'New York Times' “l’intellettuale probabilmente più illustre dei nostri tempi", è stato eletto l’intellettuale pubblico vivente più importante nell’ambito del Global Intellectuals Poll 2005 condotto dalla rivista inglese 'Prospect'. Chomsky, professore presso il Dipartimento di Linguistica e Filosofia del Massachusetts Institute of Technology, risiede a Lexington, Massachusetts.

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Fonte: http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=22&ItemID=10229
Traduzione a cura di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media