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La fine del presunto primato morale dell'Occidente

di Andrea Zhok - 21/06/2025

La fine del presunto primato morale dell'Occidente

Fonte: Andrea Zhok

Mentre la tensione cresce in Medio Oriente e la possibilità di una guerra totale, senza esclusione di colpi, si fa sempre più realistica, una considerazione culturale di indole generale potrebbe sembrare fuori luogo, ma credo sia utile per una valutazione degli sviluppi di lungo periodo.
In tutti i principali conflitti in corso assistiamo ad una configurazione oppositiva abbastanza netta, con pochi casi ambigui: il crinale oppositivo è quello dove un Occidente, culturalmente egemonizzato dagli Stati Uniti d’America, si contrappone a tutto il mondo che non è direttamente o indirettamente ad esso assoggettato.
Si tratta cioè di una schietta contrapposizione lungo LINEE DI POTERE in cui un “impero” consolidato si oppone ad altri autorevoli poli di potere non assoggettati (Russia, Cina, Iran, ecc.).
Ma ogni potere ha sempre bisogno di una COPERTURA IDEALE, giacché ogni potere richiede un certo grado di assenso capillare dei propri sottoposti: il potere può esercitarsi in forma di controllo e repressione solo fino ad un certo punto, ma per la vasta maggioranza della popolazione deve valere un’adesione ideale di massima.
La copertura ideale dei poli di resistenza antioccidentale è variegata. Salvo una certa diffidenza generale verso l’idea di “mercato autoregolantesi”, non c’è una ideologia in comune tra Cina, Russia, Iran, Venezuela, Corea del Nord, Sudafrica, ecc. L’unica loro “ideologia” comune è il desiderio di potersi sviluppare autonomamente, su base regionale, secondo le proprie linee di sviluppo culturale, senza interferenze esterne. Questo non ne fa necessariamente alfieri di pace, giacché ci sono sempre disomogeneità di progetto anche sul piano delle relazioni regionali, ma comunque rende refrattari tutti questi blocchi a proiezioni aggressive globali.
Questo rappresenta un limite in termini di pura e semplice proiezione di potenza rispetto al “blocco occidentale” che - nella cornice Nato o meno – continua ad agire sempre in maniera concorde su tutti gli scenari conflittuali. Come in Ucraina la Russia affronta di fatto le forze dell’Occidente unificato, sia pure indirettamente, così avviene per l’Iran in questi giorni (sono appena arrivati in Israele rifornimenti militari dalla Germania, oltre che dagli USA). Invece le alleanze e i vincoli di mutuo supporto tra i blocchi della “resistenza antioccidentale” sono molto più occasionali, eventualmente con accordi bilaterali, circoscritti.
La superiorità di coordinamento occidentale nell’uso della forza va però di pari passo con un altro processo, eminentemente culturale, di cui fatichiamo a renderci conto dall’interno dell’Occidente stesso. A lungo l’Occidente post-illuminista si è presentato al mondo e a sé stesso come incarnazione di una razionalità universalistica, di una legalità internazionale, di diritti generalmente umani. La lettura oppositiva dell’Occidente come luogo della ragione e del diritto, rispetto alla “giungla” del resto del mondo dove prevarrebbero la violenza e la prevaricazione è ancora oggi un elemento standard nell’indottrinamento occidentale: lo si ritrova ripetuto ovunque, dai giornali ai testi scolastici.
La situazione paradossale è che l’unico elemento davvero fondamentale per l’unità ideologica dell’Occidente non ha niente a che fare con la ragione o col diritto, ma ha tutto a che fare con l’idea della legittimazione conferita dalla FORZA. L’ideologia reale dell’Occidente è forgiata da un lato sull’idea della Forza anonima dei capitali, che si esprimono ad esempio con i meccanismi di indebitamento internazionale, e dall’altro sull’idea di Forza industrial-militare, giustificata come il gendarme necessario per “far rispettare i contratti” e “far pagare i debiti”.
La paradossalità della situazione sta nel fatto che l’Occidente si presenta al resto del mondo, ma anche al proprio interno, in una forma che può essere solo definita come MENTALMENTE DISSOCIATA.
Da un lato si presenta come difensore dei deboli, degli oppressi, come guardiano mondiale dei diritti umani, come tutore severo delle libertà, come incarnazione di una giustizia con pretese universali.
E dall’altro lato, costantemente, adotta clamorosi doppi standard (“saranno dei figli di puttana, ma sono i nostri figli di puttana”), rompe promesse fatte (vedi avanzamento della Nato vero est), fomenta cambiamenti di regime (lista interminabile), mente internazionalmente senza pudore e senza mai scusarsi (la fialetta di Powell), utilizza la diplomazia per far abbassare la guardia all’avversario e poi colpirlo (trattativa di Trump con l’Iran), esercita anche al proprio interno tutte le forme di sorveglianza e repressione che ritiene utile (ma sempre “per una buona causa”), ecc. ecc.
La cosa al tempo stesso terribile e destabilizzante è che abbiamo talmente introiettato questa forma di “bis-pensiero”, che possiamo continuare a produrre un discorso pubblico da neurodeliri in cui per consentire alle donne iraniane di camminare serenamente con i capelli sciolti troviamo ragionevole bombardagli le città. Oppure è sensato, e non si percepisce alcun doppio standard, nel giustificare come un paese zeppo di bombe atomiche clandestine ne bombardi preventivamente un altro per evitare che, prima o poi, eventualmente, anche quest’ultimo ne abbia.
Il vero, grande, problema che l’Occidente pagherà nei decenni a venire è che l’intera grande tradizione culturale dell’Occidente, il suo razionalismo, universalismo, il suo appello alla giustizia, alla legge, ecc. si è dimostrato alla prova della storia pura fuffa parolaia, mascheramenti verbali incapaci di costruire una civiltà dove della parola ci si può fidare.
Dall’esterno di questa tradizione stessa non si può che pervenire ad una semplice conclusione: tutte le nostre chiacchiere ben educate, gli appelli al rigore scientifico, alla verità, alla ragione, alla giustizia universale alla fine non valgono l’aria calda con cui vengono pronunciate. Sono mere coperture dell’esercizio della Forza (il marxiano “Ideenkleid”).
Noi abbiamo un bell’affaticarci a dire che non è sempre stato così, che non è necessariamente così; la nostra perdita di credito rispetto al resto del mondo è colossale e difficilmente recuperabile (potrebbe essere recuperabile solo se quegli appelli alla ragione e alla giustizia dimostrassero di avere le redini del potere nelle liberaldemocrazie occidentali; ma siamo lontani anni luce da quella prospettiva.)