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La strage di Haditha: assuefazione all'orrore. Scandalo per un giorno

di Massimo Ortalli - 05/06/2006


 


Nonostante quello che può sembrare, venire informati che nel novembre scorso un plotone di marines uccise a sangue freddo una ventina di civili tra cui donne e bambini nella città irachena di Haditha, non credo la si possa definire una notizia. E direi che anche il paragone avanzato da più parti, con la famosa strage di My Lai, quando nel 1968 un altro plotone di marines distrusse quel villaggio vietnamita uccidendo decine di innocenti, sia un paragone improprio. La notizia ci sarebbe, e il paragone con il Vietnam sarebbe appropriato, se la strage di Haditha avesse suscitato una qualche reazione popolare negli Usa e nel mondo, e se un orrore analogo a quello che seguì la strage di My Lai riuscisse a suscitare qualcosa di più del finto e ipocrita sdegno delle anime candide che oggi, recitando uno stanco copione, fingono di inorridire di fronte a questo nuovo orrore. Ma naturalmente niente di tutto questo. L'altro ieri un articolo sui maggiori quotidiani, magari con il richiamo in prima pagina, e poi basta, già il giorno dopo nessuno che ne parli più e nessuno che ricordi. Dell'informazione televisiva, poi, non conta nemmeno parlarne.

Del resto, anche la situazione generale è cambiata. Come si sa, di efferatezze come questa, in guerra ne capitano tutti i giorni. Ed era così anche nella guerra in Vietnam. Ma la differenza stava nel fatto che allora, anche per effetto della guerra fredda contro un universo comunista nel quale si bollivano i bambini (!), c'era ancora chi pensava, desiderava, si illudeva che la grande democrazia americana fosse immune da queste cose. E scoprire quindi che in Vietnam i gloriosi Berretti verdi di John Wayne si comportavano allo stesso modo delle belve naziste – e come, più o meno, fanno tutti gli eserciti in tutte le guerre - fu un vero e proprio trauma. Un trauma che ebbe la sua importanza nella formazione del complesso di cause che posero fine a quella assurda guerra. 

Oggi, dato che di comunisti in giro non se ne trovano più come ai bei tempi, non è necessario sbandierare una presunta superiorità morale, anche perché il nemico di questi giorni non merita tanto, non essendo neanche un avversario ideologico ma un barbaro vigliacco, palesemente inferiore per razza, cultura e religione. Quindi bando ai buonismi e ci si comporti come si crede. E infatti di Guantanamo, Abu Ghraib, Falluja, Haditha e via dicendo ce ne è da tutte le parti e per tutti i gusti. Potremmo addirittura scommettere che per uno di cui veniamo a conoscenza ce ne siano almeno altri dieci di cui nessuno sa nulla, e basta vedere come la popolazione irachena ami gli americani e le altre truppe occupanti per averne sufficiente certezza.

Uno dei classici argomenti con i quali i difensori d'ufficio della democrazia americana (e occidentale) cercano di dimostrarne la superiorità è quello di esaltare queste prove di "informazione libera" argomentando che le stesse non possono verificarsi nelle dittature o nelle democrazie un po' più deboli. Questa sicuramente è una verità, ma una verità che, a mio parere, nasconde ben altri interessi. E infatti, a parte che il periodico reiterare tali argomenti potrebbe far venire il sospetto che ci sia una precisa volontà che certe porcherie accadano, così da poterle denunciare, dimostrando di conseguenza, ancora una volta, la propria superiorità morale, le considerazioni da fare, semmai, sono altre. 

Ad esempio, chiedersi maliziosamente come mai vengono periodicamente alla luce episodi come questi, che potremmo definire di normale banalità del male, mentre per avere anche solo il sentore di fatti più gravi e densi di drammatiche conseguenze, dove la diretta responsabilità è del potere politico e militare e non del marine capitato per caso, si debbano fare avventurose inchieste sempre ostacolate, sempre smentite e spesso anche denunciate? È il caso, ad esempio, dei servizi televisivi di Maurizio Torrealta e Sigfrido Ranucci, di Rainews 24, che sono riusciti a produrre le prove documentali sull'utilizzo di bombe al fosforo a Falluja e di fantascientifici proiettili al laser nella battaglia dell'aeroporto di Baghdad. In questi casi però, non ci saranno sergenti e caporali da mandare di fronte a una corte marziale, come si ipotizza possa succedere ai marines di Haditha, perché l'unico tribunale che potrebbe giudicare questi crimini devono ancora inventarlo. E non ci si venga a parlare di Norimberga o dell'Aia.

Una seconda considerazione, maliziosa quanto la prima, sta nel vedere in queste rivelazioni, al di là della buona fede di qualcuno, un effetto mirato, vale a dire la rivendicazione, senza esitazioni e senza ipocrisie, del diritto di fare quello che si vuole nella epocale "lotta al terrorismo internazionale". Siamo o non siamo i più forti? E allora, perché non dovremmo sfruttare appieno questa forza? Tanto più che suscitare in un primo momento il commosso sdegno dell'opinione pubblica, e poi riuscire a scansarla con la facilità che sappiamo, permetterà di mettere in cantiere altre operazioni militari sempre più disumane, con la certezza della più completa impunità. Senza pagar dazio, quindi, e alla faccia del fantomatico "controllo" dei mezzi di informazione sulle malefatte governative.

Restano i morti, purtroppo, restano i sacchi dei cadaveri di donne e bambini uccisi da giovanotti che probabilmente, fino a ieri, si preoccupavano solo di trovare, nelle loro cittadine del Mid-west, un posto da sballare il sabato sera e una chiesa da pregare la domenica mattina. Ma si sa, con una divisa addosso, le cose cambiano e ne sono permesse di quelle che prima...


Umanità Nova, n 20 del 4 giugno 2006, anno 86