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Prospettive sul multipolarismo

di Mauro Tozzato - 20/12/2010



Sul Sole 24ore del 18.12.2010 è apparso un articolo di uno degli editorialisti di punta del Financial Times, Philip Stephens. Così inizia il suo intervento:

<< Da tempo si prevedeva un mondo multipolare, che tuttavia restava sempre come sospeso, lontano, all'orizzonte. Adesso, invece, eccolo arrivare precipitosamente>>.

Subito dopo egli inizia un breve resoconto geopolitico:

<< L'anno prossimo, proprio come quest'anno, le economie degli stati in rapida ascesa - Cina, India, Brasile, Turchia, Indonesia e altri ancora - verosimilmente andranno incontro a una crescita dell'8% o forse più. Le nazioni sviluppate, oberate dai debiti, in linea di massima stenteranno a crescere al di sopra del 2 per cento. L'equilibrio geopolitico planetario sta cambiando di conseguenza. La Cina si sta affermando sempre più in Asia orientale. L'India sta mettendo insieme una flotta oceanica. Turchia e Brasile stanno cercando di tradurre il proprio potere regionale in motivo di prestigio a livello internazionale. L'Indonesia fa capolino, tra Washington e Pechino. L'Europa stenta a non cadere nell'irrilevanza. L'America ha un deficit di bilancio stratosferico e vive una paralisi politica.>>

Ciò nonostante Stephens ritiene che gli Usa rimangano l’unica superpotenza globale, grazie soprattutto alla loro supremazia militare; per quanto riguarda l’Europa, invece, l’editorialista la vede in “pessime condizioni” e non solo per le difficoltà economiche e la bassa crescita. Secondo lui il ruolo predominante e la “forza” della Germania hanno destabilizzato l’equilibrio politico della Ue; per quanto ci riguarda, all’incontrario, la situazione è da valutare in maniera praticamente opposta: il rafforzamento della Germania può ridare vitalità ad un’Unione europea strutturatasi in funzione del mantenimento della supremazia americana nel vecchio continente. L’allargamento, portato avanti con un “decentramento egualitario”  ha impedito il coagularsi di un nucleo “forte” di nazioni trainanti - in particolare per quanto concerne la leadership politica – ed ha permesso agli Usa di intrattenere rapporti privilegiati, oltre che con il Regno Unito, anche con diversi paesi dell’est grazie all’uso spregiudicato di quel  “grimaldello” che viene chiamato NATO. I dati più recenti inoltre danno la crescita tedesca nel 2010 al 3,6% e se le politiche nazionali di alcuni altri paesi, ad esempio l’Italia,  sapranno agganciarsi al carro tedesco e coadiuvare con maggior convinzione  la sempre maggior apertura della Germania verso i paesi emergenti, Russia e Cina in primis, la dinamica multipolare ne risulterà ulteriormente rafforzata. Stephens poi cerca di mettere in evidenza la difficoltà per i nuovi poli emergenti, come anche per le potenze tradizionali, di superare i limiti del proprio ristretto interesse nazionale così da concertare alleanze e accordi almeno provvisori. In realtà, come rilevato più volte da La Grassa, si assisterà per un lungo periodo ad intese che rapidamente potranno nascere e altrettanto velocemente verranno “sciolte”, ma – si può star certi – che, in ogni momento in cui in una determinata area si formeranno conflitti, ciascuna nazione cercherà di concordare con uno dei vicini il sistema migliore per battere l’avversario che, in quel determinato momento, risulterà essere il loro nemico comune. Le ultime notizie sulla consistente politica di riarmo militare del Giappone mi sembrano particolarmente esemplificative: se in questo momento esse non possono non essere interpretate come una iniziativa rivolta contro la Cina, in un futuro probabilmente abbastanza lontano potrebbero, invece, preludere ad un avvicinamento alla “sorella” asiatica e ad uno sganciamento dall’ombrello americano. Il giudizio del giornalista del Financial Times appare poi particolarmente severo nei confronti della Russia e della sua situazione:

<< La Russia si considera nel novero delle potenze in ascesa, ma in realtà è uno stato in declino, intrappolato nel suo stesso passato. Per ragioni di politica interna e per suscitare interesse e attenzione all'estero, i leader moscoviti continuano a fingere che il nemico si trovi in Occidente. L'orgoglio nazionale - pensano - può rinascere ed essere ripristinato soltanto ergendosi contro gli Usa e l'Europa. I veri pericoli, invece, sono molto più vicini: una corruzione endemica, un vistoso calo demografico, un'economia in crisi dipendente dal petrolio e dal carbone.>>

Una valutazione diversa e decisamente più vicina a quella del nostro blog ci viene, sorprendentemente, da un filosofo e un “metafisico” di razza come è Emanuele Severino. Così scrive il professore sul Corriere del 18.12.2010:

<<…ho anche più volte richiamato i motivi per i quali l’Europa è destinata a unirsi sempre più strettamente alla Russia non più sovietica. Uno dei più importanti è che durante la guerra fredda l’arsenale nucleare Usa ha protetto l’Europa dal comunismo sovietico e dalla pressione dei popoli poveri guidati dall’Urss. Dopo la fine di quest’ultima, i rapporti economici tra Europa e Russia acquistano un senso diverso e una diversa consistenza, perché la protezione nucleare americana dell’Europa contro la pressione dei popoli poveri ma sempre più pericolosi può essere sostituita da quella russa. Il fattore nucleare è decisivo perché solo Stati Uniti e Russia possono distruggersi a vicenda e distruggere la Terra; e gli Stati possono assicurare la propria sopravvivenza solo schierandosi con l’uno o l’altro dei due leader mondiali. Sto dicendo che sta diventando sempre più realistica la possibilità di uno schieramento che veda Europa e Russia dalla stessa parte. Ed è per ridurre questa possibilità che gli Usa intendono smantellare la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. La Ostpolitik ha anticipato la possibilità di quel nuovo schieramento. […] Il processo di avvicinamento tra Europa e Russia è gestito da individui umani, che inevitabilmente […]pensano innanzitutto al proprio tornaconto personale, o (nel migliore dei casi) lo pongono tra i loro fini prioritari. Che Gazprom sia orientato dagli interessi personali di Putin, e l’Eni da quelli di Berlusconi, è uno degli aspetti del processo oggettivo in cui va producendosi la progressiva integrazione tra Russia e Europa. Che l’ex cancelliere tedesco Gerard Schroeder abbia accettato la presidenza del Nord Stream, il gasdotto che porterà il gas russo in Germania, è un altro di quegli aspetti significativi. Sembra che l’Europa compri il gas russo, che costa di più, e non quello americano, che costa di meno. Può darsi che ciò accada perché in questo modo qualcuno si arricchisce, ma resta il fatto che attraverso l’illegalità viene rafforzata la convergenza tra Europa e Russia, ed è così che l’≪astuzia≫della ≪ragione≫si serve di tale illegalità per raggiungere il proprio scopo. Dove la ≪ragione≫è da intendersi— si diceva — come ciò che accade attraverso ciò che gli uomini si propongono, ma è diverso da ciò che essi si propongono.>>

Ho riportato una così lunga citazione - anche se riguardo quello che scrive Severino non concordiamo su  alcuni punti, soprattutto nella parte iniziale – perché mi pare significativo che un pensatore che di certo non appartiene alla categoria dei filosofi “analitici” e “post-metafisici” riesca a leggere certi aspetti della situazione geopolitica attuale molto meglio di tanti intellettuali “super-laici” e “weberianamente” disincantati che però appartengono a qualche “parrocchia” composta da politici e altre “specie” umane con la coscienza lievemente sporca.