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La balcanizzazione dell'Euro: quattro scenari molto discutibili

di Alfredo Jalife-Rahme - 19/12/2010

   
   

Peter Boone e Simon Johnson – quest’ultimo, autore dell’acclamato libro “13 Bankers: The Wall Street Takeover and the Next Financial Meltdown” (“13 banchieri: la cattura di Wall Street e il prossimo crollo finanziario” N.d.T.) - delineano quattro scenari che costituiranno il gioco finale dell’eurozona (Baseline Scanarios, 28/11/10) mentre all’orizzonte si intravedono maggiori turbolenze.

In ultima istanza, esisterà un’eurozona con una maggiore autorità condivisa, un’autorità transfrontaliera di risoluzione comune per le banche fallite, e probabilmente, una maggiore integrazione economica. Ma esistono quattro scenari su chi formerà parte dell’eurozona.

È bene ricordare che l’eurozona consta di 16 membri (tra i quali spicca l’assenza della Gran Bretagna) appartenenti all’Unione Europea (UE) – a sua volta composta da 27 membri- ed è dotata di una banca centrale, la Banca Centrale Europea, che gestisce le riserve dell’euro e della sua emissione, come anche l’amministrazione monetaria e la stabilità dei prezzi.



Primo scenario (il più improbabile): i riscatti del FMI per la Grecia e l’Irlanda possono funzionare se garantiscono agli investitori che ci sarà sufficiente crescita per rendere più sostenibile il peso del debito. I membri dell’eurozona potranno restare al suo interno, sebbene il profilo del debito di Grecia e Portogallo resti vulnerabile, come anche la lenta crescita del Portogallo e della banca spagnola (nonostante i suoi occultamenti contabili). Mentre la BCE acquista massicce quantità di obbligazioni, la Germania non avrà altra scelta che avallare l’operazione a causa delle temibili conseguenze che ne deriverebbero: la disintegrazione politica dell’UE.

Secondo scenario: un pacchetto di sostegno congiunto del FMI e UE al Portogallo e forse (sic) alla Spagna che stabilizzi davvero la situazione, che rappresenterebbe l’illusione della linea Maginot, un’idea che ignora il potenziale effetto sovversivo che potrebbe scaturire da altri paesi potenzialmente più deboli dell’eurozona, come Italia, Francia (supersic!) o Belgio.

A questo punto è probabile che la Grecia abbandoni l’eurozona e risani da sola il proprio debito. La Germania sarà generosa con i prestiti e l’Irlanda potrà restare nell’eurozona, ma molti (sic) dei suoi cittadini emigreranno. Dove? Non sono molti i paesi candidati vista l’attuale situazione anti-immigrazione.



Terzo scenario: costituisce la visione lucida di Willelm Buiter [economista capo del Citigroup], che prevede tre o più enormi fallimenti nei prossimi cinque anni, e quindi tutti saranno più propensi a risanare con facilità i propri debiti.

Ci sono già due stati colpiti (Grecia e Irlanda) e ne mancano tre o più per raggiungere il criterio umiliante degli analisti britannici sull’inevitabile fallimento dei PIGS (acronimo inglese di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) ai quali forse si aggiungeranno anche il Belgio e la Francia. In questo momento non specificano chi resterà nell’eurozona e chi sarà espulso.

Quarto scenario: impensabile e “meravigliosamente (sic) articolato dalla colonna Lex, del The Financial Time” (25/11/10), secondo il parere della coppia Boone-Johnson, che “divide l’eurozona tra i relativamente prudenti e i relativamente imprudenti”, in termini di politica fiscale.

Si insedia dunque qualcosa simile a una nuova regione del marco tedesco: Germania, Olanda, Austria, Finlandia e alcuni (sic) piccoli (sic) paesi. L’Italia resta fuori, anche se il nord potrebbe rimanere.

La Francia abbandonerà l’eurozona rompendo l’alleanza franco-tedesca che diede inizio all’integrazione europea?

Sostengono che questo scenario estremo (sic) non è dannoso per la stabilità politica e per il recupero economico, perché i paesi periferici più deboli saranno danneggiati durante una generazione (supersic!), ma l’integrazione europea significa molto di più che cercare di condividere una divisa tra paesi con politiche fiscali divergenti (sic) e nessuna convergenza nella produttività.

Secondo il loro pensiero, la zona del nuovo marco tedesco si adopererà convenientemente, visto che costituisce una zona dove la crescita adesso è vigorosa.

L’eurozona sarà strattonata, ma gli effetti positivi della svalutazione del tasso di cambio saranno riscoperti, almeno per quei paesi con molto debito.

Secondo noi, l’inconveniente di questo scenario estremo è che balcanizza l’Europa attraverso una strana linea divisoria tanto latina quanto meridionale (ad eccezione dell’Irlanda e di metà Belgio già di per sé balcanizzate avant la lettre) e per la maggior parte cattolica (inclusa l’Irlanda e metà del Belgio), cioè, ritorna la tesi socio-religiosa di Max Weber (L’etica protestante e lo spirito del capitalismo) adesso però con un approccio monetarista-fiscale.

Peggio: si tratta di un regalo avvelenato dei fiscalisti britannici neoliberali, che cercano in ultima istanza di salvare la City, più insolvente che mai, attraverso un darwinismo finanziario.

Che nella Germania unificata esista un impatto tecnico tra cattolici e protestanti (ciascuno col 34% di credenti, secondo la CIA) è un altro tema che mette in discussione il neo-weberismo hungtingtoniano fiscalista.

Sicuramente, il testo al quale si allude nella colonna Lex si scaglia contro la struttura di un voto per paese del governo della BCE che crea la percezione di un dominio del Club Med (leggasi: un eufemismo britannico dei latini meridionali cattolici): nel “consiglio di governo di 22 persone, otto dei 16 rappresentanti nazionali e quattro membri dello staff della banca provengono da terre con coste nel o molto vicine (sic) al Mediterraneo. L’Irlanda è adesso un meridionale (supersic!) onorario”.

Il britannico ed ex capo economista del FMI, esperto in crisi finanziarie, Johnson, in un altro articolo in solitario (Baseline Scenario, 2/12/10) affronta il grado di probabilità di un fallimento imminente dell’eurozona.

Ritiene che una lettura della dichiarazione dei ministri europei lasci intravedere due tipi di crisi future nell’eurozona: i solventi e gli insolventi, il che sfocerebbe nella creazione di una coalizione austera (una Lega Anseatica modificata) formata da Germania, Austria, Finlandia, Estonia e altri piccoli paesi –un po’ come il quarto scenario riferito-.

Ammette che il FMI e l’UE possiedono insieme il denaro sufficiente per aiutare Portogallo e Spagna, in caso di necessità. Ma non hanno i fondi sufficienti per affrontare Italia, Belgio e altri grandi paesi (come la Francia) nel caso in cui la crisi dovesse proseguire anche l’anno prossimo.

Il problema è che il FMI non dispone di un effettivo per più di un trilione di dollari e impallidisce quando si inizia una discussione per compromettere 500 miliardi di dollari. A chi chiedere aiuto in caso di necessità? La lista è corta: Cina, Abu Dhabi, Arabia Saudita e, forse, Singapore, Russia e pochi altri ancora.

Il FMI può creare il proprio denaro, i diritti speciali di prelievo ma, secondo Johnson, non è il momento politico propizio per farlo, come non lo è per l’aumento delle imposte in Germania che potrebbe compromettere la sua governabilità.

Johnson adotta la teoria dell’effetto domino per l’eurozona, dove i tasselli crollano in sequenza, come nella crisi asiatica del 1997.

La Francia e la Germania si rassegnano alla balcanizzazione dell’eurozona e, quindi, dell’euro, che tanto sembra anelare la stampa britannica per reindirizzare i capitali globali verso la City e verso Wall Street, un altro genere pseudoweberiano della guerra delle divise?


Fonte: www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=118442&titular=la-balcanizaci%F3n-del-euro:-cuatro-escenarios-muy-discutibles-


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cuar di SILVIA SOCCIO