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La morte di Milosevic e il sistema di propaganda dei media

di Edward S. Herman e David Peterson - 06/06/2006

Fonte: Lista Geopolitica




"Il ventre dal quale è uscita la bestia immonda è ancora fecondo!"  Bertolt
Brecht
La morte dell'ex Presidente della Jugoslavia Slobodan Milosevic, avvenuta l'11 marzo 2006 nella sua cella della prigione all'Aja, veniva salutata allo
stesso modo dai circoli politici Occidentali e dal sistema dei media, con una profusione di cattiveria che rifletteva il ruolo di demonio che gli era
stato assegnato dalla fabbrica del mito (in questo caso, negativo; n.d.tr.)
negli ultimi 15 anni.  Milosevic era un "mostro," un "sociopatico," e un "criminale di guerra che aveva mandato in rovina l'Europa sud-orientale
durante l'ultimo periodo del ventesimo secolo".
L'ex Ambasciatore USA alle Nazioni Unite e uno degli artefici determinanti della politica dell'era Clinton per l'area Balcanica, Richard Holbrooke,
inviava di prima mattina il seguente cablogramma a "News Network":
"Milosevic ha scatenato quattro guerre. Le ha perse tutte. La più grande di queste è stata quella di Bosnia, dove sono morte più di 300.000 persone, ed
ha prodotto due milioni e mezzo di senza tetto. E noi lo abbiamo bombardato solo nell'agosto e nel settembre del 1995. Avremmo dovuto farlo molto
prima."[1]
Durante quel giorno, e nei dieci giorni successivi la sua morte, venivano usati termini come "Macellaio dei Balcani" e "Macellaio di Belgrado" per
dozzine e forse per centinaia di volte, per parlare solo dei media USA ( ma con uso diffuso anche all'estero).[2]
Milosevic era il demonio inserito fra due cicli di demonizzazione di Saddam Hussein (1990-1991 e 2002-2006). Allora, il "Macellaio dei Balcani" veniva
elevato allo stesso pantheon dei mostri designati ufficialmente, come il "Macellaio di Baghdad", mentre un altro soggetto come Ariel Sharon, anche se
la sua invasione del Libano del 1982 e le conseguenti stragi di Sabra e Shatila da lui dirette venivano citate dal Tribunale Internazionale per i
Crimini nella ex Jugoslavia (ICTY, o Tribunale per la Jugoslavia) come esempio emblematico di "genocidio", [3] rimane un uomo di stato onorato, un
"uomo di pace", e certamente non verrà mai definito come il "Macellaio di Tel Aviv."
Il fondamento politico di questi epiteti assume maggior chiarezza in quanto Milosevic era stato il partner di Richard Holbrooke per il conseguimento
degli accordi di  Pace di  Dayton  del 1995, con i leaders Serbo-Bosniaci Ratko Mladic e Radovan Karadzic, in seguito considerati suoi compagni di
scellerataggini, ed inoltre imputati dall'ICTY come criminali di guerra.
"La gente continua a chiedersi se Milosevic si stia adoperando positivamente per un accordo di pace," così dichiarava Holbrooke a Dayton. "È impossibile
rispondere adesso a questa domanda. Tutti noi sappiamo come lui si sia ben adoperato su tutto...negli ultimi quattro mesi." [4]
Parimenti, Saddam Hussein era stato un partner degli Stati Uniti e della Gran Bretagna per tutti gli anni '80, ricevendo appoggio economico, aiuti
militari e sostegno diplomatico da parte di questa coalizione Anglo-Americana. Allora non vi erano state designazioni di "macellaio",
sebbene proprio in questo periodo il comportamento di Saddam risultasse dei più implacabili e usasse realmente allora "armi di distruzione di massa",
comunque sempre con il sostegno dell'Occidente. Il suo risultare esente dal linguaggio offensivo e diffamatorio, così come da sanzioni, bombardamenti,
processi presso corti internazionali di giustizia, derivava dall'offerta dei suoi servigi considerata positivamente, e naturalmente le stesse esenzioni
venivano attribuite alla potenza che era in grado di guidare e/o di usare questi leaders subalterni![5]
Per quel che concerne Milosevic, inizialmente le sue imputazioni per crimini di guerra da parte      dell' ICTY, il 22 maggio 1999, non riguardavano per
nulla la questione Bosniaca - si fondavano solamente su una sua supposta "autorità superiore" e sulla responsabilità di 344 morti in Kosovo, ma 299
di queste erano avvenute dopo che la NATO aveva dato inizio alla sua guerra di bombardamenti contro la Jugoslavia, il 24 marzo 1999. [6]
La Croazia e la Bosnia sono state tirate in ballo dalla Pubblica Accusa dell'ICTY solo diversi mesi dopo il rapimento di Milosevic del 28 giugno
2001 e il suo trasferimento all'Aja,  probabilmente per il fatto che il numero dei corpi trovati in Kosovo dopo la fine della guerra di
bombardamenti era deludentemente piccolo e certamente non sufficiente a sostenere un'accusa di "genocidio" [7]              Ecco dunque la Croazia e
specialmente la Bosnia, anche se questo faceva sorgere un potenziale numero
di problemi, e si presentava l'imbarazzo di aver aspettato sei anni per
affibbiare a Milosevic la nomea di anima nera per questi casi, e per giunta
veniva sollevato il problema del suo ruolo costruttivo a Dayton e dei suoi
precedenti sforzi per la pace (descritti più avanti).
Comunque, il Tribunale può contare sul sistema mediatico che non crea
attenzione su questi scomodi argomenti, e di questi argomenti voi non
troverete traccia sul New York Times nei numerosi articoli di Marlise Simons
sul processo a Milosevic. [8]
Rispetto ai numerosi problemi, l'atteggiamento troppo favorevole a resoconti
demonizzanti da parte del sistema dei media avveniva ad alto livello.
Per il Kosovo, i Dipartimenti della Difesa e di Stato degli USA a varie
riprese avevano dichiarato durante la guerra di bombardamenti che 100.000,
225.000 e in una conferenza stampa addirittura 500.000 Albanesi Kosovari
erano stati uccisi dall'esercito Jugoslavo.[9] Alla fine il numero si
riduceva a 11.000, sebbene dopo una ricerca eccezionalmente intensiva
venivano trovati solo circa 4.000 corpi, compresi un numero imprecisato di
corpi di combattenti e di vittime delle azioni della NATO e dell'UCK
(Esercito di Liberazione del Kosovo); e fino ai primi di marzo 2006 solo
2.398 persone delle liste della Croce Rossa risultavano ancora
scomparse.[10]
Mai vi è stato qualche cenno di criticismo nel sistema dei media sui numeri
gonfiati forniti ufficialmente dagli USA, non vi è stato mai alcun dubbio
espresso sull'esattezza della cifra di 11.000 morti, sebbene questa cifra
fosse fornita da fonti di provata inaffidabilità e fosse del 70% più alta
della cifra ufficiale dei corpi, comprendente anche quelli dell'elenco degli
scomparsi, complessivamente una cifra pari a 6.398.
Sul New York Times, Michael Ignatieff spiegava che se il numero dei corpi
trovati era stato inferiore agli 11.000, allora la causa era dovuta al fatto
che i Serbi avevano rimosso i cadaveri.[11] Costui non ha spiegato mai che
il numero dei corpi e degli scomparsi complessivamente era crollato ben
sotto agli 11.000, ma non aveva nulla da preoccuparsi: quando si ha a che
fare con un nemico da demonizzare, tutto va bene.
Nel gennaio 1993, ufficiali Bosniaco-Musulmani andavano asserendo che
200.000 o, qualche volta, un numero più alto di Musulmani di Bosnia erano
stati massacrati dai Serbi, [12] e malgrado le cifre fossero non verificate
ed emesse da una fonte prevenuta, questi numeri venivano immediatamente
accettati e resi ufficiali dal sistema mediatico e da quei giornalisti che
conducevano la campagna in favore della guerra, come David Rieff, Ignatieff,
Christopher Hitchens, Ed Vulliamy.
Le valutazioni al ribasso, sotto i 100.000, dell'ex funzionario del
Dipartimento di Stato George Kenney e di altri che avevano accesso ai dati
di intelligence, venivano semplicemente ignorate. Comunque, nel 2003, uno
studio di Ewa Tabeau e Jakub Bijak, ricercatori per conto dell'Unità
Demografica dell'Ufficio della Pubblica Accusa dell'ICTY, e una successiva
ricerca di Mirsad Tokaca, del Centro Documentazioni e Ricerche di base a
Sarajevo e finanziato dai governi della Bosnia e della Norvegia, entrambi
concordavano su una stima complessiva di morti Bosniaci dell'ordine dei
100.000.[13] Secondo lo studio di Tabeau-Bijak, solo 55.000 fra questi erano
di civili, compresi più di 16.000 Serbi.
Certamente si tratta di numeri non trascurabili, ma molto meno dei 200.000
(o più) Musulmani di Bosnia soddisfacenti ad appagare la smania di montare
un caso sul fatto che quelli fossero stati vittime di "genocidio" e per
giustificare l'intensa concentrazione di attenzione su questa area di
uccisioni in confronto ad altre, alcune delle quali vedevano implicati
numeri di vittime a sette cifre.[14]
Si dovrebbe sottolineare che allora vi era stata come una sfida a
rivendicare il numero degli ammazzamenti avvenuti durante il massacro di
Srebrenica, che dagli eventi del luglio 1995 era rimasto costante sugli
8.000. In questo caso, come in Kosovo, il numero dei corpi trovati nei
dintorni precipitava ben al disotto del numero complessivo inizialmente
reclamato ( e a lungo sostenuto) - solamente circa 2.600, compreso un numero
imprecisato di vittime che potevano essere state uccise in azione o prima
del luglio 1995.
Altre prove in appoggio alla cifra di 8.000 sono state insignificanti, e
malgrado la dichiarazione di   Madeleine Albright dell'agosto 1995 che "noi
vi osserveremo" via satellite, nessuna prova satellitare di rimozione o
riseppellimento di corpi mai è stata fornita all'opinione pubblica. Vi è un
buon motivo che questo non sia stato possibile farlo, che vi siano state
certamente centinaia di esecuzioni e forse un migliaio o più, la cifra di
8.000 resta un costrutto politico ed eminentemente criticabile.[15]
Ma dubitare sui resoconti su Srebrenica è pericoloso e anche approvare il
lavoro di chi ha sollevato una qualsivoglia questione in merito può
scatenare aggressioni.  Questo ha avuto drammatica evidenza in un'intervista
a Noam Chomsky da parte di Emma Brockes, pubblicata nel Guardian di Londra
il 31 ottobre 2005, dove il titolo dell'intestazione dell'intervista
recitava: [16] "The Greatest Intellectual? (Il più grande fra gli
intellettuali?)"
Domanda: Lei si è pentito di sostenere coloro i quali affermano che il
massacro di Srebrenica è ingigantito?
Risposta: Il mio solo rammarico è quello di non averlo fatto con una più
opportuna energia.

Le virgolette venivano utilizzate dalla Brockes e dal The Guardian
nell'affermazione aggiuntiva della Brockes, che Chomsky avesse dichiarato
che "durante la guerra di Bosnia il 'massacro' di Srebrenica era stato
probabilmente ingigantito," dopo di che lei sogghigna con un uso puerile di
virgolette, utilizzato fuori dell'intero contesto dell'intervista - le
virgolette non vengono usate nelle interviste verbali - nelle presunte
osservazioni di Chomsky sulle enfatizzazioni del massacro. Chomsky aveva
fatto le lodi del libro di Diana Johnstone Fools' Crusade - La crociata dei
folli, e aveva sottoscritto una lettera che stigmatizzava la decisione
Svedese di non pubblicarlo. La  Brockes andava dicendo che la Johnstone
aveva affermato che il numero dei giustiziati a Srebrenica era stato
"gonfiato esageratamente", ma la Johnstone non aveva mai fatto uso di questi
termini, mai aveva negato le esecuzioni, e aveva speso molto del suo
argomentare su Srebrenica rispetto al suo contesto e sull'uso strumentale
delle rivendicazioni del massacro presentate. Comunque, è illuminante
considerare come ogni accenno al fatto che la cifra di 8.000 sia stata
gonfiata non sia cosa lecita e sia da condannare, senza ulteriori
discussioni.
Le false affermazioni della Brockes erano risultate sufficientemente palesi
e numerose, tanto che The Guardian pubblicava un serie di commenti dal
titolo "Correzioni e chiarimenti" e rimuoveva l'intervista dal suo sito
web.[17] Per contro, questo provocava una risposta furibonda da parte di
quella che possiamo definire come la "Lobby del Genocidio Bosniaco", un
insieme ben organizzato di istituzioni ed individui che fanno riferimento a
George Soros, ai governi Occidentali e ad altri, che attaccano qualsiasi
argomentazione sfidi il resoconto degli avvenimenti stabilito ufficialmente.
Una delle più importanti reazioni alle "correzioni" era stata una lettera
sottofirmata da 25 scrittori ed analisti politici, un gruppo di affiliati
alle organizzazioni della Lobby -  il Balkan Investigative Reporting Network
(che pubblica Balkan Insight), il Bosnian Institute, e l'Institute for War
and Peace Reporting - e giornalisti come David Rieff, David Rohde, e Ed
Vulliamy; tutti insieme contestavano le "correzioni" e pretendevano il loro
ritiro da parte del The Guardian.[18]

Forse la più evidente caratteristica di questa lettera era l'uso delle
parole "revisionismo" e "negazionismo" con riferimento ad ogni interrogativo
sul numero stabilito, e il considerare ogni accento di dubbio come
intollerabile. L'"autorità" su questo argomento, se vi fosse stato
"genocidio", era l'ICTY , "un tribunale internazionale insediato dalle
Nazioni Unite" - quindi presumibilmente un organismo indipendente ed
autorevole, malgrado le tante prove che evidenziavano il contrario ( vedi
più avanti). Particolare interessante, lo stesso ICTY indicava che la cifra
di 8.000 esecuzioni poteva essere stata gonfiata, dato che i suoi giudici
avevano dichiarato che le prove "suggerivano" solo che la maggior parte dei
7.000-8.000 classificati come "scomparsi" potevano essere stati giustiziati
o altresì morti in combattimento, e che la cifra possibile di giustiziati
poteva aggirarsi solo sui 3.600-4.100, e così i giudici andavano ad
appartenere alle categorie del "revisionismo" e del "negazionismo".[19]
Naturalmente, anche i documenti relativi allo studio Tabeau-Bijak e la
ricerca di Tokaca coordinata dal Centro Documentazioni e Ricerche
costituivano casi nitidi di "revisionismo" e di "negazionismo", secondo
l'uso peculiare della Lobby di questi termini. Ma, dato il fatto che il
lavoro dei primi aveva avuto il sostegno dello stesso ICTY e i secondi
quello dei governi di Bosnia e Norvegia, l'analogo ricorso della Lobby a
questo tipo di accuse non poteva essere messo in atto.   In questo caso la
strada scelta è stato il silenzio, una strada presa anche dal sistema dei
mezzi di informazione e dai funzionari Statunitensi.[20]
Per i media di tutto il mondo, una ricerca base di dati Nexis per i primi
undici giorni a partire dalla morte di Milosevic [21] svela che il prezzo
delle morti riportato nelle guerre in Bosnia-Erzegovina, o complessivamente
nella ex Jugoslavia, veniva dichiarato essere di 200.000, o più, in almeno
202 differenti articoli, ( ad esempio, notiziari, necrologi, editoriali), e
di 100.000 solo in 13 articoli.  Anzi, in almeno 99 differenti articoli, il
prezzo delle morti veniva valutato essere di 250.000; e di 300.000 in non
meno di 27 differenti documenti. Per i soli mezzi di informazione USA il
rapporto era di 76 a 2. Sebbene la conclusione dei ricercatori dell'ICTY,
come pure di quelli del Governo della Bosnia, fosse che una cifra
sull'intorno delle 100.000 vittime era una stima più accurata per le morti
della guerra in Bosnia, questa cifra quasi mai veniva citata in documenti e
commenti sulla guerra.
Questo rende testimonianza dell'inveterato pregiudizio dei media, e che il
prezzo di morte fornito da fonti dell'establishment abbastanza erudite non è
stato in grado di scalzare le vecchie cifre più elevate, dichiarate in
precedenza dai funzionari Musulmani di Bosnia, notoriamente privi di
scrupoli.[23]
I giornalisti odiano abbandonare i numeri che tanto bene hanno consentito ad
alimentare i loro pregiudizi!

L'ICTY come braccio politico della NATO
Prima di prendere in esame le accuse che Milosevic ha dovuto affrontare nel
suo processo, consentiteci di esaminare più attentamente l'organismo che ha
mosso queste accuse, questa "corte internazionale istituita dalle Nazioni
Unite". Naturalmente risulta un fatto interessante, che gli Stati Uniti,
leaders nell'organizzare e nel sostenere l'ICTY, hanno rifiutato di avere
qualsiasi rapporto con la Corte Criminale Internazionale, ICC, di recente
istituzione, presumibilmente per il fatto che questo tribunale rappresenta
una minaccia di "politicizzazione". [24] Commentatori obiettivi potrebbero
chiedersi se il problema con l'ICC possa essere individuato nel fatto che
l'ICC è meno soggetto al controllo Statunitense dell'ICTY, e se il merito
dell'ICTY dal punto di vista degli USA possa essere stato quello di essere
dominato dagli stessi Stati Uniti, e quindi la politicizzazione avviene in
una conveniente direzione. Questo problema non si pone per i fautori
dell'ICTY, come i 25 firmatari della lettera al The Guardian  pro Brockes, o
a Marlise Simons et al., in buona sostanza perché l'influenza dominante
degli USA è considerata da loro come naturale, appropriata, e sicuramente
usata per fini giusti. Il termine "politicizzazione" in questi casi di
profondo pregiudizio interiorizzato non viene usato, più dei termini come
"aggressione" o "terrorismo".
Di fatto, la politicizzazione dell'ICTY è stata totale attraverso l'iniziale
organizzazione, la fornitura del personale, i finanziamenti, e il controllo
minuzioso del personale ai vertici attraverso alti funzionari della NATO,
[25] con le potenze della NATO che forniscono ( o nascondono [26])
informazioni e servono come braccio poliziesco dell'ICTY, e, più
essenzialmente, attraverso le azioni dell'ICTY strettamente conformate con
le richieste della NATO.
Il ruolo politico dell'ICTY è stato perfino apertamente ammesso dall'ex
giurista del Dipartimento di Stato Michael Scharf, che dichiarava nel 1999
che l'organizzazione era considerata dal governo come "poco più di uno
strumento di pubbliche relazioni", utile perfino "per isolare
diplomaticamente i leaders da colpevolizzare" e per "rafforzare la volontà
politica internazionale ad applicare sanzioni economiche o l'uso della
forza." [27] Il Professore di Diritto all'Università di York Michael Mandel
ha esposto in modo persuasivo il caso nel suo How America Gets Away With
Murder - (Come l'America la fa sempre franca), che l'ICTY era stato
insediato "come uno strumento di opposizione al processo di pace e per
giustificare la soluzione militare a cui loro, i dirigenti USA, accordavano
la preferenza."[28]  Il giurista puntualizzava come il funzionario del
Dipartimento di Stato Lawrence Eagleburger aveva definito i leaders al
vertice della Serbia come criminali di guerra già nel dicembre 1992, poco
prima che l'ICTY venisse creato nel 1993, e che funzionari USA già
utilizzavano la supposta criminalità Serba per sovvertire i piani di pace
che erano sotto considerazione nel 1992 e nel 1993. L'argomentazione era che
"la giustizia" non poteva dare strada alla convenienza politica e al
raggiungimento di obiettivi, come quello di portare a termine un conflitto
senza più combattere. "In altre parole, il progetto per un tribunale per
crimini di guerra veniva usato dagli Americani per giustificare la loro
intenzione di entrare in guerra, con i conseguenti danni collaterali e tutto
il resto, stigmatizzando come Nazisti i nemici che si erano
prefigurati."[29]

L'evidenza delle accuse di Mandel sta nell'evidenza della storia.
Gli Stati Uniti e Izetbegovic hanno fatto naufragare l'importante accordo di
pace di Lisbona del febbraio 1992, ed hanno contribuito ad ostacolare la
pace che si voleva realizzare attraverso i piani Vance-Owen ed
Owen-Stoltenberg, come descritto nella memoria di David Owen, Balkan
Odyssey.[30] Questo programma di prevenzione della pace ha permesso la
continuazione delle guerre Bosniache per quasi quattro anni, con la
conclusione degli accordi di  Dayton che hanno ridotto la Bosnia ad una
provincia coloniale della NATO.
Durante la rincorsa verso la guerra in Kosovo, il lavoro dell'ICTY si
adattava veramente in modo stretto al piano di guerra della NATO (e in buona
sostanza degli USA). Quando la NATO dette inizio alla pianificazione della
guerra nel giugno 1998, l'ICTY scatenava una campagna parallela di accuse
ben pubblicizzate e di inchieste sulle azioni dei Serbi in Kosovo e di
denunce del comportamento dei Serbi.[31] In relazione ad uno degli
avvenimenti cardine di preparazione alla guerra, le uccisioni a Racak del 15
gennaio 1999, il procuratore capo dell'ICTY Louise Arbour, immediatamente il
giorno successivo, si precipitava sulla scena per cercare confessioni,
dichiarando all'istante che si trattava di un "crimine di guerra", solo
sulla base di una comunicazione con il rappresentante USA e OSCE William
Walker.[32] Due mesi più tardi, il 31 marzo 1999, proprio una settimana dopo
l'inizio della guerra di bombardamenti, la Arbour teneva una conferenza
stampa per rendere pubblica la messa in stato di accusa in precedenza
stabilita di Zeljko Raznatovic ("Arkan"), un procedimento giudiziario
preparato ben prima del settembre 1997, ma reso pubblico in tempo giusto,
quando serviva necessariamente alla propaganda delle potenze della NATO.
[33]

La messa in stato di accusa di Milosevic e di altri quattro dirigenti il 22
maggio 1999 ( sebbene non resa pubblica fino al 27 maggio),[34] costituiva
un punto alto nei servizi di pubbliche relazioni dell'ICTY resi alla NATO, e
chiaramente era stata fatta in collaborazione con funzionari NATO.[35]
Avveniva nel bel mezzo della guerra di 78 giorni di bombardamenti della NATO
contro la Jugoslavia, e più in particolare nel periodo in cui la NATO aveva
dato inizio ai bombardamenti contro impianti ed infrastrutture civili della
Serbia. Questa ultima fase aveva provocato inquietudine e dure critiche
anche nei paesi NATO, e dunque l'atto di accusa serviva nell'ambito delle
pubbliche relazioni a distrarre l'attenzione dalla nuova tornata di
bombardamenti NATO, e a direzionarla verso l'infamia dei dirigenti della
nazione presa di mira.  Clinton, Madeleine Albright e James Rubin
immediatamente richiamavano l'attenzione su questa implicazione, e la
Albright dichiarava che gli atti di accusa "facevano chiarezza al mondo e
all'opinione pubblica nei nostri paesi che questa politica della NATO è
giustificata, dati i crimini commessi, ed inoltre penso che questo ci
consentirà di portare a termine tutti questi processi [traduzione:
bombardamenti]" [36]
La messa in stato di accusa veniva imbastita in modo affrettato, basata su
informazioni fornite alla pubblica accusa dell'ICTY dagli Stati Uniti e dal
Regno Unito, entrambi parti interessate, informazioni per ammissione dello
stesso Tribunale non verificate (malgrado la dichiarazione del procuratore
Arbour del 20 aprile 1999 che "Noi siamo soggetti a regole probatorie
estremamente stringenti con riguardo alla ammissibilità e alla credibilità
di quello che noi andremo a produrre in aula; sicuramente non sarà promosso
alcun caso contro qualsiasi persona sulla base di accuse non provate, prive
di sostanza, non verificabili, non avvalorate."[37]). La sua natura politica
era ulteriormente indicata dalle affermazioni della Arbour al momento in cui
emetteva l'atto di accusa dato che "le prove per cui questo atto formale di
accusa è stato confermato sollevano seri problemi sulla adeguatezza degli
accusati ad essere considerati degni di fiducia persino in un qualsiasi
affare commerciale, figurarsi poi in un accordo di pace." Naturalmente,
Milosevic e i suoi colleghi accusati non erano ancora stati processati e
condannati, ma sebbene la Arbour ammettesse che gli accusati "avevano il
diritto alla presunzione di innocenza fino a quando non fossero stati
condannati," le "prove" in questo caso (non verificate dall'ICTY) esigevano
che questa norma  fosse messa da parte! [38]

Ancora prima, nel luglio 1995, l' ICTY aveva messo in stato di accusa Mladic
e Karadzic per il loro ruolo durante la guerra in Bosnia-Erzegovina,
compresa l'accusa di "genocidio" per il comportamento dei loro subordinati
nelle varie strutture di detenzione con riferimento al 1992. Quattro mesi
più tardi, a metà novembre, l'ICTY estendeva questo procedimento a coprire
un secondo capo di accusa di "genocidio" per Srebrenica, ben prima che i
fatti relativi alle accuse fossero stati raccolti e verificati dall'ICTY, e
questo era funzionale all'esclusione di questi due ufficiali Serbo-Bosniaci
dal processo di pace di Dayton .[39]
Da sottolineare come l'atto formale di accusa "segnasse un passaggio
fondamentale", visto che l'allora Presidente dell'ICTY  Antonio Cassese
esplicitava chiaramente il suo obiettivo politico in un'intervista ad un
quotidiano Italiano, L'Unità. "La messa in stato di accusa comporta che
questi gentiluomini non saranno in grado di partecipare ai negoziati di
pace," così Cassese metteva in rilievo. "Vogliamo proprio vedere chi si
siederà ora al tavolo dei negoziati con degli uomini accusati di
genocidio."[40]
Come Scharf aveva fatto notare nel 1999, uno degli scopi della creazione
dell'ICTY era stato "di isolare diplomaticamente i leaders nemici", un
obiettivo politico, non uno scopo giudiziale.[41]
Mentre la Arbour era estremamente allerta rispetto al crimine di guerra di
Racak non comprovato, offrendo subito i suoi servizi il giorno successivo,
quando Michael Mandel le aveva presentato un dossier di tre volumi sui
crimini di guerra della NATO, questo portava via a lei e alla sua
succeditrice Carla del Ponte un anno intero per considerare il caso, con
alla fine la del Ponte dichiarare che una verifica preliminare aveva
riscontrato che questa serie di accuse non aveva ancora fornito una base per
aprire una inchiesta!
Un documento interno aveva dichiarato che con solo 495 vittime
"semplicemente non esiste in questo caso prova del fondamento di un crimine
essenziale per accuse di genocidio o di crimini contro l'umanità," sebbene
appena 45 morti di Racak avessero indotto la  Arbour ad una mozione
aggressiva, e la messa in stato di accusa di Milosevic del 22 maggio 1999
presentasse una lista di sole 344 vittime, non verificate dall'ICTY.[42]
L' "indipendenza" dell'ICTY veniva ulteriormente messa in luce dal fatto che
il principale esperto della del Ponte nello sviluppo del caso sulla mancata
inchiesta indicava che lui aveva fatto assegnamento sulle rassegne stampa
dei paesi della NATO come fonti di informazione, considerandole
"generalmente affidabili e che fornivano delucidazioni in modo onesto." [43]
Siamo costretti a ricordarvi le assicurazioni della pubblica accusatrice
Arbour, citate in precedenza, che il suo ufficio applicava solo "regole
probatorie estremamente stringenti", che escludevano "accuse prive di
sostanza, non verificabili, non avvalorate", però con la netta esclusione
delle accuse contro i suoi (e della del Ponte) datori di lavoro della NATO.
Queste prove evidenti della subordinazione politica dell'ICTY, come pure le
induzioni ai crimini di guerra - i bombardamenti di impianti civili della
Serbia venivano accentuati immediatamente in seguito alla messa in stato di
accusa di Milosevic alla fine di maggio 1999 - e la sua ridicola
impostazione per non investigare anche sui crimini di guerra della NATO,
avrebbero dovuto gettare il discredito sull'ICTY come istituzione supposta
giudiziale, se noi non avessimo a che fare con una macchina propagandistica
ben lubrificata che può far ingoiare ogni cosa in nome del portare
"giustizia" contro un nemico demonizzato. E la demonizzazione è facile
avendo a che fare con una guerra civile, dove vi sono molte vittime di
ingiustizie e/o di scuri politiche da brandire. Il trucco è quello di
scegliere le vittime giuste, passarle in rassegna in gran numero e con
ricchezza di emozioni, permettere un uso illimitato di prove per sentito
dire, [44] attribuire le loro sofferenze allo scellerato demonio, stracciare
il contesto e riscrivere la storia, e ne risulterà in maniera lampante che
la "giustizia" deve richiedere la testa del demonio.

Le accuse contro Milosevic
Nella demonizzazione di Milosevic, alcune delle più importanti affermazioni
sostenenti il suo status demoniaco venivano formulate attraverso le accuse
spiegate dettagliatamente nei diversi procedimenti processuali, [45] insieme
alle prove prodotte in appoggio a queste accuse. Tutte queste erano state o
divenivano le premesse del sistema di informazioni e dei membri della Lobby.
Torniamo a queste accuse e analizziamo come oggi si sostengono, avendo
l'accusa alla fine di febbraio 2004 portato a termine i suoi argomenti
processuali, e avendo Milosevic impostato la sua difesa dalla fine di agosto
2004, bloccata poi dalla sua morte.[46]
1. Autore di quattro guerre ed orchestratore di queste guerre.
Centrale nel processo dell'ICTY, e di fatto reiterata in tutti gli articoli
sulla sua morte, è l'affermazione che Milosevic non era solamente
responsabile personalmente per le guerre dei Balcani degli anni Novanta, ma
che forse era per queste l'unico responsabile. Infatti i processi a
Milosevic sono pieni  zeppi di accuse che lui aveva partecipato ad "una
associazione a delinquere come co-esecutore materiale," e che, in relazione
al territorio in discussione (Kosovo, Croazia, o Bosnia), lo "scopo" di
ognuna di queste imprese criminali era la "espulsione di una porzione
sostanziale delle," o la "rimozione violenta della maggioranza delle," o la
"rimozione forzata e permanente della maggioranza delle," popolazioni di
etnia non-Serba da ciascun territorio, o di "assicurare un continuo
controllo Serbo," o di creare un "nuovo stato dominato dai Serbi" - la
cosiddetta "Grande Serbia", cosa che ha mandato in estasi i commentatori
Occidentali.[47] Milosevic "portava la responsabilità della disgregazione
della Jugoslavia...e delle conseguenti guerre," questo sosteneva
costantemente Misha Glenny in tutta una serie di necrologi su Milosevic.[48]
Anche Richard Holbrooke riassumeva il concetto di demonio in una rubrica
giornalistica, la morte di Milosevic in una cella della sua prigione,
"sapendo che non avrebbe mai più visto la libertà", era una "giusta fine per
uno che aveva scatenato quattro guerre (perdendole tutte), causando 300.000
morti, lasciando senza casa più di due milioni di persone, e mandando in
pezzi i Balcani." [49] Dopo la morte di Milosevic, sentimenti di questo tipo
costituivano un refrain quasi costante nei mezzi di informazione
Occidentali. Gli altri nazionalismi che erano venuti a galla in queste
guerre erano stati presumibilmente una reazione; solo quello di Milosevic e
dei Serbi era stato la causa scatenante.
Questa interpretazione da diabolico scellerato nella storia recente dei
Balcani non è semplicemente sciocca, ma viene contraddetta da un gran numero
di testimonianze.
Per prima cosa, falsifica il ruolo degli altri nazionalismi nei Balcani - il
nazionalismo Croato era forte e i suoi fautori come il Presidente Franjo
Tudjman bramavano e progettavano la secessione ben prima dell'andata al
potere di Milosevic [50]; e la spinta del Presidente Musulmano di Bosnia
Alija Izetbegovic's verso la dominazione Musulmana in Bosnia datava da tanto
tempo prima, dalla sua Dichiarazione Islamica del 1970.[51]
Secondariamente, viene esagerato il nazionalismo di Milosevic, questo sì
risposta alle minacce percepite verso gli interessi Serbi e ai sentimenti
nazionalisti scaturiti dalle altre componenti; e i famosi discorsi di
Milosevic ultra-nazionalisti del 1987 e del 1989 non sono stati
assolutamente ultra-nazionalisti. In vari passaggi di questi discorsi,
veniva sottolineata l'importanza della "fratellanza e dell'unità" per la
sopravvivenza della Jugoslavia; Milosevic metteva in guardia contro tutte le
forme di "separatismo e di nazionalismo" come anti-moderne e
contorivoluzionarie; ed invocava una mutua tolleranza e "la completa
uguaglianza fra tutte le nazioni" all'interno di una Jugoslavia
multinazionale, usando un linguaggio accuratamente censurato negli articoli
di informazione su questi discorsi.[52] Fra i miti costruiti per spiegare la
dissoluzione della Jugoslavia e la sua incorporazione nell'assetto dell'
Occidente, sicuramente quello che accusa Milosevic di aver usato questi due
discorsi per attizzare i fuochi del nazionalismo che avrebbero accompagnato
il crollo della Jugoslavia si classifica come il più resistente.
Terzo, questo punto di vista sottovaluta grossolanamente il ruolo della
Germania, degli Stati Uniti e delle altre potenze straniere nel provocare e
nel sottoscrivere le guerre. La Germania ha aperto la strada incoraggiando
la Slovenia e la Croazia alla secessione dalla Jugoslavia, in violazione
degli accordi di Helsinki e della Costituzione Jugoslava. Ogni azione
dell'esercito Jugoslavo ad impedire questa secessione illegale e per
proteggere l'integrità dello stato comune di Jugoslavia doveva essere
considerata come una "reazione", e la Germania e i leaders dei paesi
secessionisti dovevano essere visti come "artefici" delle guerre successive.
Quarto, le grandi potenze erano inoltre pesantemente responsabili per queste
guerre a causa del loro rifiuto a permettere ai "popoli" all'interno di
queste repubbliche nate artificialmente e secessioniste di trasferirsi e di
rimanere con la Jugoslavia o di essere incorporate pacificamente nella
Serbia o nella Croazia. La Commissione Badinter (1991-1992) promossa dalla
Unione Europea si era dichiarata contraria a tale separazione, sebbene
considerasse plausibile il diritto alla secessione, e quindi la secessione
delle repubbliche veniva per lo meno giustificata da questa Commissione.
Questa dichiarazione imposta dall'esterno risultava gravemente responsabile
per le lotte e le pulizie etniche che ne seguirono.
Quinto, Milosevic, alla fine di giugno 1991, al tempo della secessione della
Slovenia, era Presidente della Serbia, ma non della Jugoslavia, e non aveva
avuto nulla a che vedere con la reazione dell'esercito Jugoslavo.[53] Questa
reazione era stata disordinata ed estremamente modesta, con scaramucce che
erano durate solo una decina di giorni. Ma che "guerra"! E per la
responsabilità di Milosevic per la guerra in Kosovo, ora è chiaro che gli
Stati Uniti e i loro alleati, e fra questi anche l'ICTY, stavano
preparandosi alla guerra già dall'aprile 1998, [54] con gli Stati Uniti che
alla fine porgevano aiuto all'UCK (KLA-Esercito di Liberazione del Kosovo) e
fornivano a costoro ragione di pensare che la NATO alla fine sarebbe
arrivata in loro aiuto con un intervento militare diretto. Inoltre, risulta
ben fondato che la conferenza di pace di Rambouillet del 1999 era una frode,
con la "sbarra" deliberatamente sollevata per assicurare l'emarginazione e
il rifiuto della Jugoslavia e per giustificare un'aggressione militare.[55]
Milosevic non aveva dato inizio a questa guerra, erano stati gli Stati Uniti
e i loro alleati della NATO a farlo, e avevano fatto questo in evidente
violazione della Carta delle Nazioni Unite.

2. Il piano per creare una "Grande Serbia"
Nella serie di accuse dell'ICTY a  Milosevic, l'affermazione che egli aveva
messo in atto tutti gli sforzi per dare luogo alla "Grande Serbia" si impone
fortemente come giustificazione delle guerre Jugoslave.  Sei anni fa, Tim
Judah scriveva che era una "crudele ironia" che tutto fosse cominciato con
la parola d'ordine "Tutti i Serbi in un Solo Stato"; e in un necrologio sul
Washington Post dello scorso marzo si leggeva ancora che "l'impegno di
Milosevic di unificare tutti i Serbi in un unico Stato si era rivelato come
una ironica promessa." [56] Ma in verità questa non è stata ne' una
"crudele" ne' un altro tipo di ironia. E tanto meno è una valida
spiegazione. Piuttosto, vi è una grossa mistificazione delle dinamiche, sia
di questi conflitti crudeli, sia del linguaggio e delle politiche di
Milosevic.
Il 25 agosto 2005, durante una delle fasi più rimarchevoli del processo a
Milosevic, dopo che l'ex deputato a Primo Ministro della Serbia Vojislav
Seselj aveva reso una testimonianza convincente che questa nozione di
"associazione a delinquere" e il ruolo di Milosevic nella presunta ricerca
di una "Grande Serbia" erano incompatibili con l'intero svolgimento degli
avvenimenti, l'avvocato dell'accusa Geoffrey Nice portava a conoscenza della
corte che Milosevic mai aveva sostenuto una "Grande Serbia", ma piuttosto
che egli desiderava che tutti i Serbi potessero rimanere a vivere in un
unico Stato.[57] Di questo si trattava, Nice ammetteva che le intenzioni di
Milosevic erano difensive, che egli desiderava prevenire lo smantellamento
della Jugoslavia, ma come una seconda linea di difesa egli cercava di
aiutare le minoranze Serbe in difficoltà nelle repubbliche secessioniste, a
stare tutti insieme. Tanto per dire, questo aveva fatto Abraham Lincoln dopo
la secessione degli Stati del Sud mentre si scatenava la Guerra Civile,
presumibilmente aveva cercato di creare la "Grande America"! Questa
spettacolare ammissione da parte di Nice, che metteva in confusione i
giudici, avrebbe dovuto eliminare o rendere inoffensiva l'accusa principale
dell'ICTY.
Ma non è proprio vero che Milosevic si battesse costantemente per mantenere
tutti i Serbi in un unico Stato. Invece aveva appoggiato o concordato tutta
una serie di risoluzioni, come quelle di Brioni (luglio 1991), Lisbona
(febbraio 1992), Vance-Owen (gennaio 1993), Owen-Stoltenberg (agosto1993),
il Piano di Azione Europeo (gennaio 1994), il Piano del Gruppo di Contatto
(luglio 1994), e ultimamente gli Accordi di Dayton (novembre 1995) - nessuno
dei quali prevedeva tutti i Serbi in un unico Stato. Egli aveva evitato di
difendere i Serbi della Krajina, quando questi erano stati sottoposti alla
pulizia etnica da parte della Croazia, dal maggio all'agosto 1995.
Milosevic aveva convenuto per un contrazione della ex Repubblica Socialista
Federale di Jugoslavia in Repubblica Federale di Jugoslavia (vale a dire
Serbia e Montenegro - quella che ora sta subendo la lacerazione finale), che
in effetti abbandonava i Serbi della Croazia e della Bosnia al loro destino,
fuori da ogni "Grande Serbia". Il suo aiuto dato ai Serbi di Croazia e della
Bosnia era stato sporadico, e i leaders di questi Serbi ritenevano che lui
fosse stato un alleato opportunista e non affidabile, più interessato a
rimuovere le sanzioni imposte contro la Jugoslavia che a fare sacrifici per
i Serbi in difficoltà altrove.
In breve, Milosevic non si era sforzato di difendere con costanza i Serbi,
quando li aveva visti in difficoltà, considerando le ostilità  e le minacce
che stavano subendo negli Stati secessionisti di una Jugoslavia
progressivamente smantellata; non aveva mai desiderato battersi con fermezza
per preservare una Federazione Jugoslava ristretta che avrebbe dovuto
accogliere tutti i Serbi in un successivo Stato comune. Definire tutto
questo come una deriva verso una "Grande Serbia" è un esercizio retorico di
politica Orwelliana, che trasforma una debole (e fallita) difesa in
un'offesa vigorosa ed aggressiva.

3. Un leader con responsabilità di comando in una "associazione per
delinquere", con l'obiettivo di eliminare i Musulmani Bosniaci.
L'ICTY ha preteso in modo estremo di applicare a Milosevic il concetto di
responsabilità di comando e in maniera eccezionalmente radicale nel
dipingerlo come leader di una "associazione a delinquere". Durante il
processo, nessuno dei 296 testimoni d'accusa ha testimoniato di qualche sua
istruzione a commettere azioni che si potessero configurare come crimini di
guerra, o di qualche sua espressione di approvazione di azioni criminali, e
non veniva prodotto nessun documento che appoggiasse il punto di vista
dell'accusa su questi argomenti, (mentre piuttosto, alcuni testimoni hanno
testimoniato della sua collera per i crimini di guerra e hanno anche citato
casi di messa in stato di accusa di personale Jugoslavo per attività
criminali di guerra). Ma tuttavia, egli avrebbe dovuto sapere, ed era allora
responsabile per i suoi subordinati. Inutile dire, la stessa regola non
veniva applicata dall'ICTY nei confronti dei leaders ai vertici della NATO,
della Croazia e della Bosnia-Erzegovina.
La categoria "associazione per delinquere" veniva adottata dall'accusa per
estendere le responsabilità penali di Milosevic alle situazioni di guerra in
Croazia e in Bosnia-Erzegovina, ed in particolare per associare Milosevic
con Mladic e Karadzic come partners nelle più ampie uccisioni in Bosnia.[58]
Risultava imbarazzante che gli ultimi due fossero stati messi in stato di
accusa già nel 1995 e non il "boss", ma era da sottolineare come i media non
avessero dato l'opportuno rilievo alla cosa.  Negli atti formali di accusa
contro Milosevic emessi nel corso del 2001, il boss e i leaders  Serbi di
Bosnia presumibilmente avevano un obiettivo comune: quello di eliminare i
Musulmani nell'interesse della cosiddetta "Grande Serbia". Sfortunatamente
per l'ICTY, non è stato ancora scoperto alcun "piano" comune, ma i supposti
partners avevano qualche volta cooperato e Musulmani erano stati ammazzati.
Esistono prove molto più solide relative ad un progetto unitario
Croato-Statunitense per scacciare i Serbi dalla Krajina, efficacemente messo
in atto fra il maggio e l'agosto 1995, ma questa unione non è stata mai
perseguita dall'ICTY come "un'associazione a delinquere". L'unico fatto
evidente che vede implicato Milosevic mette in risalto la sua approvazione,
come citato in precedenza, per tutta una serie di piani di pace dal 1991 in
avanti, qualche volta in presenza della furibonda opposizione dei leaders
Serbo-Bosniaci, tentativi di pace da parte di uno "scellerato" che molto
chiaramente mai consideravano la eliminazione dei Musulmani.

4. Colpevole di "genocidio"
Milosevic veniva imputato di due capi di accusa per "genocidio" nel 2001,
visto che in precedenza nello stesso anno il generale Serbo-Bosniaco
Radislav Krstic era stato ritenuto colpevole di "genocidio",... e Milosevic
era il boss dell'"associazione per delinquere"!
Il processo Krstic era relativo agli accadimenti di Srebrenica, e si basava
sulla logica giudiziaria dell'ICTY, dal momento che gli argomenti per una
"associazione a delinquere" erano non solo assolutamente insostenibili, ma
privi di senso.  Si può pensare di sterminare tutti i Musulmani di Bosnia se
vengono risparmiate le donne e i bambini e in gran parte vengono giustiziati
solo uomini abili all'esercizio delle armi fino a quel momento accampati in
una di quelle "Aree di Sicurezza" supposte demilitarizzate?  La
giurisprudenza della corte durante il procedimento Krstic prevedeva che le
azioni costituivano genocidio se i perpetratori consideravano "di progettare
la distruzione in modo opportuno, tale da annichilire un gruppo come entità
distinta nell'area geografica in questione."[59] Questo rendeva il genocidio
equivalente alla pulizia etnica, e quindi vi erano stati dozzine di casi di
"genocidio" in Bosnia sulla base di questo assurdo criterio, [60] compresi
quelli prodotti dal comandante Musulmano di Bosnia Naser Oric nel 1992-1993
nei villaggi nei pressi di Srebrenica. L'eliminazione e le uccisioni dei
Serbi della Krajina da parte dei Croati (con l'aiuto attivo degli Stati
Uniti) dovrebbero apparire più chiaramente come caso di genocidio, con molta
più evidenza del massacro di Srebrenica, visto che la pulizia etnica dei
Croati ha implicato l'assassinio di diverse centinaia di donne e bambini e
ha visto coinvolta un'area geografica ben più estesa.
La sentenza Krstic di genocidio non solo era pilotata ed usata
selettivamente dall'ICTY, era una falsificazione del significato del termine
e, possiamo dire, un impiego "revisionista" che minimizzava il significato
delle politiche che avevano come obiettivo la cancellazione di un intero
popolo (come lo stesso Elie Wiesel aveva fatto rilevare [61]).
Quello che più fa scandalo, il processo a Milosevic non ha prodotto nemmeno
uno straccio di prova che Milosevic fosse a conoscenza, o approvasse, o
avesse il potere di controllare gli eventi di Srebrenica, che avevano avuto
le loro radici nel contesto locale ed erano avvenuti per mano delle forze
Serbo-Bosniache. Inoltre, in una ricerca accademica esauriente, lo storico
Olandese Cees Wiebes scrive che " lo stato d'animo a Belgrado era di
incredulità...Un'intervista con l'ufficiale minerario Serbo-Bosniaco Rajko
Dukic, che si lamentava con Milosevic per la caduta dell'enclave, indica che
Milosevic era anzi stupito. Milosevic aveva chiesto al gruppo di persone che
comprendeva anche Dukic "chi fosse l'idiota" che aveva preso la decisione di
attaccare Srebrenica."[62]

La morte, o l'omicidio, di Milosevic
La morte di Milosevic è stata di aiuto all'ICTY. La sua difesa stava
procedendo bene, e aveva assestato duri colpi alle affermazioni dell'accusa
su un suo supposto disegno di una "Grande Serbia", sul massacro di Racak,
sui legami stretti e sui progetti comuni con coloro i quali aveva
presumibilmente commesso degli illeciti, sulla storia delle guerre per le
quali era stato accusato di responsabilità, e per le politiche dell'esercito
e della polizia della Jugoslavia.
Naturalmente la sua difesa veniva quasi totalmente ignorata dal sistema dei
mezzi di comunicazione, ma questa difesa avrebbe creato dei problemi alla
sentenza e alle decisioni conclusive dei giudici. Dato il ruolo politico
dell'ICTY e i pregiudizi profondamente radicati nei giudici selezionati
opportunamente, così come nei media, e più in generale negli ambienti
culturali, non vi è alcun dubbio che Milosevic sarebbe stato ritenuto
colpevole - un tribunale politico produce una sentenza politica. Ma la loro
sentenza e la decisione finale sarebbero risultate vulnerabili agli attacchi
critici, dato che una corte onesta e priva di pregiudizi non avrebbe potuto
evitare accertamenti contro la messa in stato di accusa. In effetti, questo
tribunale avrebbe dovuto già da tanto tempo liberarsi di questo caso!
La morte di Milosevic mette fine alla necessità di sostenere una motivazione
giuridica per il necessario accertamento di colpevolezza. La sua condanna
era stata decisa da tanto tempo, e il sistema dei media lo aveva già
dichiarato colpevole, accusandolo ancora una volta in occasione della sua
morte, coprendolo largamente di insulti e di assurde affermazioni
ripetitive, come visto in precedenza.
Milosevic riteneva che lo stavano avvelenando, e l'ICTY e i media avevano
alluso al fatto che fosse lui stesso ad avvelenarsi, o in un tentativo di
suicidio o per peggiorare il suo stato di salute per giustificare la
richiesta di un trattamento medico all'esterno. Niente di tutto questo è
plausibile, ma quello che risulta veritiero è che le cure mediche prestate
dall'ICTY hanno sicuramente accelerato la sua morte e hanno reso questa
istituzione colpevole di qualche forma di grave negligenza criminale, forse
anche di omicidio colposo.
A Milosevic era stato rifiutato il permesso di vedere i suoi famigliari per
più di quattro anni, durante le sedute dibattimentali era stato trattato
duramente dal Tribunale, [63] ed esplicitamente gli era stato negato il
diritto di essere sottoposto a cure mediche a Mosca, cosa che aveva già
richiesto dallo scorso dicembre 2005, che sia consulenti medici Russi che
indipendenti avevano invocato urgentemente per la sua sopravvivenza. Per
ultimo, il 23 febbraio 2006, i giudici della corte sentenziavano di "non
avere sufficienti assicurazioni" che Milosevic, "una volta rilasciato,
sarebbe ritornato per la continuazione del processo," [64] malgrado
l'impegno del governo della Russia per il suo ritorno e la palese
determinazione di Milosevic di vedere la sua difesa arrivare a conclusione.
Questo è lo stesso Tribunale che di recente ha concesso all'Albanese del
Kosovo, Ramush Haradinaj, "messo in stato di accusa come criminale di
guerra" di lasciare la prigione e di ritornare in Kosovo per impegnarsi in
una campagna elettorale. L'ICTY ha conservato uno standard di comportamento
realmente a doppia faccia, che riflette il suo ruolo politico; e nel caso
del suo atteggiamento nei confronti di Milosevic, questo si è dimostrato
mortifero.
Conclusione
La cattura e il processo a Milosevic hanno costituito il punto più alto
nelle prestazioni dell'ICTY in favore della NATO, opportunamente per
dimostrare con un processo spettacolo come fosse malvagio l'obiettivo preso
di mira da lungo tempo dalla NATO in Jugoslavia e quindi la guerra della
NATO era un giustificabile "intervento umanitario". Il lavoro è andato meno
bene di quello che era previsto, dato che le accuse raffazzonate erano
veramente difficili da sostenere e Milosevic aveva presentato una veemente
difesa.  Favorevolmente per l'accusa, il sistema dei media dava risalto alle
imputazioni, alla lunga teoria delle vittime della guerra, all'atteggiamento
di "sfida" e alla presunta ostinata opposizione di Milosevic, mentre
ignorava in buona sostanza la sua difesa assolutamente efficace e non
prestava alcuna attenzione per gli effetti disastrosi dell'"intervento
umanitario" nei confronti dei supposti beneficiari di questo.
Non vi sono state parole di contesto che mettessero in luce il contrasto fra
l'obiettivo di Clinton per una immaginaria "comunità tollerante,
multietnica" nel Kosovo e la realtà risultante di un diffuso terrore, di
intolleranza, di una effettiva pulizia etnica irreversibile, in uno stato
gestito da mafiosi e terroristi.[65]
Una lezione appresa dai funzionari e dai supporters della NATO è che
processi spettacolo ingiusti, anche se sostenuti dai media, possono
diventare problematici quando viene prodotto uno stillicidio inevitabile di
prove goffe, e quindi una efficace chiusura del processo può risultare
difficile. La prematura scomparsa di uno che si difendeva come Milosevic è
stata la cosa più favorevole in una situazione realmente difficoltosa.
Ancora cosa migliore, e possibilmente da realizzare in modo largo in futuro,
sarebbe quella di ammazzare il "losco figuro" sotto mira, ben prima di
arrivare al necessario processo, lasciando ai media "degni di fiducia" di
trovare la vittima assassinata colpevole in absentia. La NATO ha cercato di
fare questo con Milosevic, ma ha fallito, (con un attacco missilistico che
aveva preso come obiettivo la residenza di Milosevic a Belgrado, il 22
aprile 1999). Questo è stato un insuccesso che è costato caro, alla fine
sfociato in un processo problematico. Date le tendenze naturali dei
dirigenti della politica estera degli Stati Uniti, noi dobbiamo aspettarci
per il futuro delle designazioni di obiettivi più aggressive, e andando di
questo passo si arriverà a processi sullo stile di Guantanamo.

------------ Note ------------
1. CNN Morning News, 11:00 AM EST, Trascrizione 031105CN.V28, 11 marzo 2006.
2. Ci si riferisce a ricerche su fonti mediatiche in lingua inglese,
compresi i servizi via cavo (AFP, AP, DPA, Reuters, e molti altri),
dell'Europa, del Canada, e di altri paesi, per le citazioni delle frasi
"Macellaio dei Balcani" o "Macellaio di Belgrado", durante il periodo 11-21
marzo 2006.                           3. Prosecutor v. Radislav Krstic
(IT-98-33), Giudice Almiro Rodrigues, Presidente, 2 agosto 2001, Settore G,
"Genocide," paragrafi 539 - 599. Specificamente, par. 598, e nota 1306. Vedi
anche Michael Mandel, How America Gets Away With Murder: Illegal Wars,
Collateral Damage and Crimes Against Humanity - Come l'America la fa sempre
franca: Guerre Illegali, danni collaterali e crimini contro l'umanità.
(Pluto Press, 2004), pp. 152-160.
4. Michael Dobbs, "U.S. Gains Assurances On Troops; Balkan Presidents
Promise Security, - Gli USA ottengono assicurazioni per le truppe; i
Presidenti dei Balcani promettono sicurezza" Washington Post, 24 novembre
1995. Sebbene sepolto sotto gli eventi delle successive guerre, il fatto che
Milosevic abbia aiutato i negoziatori Americani a rafforzare gli Accordi di
Dayton veniva al tempo ampiamente riportato.
5. Fra le accuse che sono state rivolte contro Saddam Hussein da parte del
Tribunale Speciale Iracheno, una concerne le esecuzioni di circa 140
abitanti della cittadina Sciita di Dujail nel 1982; un'altra, di genocidio,
riguarda la morte di più di 100.000 Curdi Iracheni nelle campagne alla fine
degli anni '80.  Durante il periodo in cui si sono svolti gli eventi
specifici di queste accuse, il regime  Iracheno era uno stretto alleato di
Washington - e nessuna delle azioni per cui quel regime è oggi sotto accusa
è stata impedita dagli Stati Uniti. Solomon Moore, "Genocide Added To
Hussein Charges - Il genocidio si va a sommare alle accuse contro Hussein"
Los Angeles Times, 5 aprile 2006; Edward Wong, "Hussein Charges with
Genocide in 50,000 Deaths - Le accuse di genocidio contro Hussein per 50.000
morti," New York Times, 5 aprile 2006 ; Jonathan Finer e Naseer Nouri,
"Court Moves To Try Hussein in Massacre of Kurds - Il Tribunale muove accuse
contro Hussein di massacro dei Curdi," Washington Post, 5 aprile 2006.
6. Vedi Prosecutor Against Slobodan Milosevic et al.  - Il Procuratore dì
Accusa contro Slobodan Milosevic et al.(IT-99-37-I, "Kosovo"), Louise
Arbour, Procuratore d'Accusa, 22 maggio 1999. Dall'Allegato A - Allegato G,
questo iniziale atto formale di accusa elenca un totale di 344 persone "note
per nome, ammazzate". Di queste 344 persone, niente meno che 299 sono state
dichiarate uccise dopo il 25 marzo 1999, o più tardi.
7. Prosecutor Against Slobodan Milosevic et al. (IT-01-50-I, "Croazia"),
Carla del Ponte, Procuratore d'Accusa, 8 ottobre 2001; e Prosecutor Against
Slobodan Milosevic et al. (IT-01-51-I, "Bosnia ed Erzegovina"), Carla del
Ponte, Procuratore d'Accusa, 22 novembre 2001.
8. In un nostra precedente indagine su come Marlise Simons conduceva i
servizi giornalistici sul Tribunale per conto del New York Times, abbiamo
descritto la rappresentazione del Tribunale da parte della Simons come il
tipico esempio della giustizia Occidentale, e abbiamo dimostrato come i suoi
servizi giornalistici sul Times, per un periodo prolungato di anni, sono
stati le repliche del punto di vista dei procuratori di accusa del
Tribunale, assolutamente identico a quello del blocco della NATO, e
soprattutto a quello della dirigenza degli Stati Uniti. Vedere Edward S.
Herman e David Peterson, The New York Times on the Yugoslavia Tribunal: A
Study in Total Propaganda Service - Il New York Times rispetto al Tribunale
sulla Jugoslavia: Uno studio di un totale servizio di propaganda.ColdType,
2004. Anche Michael Barratt Brown, Edward S. Herman, e David Peterson, The
Trial of Slobodan Milosevic - Il processo a Slobodan Milosevic (Spokesman,
2004).
9. Vedi James Rubin, "State Department Regular Briefing - Informativa
regolare del Dipartimento di Stato," Federal News Service, 19 aprile 1999;
"Gli USA sono preoccupati per la possibile morte di 500.000 uomini Albanesi
Kosovari scomparsi," Agenzia France Presse, 19 aprile 1999; e Bob Holer e
Anne E. Kornblut, "Più di 500.000 uomini scomparsi in Kosovo; si teme per la
loro morte, documenti USA," Boston Globe, 20 aprile 1999. Anche il
Dipartimento di Stato in quel periodo sosteneva al settimanale Fact Sheet:
"Da 150.000 a 500.000 uomini in grado di portare le armi restano scomparsi
in Kosovo." "Ethnic Cleansing in Kosovo - Pulizia etnica in Kosovo," 22
aprile 1999.
10. "Statement to the Press by Carla del Ponte - Dichiarazione alla Stampa
di Carla del Ponte" (FH/P.I.S./550-e), Carla del Ponte, ICTY, 20 dicembre
2000, par. 16; "Kosovo: ICRC deplores slow progress of working group on
missing persons Kosovo: ICRC-Comitato Internazionale della Croce Rossa
deplora i lenti progressi del gruppo operativo sulle persone scomparse,"
ICRC News, 9 marzo 2006.
11. Michael Ignatieff, "Counting Bodies in Kosovo - Conteggio dei corpi in
Kosovo," New York Times, 21 novembre 1999.
12. Mentre si trovava a Ginevra per una serie di conferenze sul piano di
pace Vance-Owen, e in seguito a  Washington per una visita organizzata dalla
Fondazione Carnegie per la Pace Internazionale, il Presidente Musulmano di
Bosnia Alija Izetbegovic insisteva sulla dichiarazione che realmente 200.000
persone erano state uccise. Vedi John A. Callcott, "I colloqui di pace sulla
Bosnia-Erzegovina si interrompono per cinque giorni," UPI, 4 gennaio 1993;
Barry Schweid, "Il Leader Bosniaco invoca l'appoggio USA," AP, 8 gennaio
1993; David Binder, "Il mutamento Bosniaco ai colloqui di Ginevra per
protestare contro le uccisioni," New York Times, 10 gennaio 1993. Sempre nel
mese di gennaio 1993 venivano attestate le affermazioni sulle donne
Musulmane di Bosnia, che stavano soffrendo il "più grande stupro di massa
nella storia dell'uomo" (Izetbegovic a Ginevra), a cui veniva data per la
prima volta ampia diffusione.  Sull'"uso della violenza carnale," vedi Diana
Johnstone, Fools' Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions (Monthly
Review Press, 2002), pp. 78-90.
13. "Le morti collegate alla guerra fra il 1992-1995 hanno scatenato i
conflitti in Bosnia e nell'Erzegovina: Una critica alle stime precedenti e
recenti risultati," Ewa Tabeau e Jakub Bijak, European Journal of
Population, Volume 21, giugno 2005 pp. 187-215; Mirsad Tokaca del Centro
Ricerche e Documentazioni con sede a Sarajevo, come citato in "La guerra di
Bosnia 'pretende 100.000 vite," Deutsche Presse-Agentur, 21 novembre 2005;
in Nedim Dervisbegovic, "La ricerca dimezza il tributo di morte della guerra
di Bosnia a 100.000 vittime" Reuters, 23 novembre 2005; in Vesna Peric
Zimonjic, "Balcani: quanti sono stati realmente i morti nelle guerre di
Bosnia?" Inter-Press Service, 6 dicembre 2005; in "ricercatore di Sarajevo
researcher dichiara 99.000 uccisi nella guerra di Bosnia," BBC Worldwide
Monitoring, traduzione di un documento dell'agenzia di notizie HINA
(Zagabria), 17 dicembre 2005; e in "Genocide is not a matter of numbers:
Emir Suljagic talks to Mirsad Tokaca - Il genocidio non è una questione di
numeri: Emir Suljagic parla con Mirsad Tokaca," Bosnia Report,
dicembre-marzo 2006
14. Le "sanzioni di distruzione di massa" imposte all'Iraq dagli Stati Uniti
e dalla Gran Bretagna attraverso l'ONU in seguito alla Prima Guerra del
Golfo persico sono state responsabili della morte di un milione di Iracheni,
e forse più, e le guerre nella Repubblica Democratica del Congo negli ultimi
anni '90 sono state la causa di milioni di morti. Per i dati sull'Iraq vedi
anche John Mueller e Karl Mueller, "Sanctions of Mass Destruction," Foreign
Affairs, maggio-giugno 1999; e Joy Gordon, "Cool War: Economic sanctions as
a weapon of mass destruction - Guerra Fredda: le sanzioni economiche come
armi di distruzione di massa," Harper's, novembre 2002. E per i dati sulla
Repubblica Democratica del Congo, B. Coghlan et al., "Mortality in the
Democratic Republic of Congo: a nationwide survey - Mortalità nella
Repubblica Democratica del Congo: una panoramica su tutto il territorio
nazionale," The Lancet (367), 7 gennaio 2006, pp. 44-51. Secondo il New York
Times, Il Segretario Generale dell'ONU Boutros Boutros-Ghali aveva usato la
frase "guerra dei ricchi " per esprimere come "molti Africani descrivono il
conflitto in Jugoslavia, argomentando che l'aspetto delle persone visto in
televisione era ben florido rispetto alle vittime in Africa, il continente i
cui interessi il Segretario Generale, un Egiziano, aveva dichiarato
necessitare di maggior visibilità." Seth Faison, "U.N. Chief Mired in
Dispute With Security Council - il Segretario dell'ONU si impantana in una
disputa con il Consiglio di Sicurezza," 24 luglio 1992.
15. Vedi, ad es., Edward S. Herman, "The Politics of the Srebrenica
Massacre - Le politiche del Massacro di Srebrenica," ZNet, 7 luglio 2005;
George Pumphrey, "Srebrenica 'Massacre': Is The Hague Hyping A Hoax? - Il
"massacro" di Srebrenica: l'AJA sta promovendo un imbroglio?" come messo in
diffusione da The Emperor's New Clothes, 8 maggio 2000; David Peterson,
"Srebrenica and the Neocolonial Community," ZNet, 17 ottobre 2004; Nebojsa
Malic, "Silver City: Srebrenica 10 years Later - Silver City: Srebrenica, 10
anni più tardi" AntiWar.com, 7 luglio 2005; David Peterson, "The Srebrenica
Massacre," ZNet, 10 luglio 2005; Nebojsa Malic, "Smokescreen-Using
Srebrenica - Cortina fumogena -usando Srebrenica," AntiWar.com, 14 luglio
2005; e Johnstone, Fools' Crusade, pp. 109-118.
16. Emma Brockes, "The Greatest Intellectual?" The Guardian, 31 ottobre
2005. In seguito eliminato dal sito web del The Guardian. Una copia può
ancora essere reperita sul sito web  Chomsky.Info sotto il titolo originale,
"The Greatest Intellectual?"
17. Ian Mayes, "Corrections and clarifications: The Guardian and Noam
Chomsky," The Guardian, 17 novembre 2005.
18. "Srebrenica-defending the truth - Srebrenica, difendendo la verità,"
Marko Attila Hoare et al., Bosnia Report, dicembre-marzo 2006.
19. Mandel, How America Gets Away With Murder - Come l'America la fa sempre
franca, pp. 155-156.
20. Alla fine di dicembre 2005, il Governo USA aveva reso noto, noi crediamo
per la prima volta, che  il "costo ufficiale delle morti " della guerra in
Bosnia-Erzegovina era "inferiore alle 100.000 vittime." Vedi "Review of
European Security Issues-A Look Ahead For 2006 - Rassegna delle questioni
sulla sicurezza europea - Uno sguardo in avanti nel 2006," Dipartimento di
Stato USA, 30 dicembre 2005. Ma questo stesso documento sottolineava anche
che "recentemente nel novembre 2005, ufficiali USA, manifestando per il
decimo anniversario della fine della guerra, affermavano che il costo di
vite oscillava fra le 200.000 e le 300.000 - un'estensione che era stata
diffusamente citata per un decennio nei rapporti dei funzionari del governo
e nei media."
21. Il nostro universo dei media è consistito di un largo numero di fonti in
lingua inglese derivanti da servizi via cavo (comprendenti AFP, AP, DPA,
Reuters, e molti altri), Europei, Canadesi, della stampa USA, TV e radio, e
di altre regioni (ad es. Australia).
22. Nel documentare le morti relative alla guerra nella ex Jugoslavia, la
storica abitudine per tutto il 2005 è stata di associare nello specifico
alla Bosnia-Erzegovina la cifra di 200.000 vittime o più,                (ad
es., le 300.000 di H