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Quale contropartita per il dossier 'Nigergate'?

di Jeffrey Klein e Paolo Pontoniere - 23/05/2006

 

Adesso che i numeri nel parlamento italiano sono cambiati, ci si aspetta che si apra un’indagine parlamentare sull’affare Yellowcake One. Per l’Italia la questione principale è scoprire se Berlusconi ha tratto un personale vantaggio dal business degli elicotteri, per gli americani valutare se l’amministrazione Bush ha pagato l'Italia per fornire false informazioni al fine di giustificare l'intervento in Iraq

La stampa e il parlamento italiano sono decisi a scoprire come prima della guerra in Iraq siano stati consegnati alla Casa Bianca i falsi documenti che dichiaravano che Saddam Hussein aveva ottenuto dal Niger l’uranio ossidato noto come yellowcake.

I nuovi elementi che in merito collegano aziende e soggetti vari italiani all’allora primo ministro Silvio Berlusconi fanno sorgere il dubbio che quest’ultimo abbia ricevuto una contropartita per il suo ruolo svolto nella questione – nello specifico, un contratto per costruire la flottiglia speciale di elicotteri del presidente degli Stati Uniti.

In America la storia del yellowcake è legata da diverso tempo all’inchiesta in corso sulle rivelazioni dell’agente della CIA, Valerie Plame, il cui marito, il diplomatico Joe Wilson, investigò sulla 'Niger connection', le cui conclusioni evidenziarono che l’amministrazione Bush travisò i rapporti dell’intelligence per adattarli alla sua volontà di guerra. Al centro delle indagini italiane sul trasferimento del dossier yellowcake dal SISMI alla Casa Bianca ci sono due persone – Carlo Rossella e Giovanni Castellaneta.

Secondo l'influente quotidiano romano La Repubblica, fu Carlo Rossella – all’epoca direttore della rivista Panorama, di proprietà di Berlusconi – a consegnare il dossier all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma nell’autunno del 2002. Il fatto suscitò scalpore perchè il reporter d'inchiesta più qualificato del magazine, Elisabetta Burba, aveva manifestato di non voler tener conto del file in questione, considerandolo un clamoroso falso.

Il nome di Rossella – fra l'altro consigliere di Berlusconi per la politica estera – era stato anche preso in considerazione per la direzione della RAI. Ma ad avere un legame ancor più diretto con l'ex premier italiano è Giovanni Castellaneta, attuale ambasciatore italiano negli Stati Uniti ed ex consigliere per la sicurezza nazionale della presidenza del consiglio.

Sempre secondo Repubblica, quando Nicola Pollari, capo del SISMI, cercò invano di rassicurare la CIA sull’autenticità del dossier yellowcake, fu Castellaneta a fare in modo che egli potesse scavalcare l’agenzia e incontrarsi direttamente con l’allora consigliere per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice e il proprio ex vice, e attuale consigliere, Stephen Hadley. L’incontro ebbe luogo il 9 settembre 2002 alla Casa Bianca, e fu successivamente confermato da fonti ufficiali.

Fu solo successivamente che prese piede la storia dell'uranio ossidato proveniente dal Niger. Alla fine del settembre di allora, il direttore della CIA George Tenet e il segretario di Stato Colin Powell menzionarono, in udienze segrete separate davanti al Comitato del Senato per le Relazioni con l’Estero Usa, il tentativo di acquistare il yellowcake dal Niger. Hadley quindi chiese alla CIA l’approvazione per includere questa questione nel discorso annuale del presidente Bush del gennaio 2003. Nonostante l’agenzia avesse chiaramente depennato questo punto da un intervento tenuto in precedenza dal presidente Usa e in questa circostanza avesse di nuovo manifestato forti dubbi sull’opportunità di farlo, Bush finì per affermare che: "Saddam Hussein ha recentemente cercato di procurarsi grosse quantità di uranio in Africa", attribuendo queste informazioni al governo inglese. Delle connessioni tra il governo italiano e americano non venne fatto nessun accenno.

Ma cos’ha ottenuto il governo Berlusconi come contropartita per aver fornito all'amministrazione Bush le prove per attaccare l'Iraq? È possibile che in fondo alla pista del yellowcake ci sia quel contratto prestigioso, stipulato da un’azienda italiana, per la fabbricazione della flotta di elicotteri presidenziali Marine One. Nel gennaio 2005, la marina Usa aggiudicò il contratto per la costruzione di 23 nuovi elicotteri alla AgustaWestland – azienda pubblicizzata come italo-britannica, ma in realtà di proprietà al cento per cento di Finmeccanica, il più grosso gruppo italiano del settore.

La scelta di affidare il contratto di Marine One ad AgustaWestland sorprese la maggior parte degli osservatori, in quanto favorita di gran lunga era considerata la statunitense Sikorsky Aircraft Corp. la quale, nel 1939, aveva brevettato il progetto del primo elicottero e dal 1957 ha costruito in pratica tutti gli elicotteri presidenziali. Era infatti un Sikorsky l’apparecchio su cui il presidente Eisenhower volava regolarmente nella sua tenuta di Gettysburg e anche quello su cui viaggiava Nixon quando diede le celebri dimissioni – quest’ultimo velivolo è attualmente in fase di ristrutturazione per essere esposto permanentemente nella Nixon Library. Ma la Sikorsky ha perso l’appalto; non solo, è anche stata battuta da un’azienda straniera che non ha problemi a vendere i propri elicotteri agli avversari degli Stati Uniti.

Come per il dossier yellowcake, la figura chiave del contratto Marine One è Gianni Castellaneta. Quando il Pentagono ne istituì la gara d’appalto, costui era il vicepresidente di Finmeccanica e consigliere per la sicurezza nazionale del governo Berlusconi; quando poi il contratto fu aggiudicato egli diventò ambasciatore italiano negli Stati Uniti. Subito dopo la nomina, dichiarò a Italia Weekly con orgoglio: “A mezzogiorno il presidente Bush mi ha ricevuto per la consegna ufficiale delle credenziali: non mi ha fatto aspettare nemmeno un giorno. Una forma di cortesia straordinaria”.

Il ruolo di Castellaneta nell’ottenere il contratto di Marine One non è mai stato esaminato in precedenza; tuttavia, secondo Affari Italiani, il primo quotidiano italiano in rete, e disarmo.org, un gruppo italiano per il disarmo, egli da tempo gestirebbe tutti i dossier più delicati delle relazioni bilaterali Italia-Usa. Quando in proposito Castellaneta fu interrogato, il portavoce del suo ufficio Stampa, Luca Ferrari, evitò una risposta diretta commentando: “In qualità di ambasciatore, come rappresentante di tutta l’Italia negli Stati Uniti, non desidera parlare ancora di Finmeccanica”.

"Il duplice ruolo di Castellaneta di rappresentante ufficiale del nostro paese e di dirigente di un grosso gruppo è stato messo sotto osservazione in diverse occasioni", dice Carlo Bonini, un giornalista italiano che si è occupato a fondo del Nigergate. "Questa doppia funzione ha scatenato un acceso dibattito nel parlamento italiano, ma, con la maggioranza assoluta in mano a Berlusconi, la questione non è mai stata adeguatamente affrontata".

Adesso che i numeri in parlamento sono cambiati e che Romano Prodi ha formato il nuovo governo, ci si aspetta che si apra un’indagine parlamentare sull'affare Yellowcake One. Per l’Italia la questione principale è scoprire se Berlusconi ha tratto un personale vantaggio dal business degli elicotteri, per gli americani valutare se l’amministrazione Bush ha pagato l'Italia per fornire false informazioni al fine di giustificare l'intervento in Iraq.

 

Sulle armi di distruzione di massa in Iraq vedi 'Iraq confidential – Intrighi e raggiri: la testimonianza del più famoso ispettore ONU', di Scott Ritter (prefazione del premio Pulitzer Seymour Hersh, prefazione all'edizione italiana di Gino Strada).

 

 

Fonte: http://www.alternet.org/story/36183/
Tradotto da Antonella Melegari per Nuovi Mondi Media