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Non si tratta di una guerra all’Islam…”… ma siamo sicuri?

di Enrico Galoppini - 10/05/2011

Fonte: europeanphoenix



E tutti vissero felici e contenti… Si potrebbe chiosare così, dopo dieci anni di tormentone, ascoltando la serie di commenti entusiastici e trionfalistici che hanno fatto séguito all’annunciata eliminazione, da parte delle forze speciali statunitensi, del “ricercato numero uno” al mondo, lo “sceicco del terrore”, il simbolo odierno del “male assoluto”, Osama bin Laden.

Già, perché a questo punto, se la “guerra al terrorismo” aveva per obiettivo la cattura o l’uccisione del “superterrorista”, la faccenda potrebbe dichiararsi conclusa. Così, almeno, fu promesso a suo tempo dai dirigenti dell’America[1], che con la scusa della “caccia a Bin Laden” hanno prima invaso l’Afghanistan, poi l’Iraq, annunciando successivamente d’aver avuto notizia della presenza del capo della cosiddetta al-Qa’ida in vari paesi musulmani, tra cui l’Iran, che per questo semplice motivo entravano automaticamente a turno nel mirino dell’America e dell’Occidente (i due termini sono di fatto equivalenti, essendo l’Occidente una “America allargata”, per così dire).

Adesso, a dar retta a tutto quel che è stato sostenuto dai fautori stessi di “Enduring Freedom”, le truppe occidentali dovrebbero far ritorno a casa ed abbandonare il Vicino e il Medio Oriente. Ma ovviamente ciò non avrà luogo, per vari motivi: per prima cosa ci sarà da catturare il Mulla Omar!

Al di là delle battute, le campagne militari occidentali all’assalto del “Vecchio mondo” (Europa, Asia e Africa), e, nello specifico di questa fase, dei Paesi arabo-musulmani, andranno avanti perché questo impone il progetto d’instaurazione di un “Nuovo ordine mondiale” di stampo ateo e, perciò, satanico. E che tutto ciò non possa subire battute d’arresto perché l’industria delle armi è troppo potente, perché gli speculatori hanno il potere, perché c’è da arraffare tutto il petrolio eccetera eccetera è tutto vero; ma si tratta pur sempre di dettagli rispetto al motivo principale dell’azione occidentale guidata dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, e ora anche dalla Francia, col resto della banda a far da comprimari più o meno convinti[2].

Azione occidentale che da qualche mese, sulla falsariga delle “rivoluzioni colorate” (Serbia, Georgia, Ucraina ecc.), si è notevolmente differenziata anche per quel che concerne i Paesi arabo-musulmani, senza per questo disdegnare il vecchio e sempre utile strumento militare (v. l’attacco alla Libia, dove i “manifestanti” non sono mai esistiti!). A ciò si aggiunga la pirateria, storico strumento anglosassone, come sta avvenendo con rinnovato vigore al largo delle coste somale, dove chissà perché non vengono mai attaccate, da questi novelli Drake, navi americane...

La guerra alla conquista del mondo dunque procede, come prima e più di prima, bin Laden o non bin Laden.

Soffermandoci velocemente sullo spettacolo mediatico della “eliminazione di Osama bin Laden”, va detto quanto segue. Che corrisponda al vero o meno, è del tutto ininfluente, perché quel che conta è la verità che viene fatta credere[3] a chi dà credito all’America e all’Occidente. Se una massa beota avviluppata nelle bandiere a stelle e strisce scende in strada a New York impazzita di gioia, ciò non cambia di una virgola la questione; tutt’al più la “popolarità” di Obama schizzerà alle stelle, quindi il presidente più mediatico della storia dell’umanità sarà quasi certamente rieletto.

Quel che più importa è invece il senso di tutto ciò alla luce delle sommosse indotte da qualche mese in tutto il mondo arabo-musulmano. Dopo dieci anni di telenovela, il ‘Che Guevara dell’Islam’ aveva fatto il suo tempo, infatti si è passati direttamente alle “rivoluzioni dei gelsomini”, alle sovversioni degli agenti che lavorano attraverso Twitter e Facebook, alla vecchia farsa dei “dissidenti”, già consolidata in epoca di guerra fredda Usa-Urss, che da Beirut c’informano sui “bagni di sangue” in Siria…

Al mito del ‘guerrigliero barbuto’ che da una grotta dell’Afghanistan ordiva complotti contro il “mondo libero” non ci credeva più nessuno e, soprattutto, questa storiella per allocchi non serviva più.

Quando Gheddafi, all’inizio dell’attacco alla Libia, ha parlato di “drogati sobillati da al-Qa’ida”, voleva semplicemente dire che si trattava di bande armate (e rifornite di bandiere fresche di sartoria!) al servizio dei trafficanti di droga che operano per conto della vera grande Cupola specializzata in questo turpe affare, quella di Capitol Hill. Non dimentichiamoci, infatti, che alla base dell’invasione dell’Afghanistan vi è l’essenziale controllo dei campi di produzione del papavero da oppio, che il “terribile” Mulla Omar aveva, coerentemente col suo credo, deciso d’estirpare. Altro che “eroe dei diseredati” del mondo islamico… Qui si è di fronte a mercenari a libro paga!

La ‘telenovela bin Laden’ è poi finita con l’ennesimo campionario di assurdità; le agenzie hanno battuto una “notizia” che ha dell’incredibile anche per chi ha sostenuto un esame di Islamologia nell’università più scalcinata del mondo: “In base al rituale islamico, il corpo di Osama bin Laden è stato sepolto in mare”! A quanto mi risulta, mi pare d’aver visto questo genere di ‘sepoltura’ solo nei film di pirati, o di averne sentito solo in caso d’epidemie a bordo di una nave; inoltre, il luogo in cui il capo della fantomatica organizzazione terroristica sarebbe stato ammazzato non è qualche lido balneare pachistano, bensì una regione frontaliera settentrionale tra Afghanistan e Pakistan! Sinceramente non so che dire al riguardo di simili uscite mediatiche, ma non è escluso che si tratti di test per saggiare il livello d’intruppamento delle menti, in primis dei giornalisti delle testate “autorevoli”, nessuno dei quali osa proferire un dubbio su simili amenità.

Ma veniamo a cose un tantino più serie. Può anche darsi che questo coniglio dal cilindro sia uscito per giustificare una “reazione di al-Qa’ida”. Ci siamo capiti. Quella darebbe nuovo vigore alla campagna di attacchi militari, sovversioni ecc. di cui è preda l’intero mondo arabo-musulmano[4]. Basterà dire che l’attacco è partito dal paese X e subito vedremo in riga vari “volenterosi” ministri-marionetta, più i loro pappagalli-media. Staremo a vedere, perché se così sarà non dovremo attendere molto.

Oppure l’Occidente potrebbe aver intenzione d’incolpare il Pakistan d’aver dato protezione al “nemico pubblico numero uno”: è forse per questo che insistono sul fatto che il “(lussuoso!) covo” di bin Laden si trovava nei pressi di un centro militare pakistano? In effetti è plausibile che il prossimo obiettivo della campagna di ridefinizione del “Nuovo Medio Oriente” sia proprio il Pakistan (ormai ridotto ad Af-Pak – Afghanistan più Pakistan - nella toponomastica del Pentagono e della Cia), dal quale s’intende staccare la regione abitata dai Beluci, creando poi un “Belucistan” con una porzione d’Iran abitata dalla medesima etnia, allo scopo di farne l’ennesimo Stato fantoccio modello Kossovo.

Oppure, a voler credere alle favole “pacifiste” dell’America stessa, che senza aggressioni al resto del mondo non sa assolutamente vivere, fin dall’inizio[5], qualcuno potrebbe credere che la “eliminazione di bin Laden” preluda ad un “disimpegno” in Afghanistan. O meglio, ufficialmente potrebbero approfittare del grande evento mediatico per rilanciare gli “impegni a ritirarsi” (è da quando è cominciata questa storia che dicono di volersi “ritirare”, eppure sono sempre lì).

Su un piano generale, d’immagine, questo “colpo grosso”, serve a rilanciare l’immagine dell’America come “onnipotente”: “vedete? Noi promettiamo e manteniamo!”. Quindi tutti gli altri, da Gheddafi ad al-Asad, da Ahmadinejad ad al-Bashir, sarebbero avvisati. E, già che ci siamo, ne hanno approfittato per rilanciare in gran pompa il “mito dell’11 settembre”, col solito profluvio di trasmissioni agiografiche e strappalacrime[6].

Vi sarebbero poi da fare altri commenti, ma tutti su dettagli più o meno importanti[7]. Ma non è più il tempo di perdere tempo dietro i dettagli. Consideriamo invece l’essenziale.

Obama ha tenuto a precisare, anche questa volta, che “non si tratta di una guerra all’Islam”, bensì di “guerra al terrorismo”.

Su questo punto è invece bene ripetere che si tratta di una guerra all’Islam eccome. Intanto, perché lo sconquasso totale viene portato in grande stile da almeno dieci anni nei Paesi arabo-musulmani, mentre l’Occidente, a parte due o tre “attentati”, tra cui l’ipermediatizzato big-bang del XXI secolo dell’11 settembre 2001, resta illeso[8].

L’Obama melodrammatico che ricorda i circa tremila morti dell’11 settembre può ingannare solo i fessi[9]. Che dire allora delle centinaia di migliaia di morti afghani e pakistani? E dell’oltre milione di morti in Iraq? E di quelli, adesso, in Libia? Per non parlare di quelli in Palestina e in Libano a cura del killer in loco Israele? Non vale la pena di spendere altre parole per questi record d’ipocrisia ributtante. Certamente, questo signore “di colore”, questo ‘papa nero laico’, coi suoi modi melliflui e suadenti è certo più insidioso del ‘pistolero’ Bush…

Eppure non è essenzialmente questo il punto, perché a questo livello del discorso – un livello diciamo geopolitico - è più corretto parlare di “guerra al mondo musulmano”, “l’Islam”, inteso nel suo senso intimo, etimologico, essendo cosa qualitativamente diversa da un generico “mondo musulmano”. Difatti, non tutti coloro che vivono nei Paesi arabo-musulmani e che si professano “musulmani” sono realmente tali[10], poiché chiunque vada oltre la scorza della “curiosità” e/o dell’erudizione – ma anche della “militanza religiosa” - può rendersi conto che l’Islam è una “via”, solo al termine della quale si è realmente “musulmani”, ovvero sottomessi al Decreto del Signore di tutte le cose, avendo esperito per intero la propria condizione di “servitù”; dopo di che, e solo a quel punto, ci si può considerare “liberati”. L’Islam – e ciò può sbalordire solo i fautori dell’esclusivismo religioso, oltre a chi considera le religioni come “fatti culturali”  – non è “un modo di vita” come un altro e una “credenza” alla quale ‘attaccarsi’, ma è essenzialmente – ci si perdoni l’espressione poco “islamica”, ma che permette di essere meglio compresi da un pubblico “occidentale” - un “percorso iniziatico”, di “reintegrazione” nel Principio. Senonché ci hanno abituati a vedere solo “bonzi”, “fachiri” e “guru”, in grado di ottenere la “liberazione”, la “grande Liberazione”, perché così dev’essere in un ambiente, quello “moderno”, che rema sistematicamente contro l’uomo ed il suo imprescindibile compito. Questo è un livello del discorso da tenere sempre a mente quando si sente dire da un Obama o da un altro rappresentante della “guerra al terrorismo” e della “esportazione della democrazia” che “non si tratta di una guerra all’Islam”…

Ma su un piano del discorso foriero di equivoci e che suscita animosità a non finire, quello delle “identità”, la campagna cominciata all’indomani dell’11 settembre 2001 viene vissuta dalle popolazioni del mondo musulmano come “guerra all’Islam” in quanto l’Islam per la maggioranza di costoro è un “fattore identitario”, “sociale”, “culturale” e “religioso”, sempre con un qual che di politico e militante[11]. Eppure la riduzione dell’Islam ad un’ideologia da parte di certuni che si proclamano e sinceramente si considerano  musulmani – che comunque, entro i limiti della loro comprensione, seguono e praticano la religione dell’islam - è anch’essa un “segno dei tempi”. Quando la religione viene infatti vissuta unicamente o prevalentemente come fattore identitario per stabilire un “noi” e un “loro”, per attribuire ai seguaci, anche onesti, di altre religioni - quando è addirittura il caso di altri musulmani! - l’etichetta di “apostata”, “miscredente” ecc. con l’intento di farsi belli a parole e di forzarli alla “vera religione”, si è del tutto fuori strada. Detto questo, va altresì sottolineato con forza che tale atteggiamento esclusivista ed ottuso è ben rappresentato tra i partigiani dell’Occidente (“Libertà”, “Democrazia”, “Diritti umani”), che in alcune delle loro varianti innalzano anche il simbolo della Croce, col “Cristianesimo” riassorbito quale elemento identitario della “modernità”…  

Dunque, mentre il canarino Obama canticchia che “non vi è guerra all’Islam”, la maggior parte dei musulmani del mondo gli crede o meno, interpretando però le sue parole in senso identitario. Ma lo scontro tra identitarismi – tipico fenomeno degenerativo - dovrebbe appassionare ben poco chi cerca di non farsi invischiare dalle sabbie mobili del “mondo moderno”….[12].

Il punto essenziale, invece, che ragionevolmente fa parlare di “guerra all’Islam” – e non dall’11 settembre! -  è un altro. A costo di sembrare ripetitivo (non si deve per forza essere ‘originali’ ogni volta), è opportuno mettere sull’avviso sul pericolo della diffusione della cosiddetta “modernità”, di cui l’America, l’Occidente ecc. sono i veicoli preferiti. Essa può essere definita lapidariamente come un mondo senza Dio, in cui “Dio è morto”, abitato da uomini che dimentichi del Principio a cui tutte le cose appartengono e ad esso fanno ritorno, e che per questo hanno eluso il problema della morte facendo di “questo mondo” l’unico orizzonte possibile e concepibile. Tutto il resto – dai disastri ambientali alle “guerre” che tanto addolorano gli “ambientalisti” e i  “pacifisti”, dalla “crisi della famiglia” alla “perdita di senso” dell’esistenza – dipende da questo punto essenziale[13].

Non c’è da dire altro. Uomini che abdicano al motivo per cui sono stati creati e sono venuti perciò a trovarsi – per un atto di misericordia[14] -  in “questo mondo”, non possono sperare di combinare alcunché di buono, tanto meno di opporre una qualche resistenza alle forze sataniche, sia nella loro esistenza individuale che collettiva. Figuriamoci poi quando un’armata ipertecnologica[15] - che dispone dei più sofisticati mezzi di traviamento (i media, il cinema,  la “cultura”), e che conduce attacchi su ogni piano, da quelli abituali con le armi a quelli finanziari, passando per quelli biologici e psichici – sprigiona tutto il suo potenziale distruttivo.

L’unica cosa da fare, in questi frangenti, è letteralmente orientarsi verso il Principio, Allah, e farsi suo tramite. Far sì che ogni nostra azione sia conforme alla Sua volontà, nei limiti delle nostre capacità, e a Lui piacendo. Solo chi punta, coi mezzi – le “influenze spirituali” - che una religione, una “tradizione”, gli mette a disposizione, alla “reintegrazione nel Principio”, al ‘ritorno a casa’, può sperare ormai di fare qualcosa di buono, di bello e di vero per sé e la sua comunità. “Siate veridici!”, proclamano i maestri di saggezza di ogni tempo… Dunque di cosa dovremmo aver paura? Di tutte le armate del Demonio? No, se s’indossa una corazza imperforabile. Tantomeno si deve tremare di fronte ai servi sciocchi del Demonio, ovvero tutti quegli uomini traviati che – solo perché non siamo abbastanza ‘fiduciosi’ ed ‘abbandonati’ – provano a metterci paura coi loro bei discorsi, le loro minacce, la loro protervia fatta di dominio politico, economico, culturale e militare.

“Musulmano”, muslim (sottomesso, al Decreto divino), è una parola molto impegnativa, perché per essere davvero “musulmani” – come osservato poc’anzi - ci vuole uno sforzo (jihâd) davvero troppo grande per la stragrande maggioranza degli uomini. Ma l’importante è provarci, e solo così si può attuare una “resistenza” – che non è fare le barricate né andare in piazza a scazzottarsi con chicchessia, né tantomeno mettere le bombe! – contro le forze che sono state scatenate nel mondo per far fallire l’uomo dal suo improrogabile compito.

L’America, l’Occidente, in questa fase, è la punta di lancia del tentativo - destinato al fallimento in via generale, ma al successo, per quando riguarda l’esito della vita di molti uomini – d’instaurare un mondo “senza Dio”, checché ne dica il suo ultimo rappresentante mediatico, che invece di invocare le “benedizioni” di Dio sull’America stessa, il loro “Ente collettivo”, dovrebbe – ed è già questo un marchio di fabbrica – concludere i suoi interventi con una semplice Lode al Signore, il Signore di tutti gli uomini, di tutte le creature e di tutti i mondi, quindi anche dell’America!

L’avevamo già osservato, ma giova ripeterlo: dove arriva la “modernità” l’uomo oblia la sua Origine e dimentica che deve ‘tornare a casa’, pensando invece di trovarsi tanto bene qua e solo qua… Dove c’è, proprio per questo, l’America, la “modernità”, con le sue “libertà” e “giustizia” parodistiche, pronta a gettare chi le ‘crederà’ nella Fornace che s’alimenta delle vite sprecate a causa delle illusioni di “questo mondo”.

In questo senso, ed essenzialmente solo in questo, la campagna per la “esportazione della democrazia”, accelerata dall’11 settembre 2001, è una vera e propria “guerra all’Islam”, intrapresa per distogliere quanti più uomini dal grande sforzo che sono attesi a compiere nella loro breve esistenza. Basti vedere che tipo di società si diffonde dove arrivano l’Occidente e la “modernità”: brama di arricchirsi, accumulo di beni e trionfo dell’avere sull’essere; arrivismo sociale, maldicenza e guerra di tutti contro tutti; delinquenza, vizio e devianza; egoismo, dissoluzione della famiglia e maleducazione dilagante; sfiducia, incertezza sul futuro e problemi psichici; predominio della borsa e della banca; diffusione di droghe e debilitazione della gioventù; sofisticazioni alimentari e distruzione dell’ambiente; truffe d’ogni genere e chi più ne ha più ne metta… Questo sarebbe il “paradiso in terra” che andrebbe “esportato”?

La cosa tragica è che a forza di traviare, si è giunti al punto in cui la maggior parte delle persone non concepisce neppure più che vi sia una via d’uscita certa, una concreta possibilità: per illuderle ancora – in specie i giovani – ecco apparecchiato il circo delle “utopie”, dei “mondi migliori possibili”, dei “laboratori di idee” in cui si dovrebbero “elaborare” delle “nuove sintesi”, “nuovi paradigmi”, “nuove forme di convivenza” ecc. Un brodo rancido di astrazioni, e perciò sataniche proprio perché rimestano nell’illusione mentale, per velare la semplice, ed apparentemente complicata, realtà: che una volta riconosciuto che tutto, compresi tutti noi, con le “nostre idee”, i “nostri progetti”, addirittura la “nostra identità”, al Principio apparteniamo e ad esso facciamo ritorno, per cui altro non vi è da fare se non “orientarsi” correttamente e mettersi in cammino, secondo le ‘istruzioni’ che possono essere date solo da precisi riferimenti che risiedono e nei libri sacri e nei maestri viventi che li hanno saputi porre in essere.

L’ambiente in cui si vive facilita oppure ostacola tale improcrastinabile compito, ma esso, comunque, va portato a compimento, e solo chi giunge al termine, chi ‘percorre tutta la strada’, reintegrando il proprio piccolo “sé” nell’Essere, può dirsi “musulmano”, muslim. È questo il grande messaggio insito nell’Islam, così come in ogni altra tradizione ortodossa. Ed il “mondo moderno”, rappresentando l’esatta antitesi dell’Islam, apparecchia delle condizioni per cui il ‘lavoro spirituale’, l’Opera, diventa sempre più difficile da compiere.

Questo ‘lavoro’, è evidente, non riguarda solo chi vive nel “mondo musulmano”. Riguarda tutti. L’unica differenza è che in Iraq, in Siria ed altri Paesi islamici vi sono ancora dei veri Maestri e vi si trovano le “tombe dei santi”; di coloro che, nella tradizione dell’Islam, hanno percorso il ‘viaggio’ di cui sopra e che sono ancora in grado di fungere da ‘corda’ verso il Cielo. In questo senso, le invasioni occidentali nel “mondo musulmano” costituiscono un pericolo assoluto, perché - come già osservato in una precedente occasione - dove arriva la “modernità” o si diffonde un tipo umano “laico” o uno “esclusivista religioso” fanatizzato, entrambi solidali nell’ignorare quella che è l’unica possibilità a disposizione del’uomo per uscire dalla triste condizione in cui si trova.

L’attacco ai Paesi arabo-musulmani, per prima cosa - a parte le motivazioni d’ordine strategico, politico, economico eccetera che senz’altro vi sono – è stato sferrato per ridurre al minimo determinate possibilità di reintegrazione da parte di uomini consapevoli del compito cui abbiamo accennato e dello sforzo che esso comporta, e che in un ambiente reso “moderno” diventa un’impresa al limite dell’impossibile.

Questa è, in definitiva, la “guerra all’Islam”, pardon al “terrorismo”!, che l’America e l’Occidente hanno dichiarato.

 

 



[1] Per “dirigenti” s’intende qui quelli apparenti, quelli che “ci mettono la faccia” e che la massa ritiene essere davvero i “potenti”, i quali alla bisogna possono essere gettati nel cestino da altri che contano più di loro ma che opportunamente si mantengono dietro le quinte.

[2] Gli Stati, quali soggetti  della (geo)politica, hanno fatto il loro tempo, se mai sono stati tali. Men che meno oggi, quando le due principiali prerogative della sovranità – battere moneta e il monopolio della forza – sono in mani private e/o straniere! In poche parole, “la Francia”, “la Germania”… “l’Italia” (!) non esistono, se non nelle manifestazioni di “patriottismo senza patria” che ci vengono propinate ad un ritmo sempre crescente. Si faccia caso al “tricolore”, esposto ormai senza sosta, in vero stile americano, mentre quel che davvero vien fatto di buono “per la patria” risulta in costante declino, sotto ogni punto di vista… Ma tant’è, gente in media dai 50-60 anni in su (perché in Italia sono gli unici “soddisfatti”)  espone orgogliosamente una bandiera se “i nostri ragazzi” vanno a combattere in qualsiasi parte del mondo per motivi ai più oscuri (ufficialmente è per “la nostra sicurezza”!), ma se in patria lo sfacelo, politico, economico, sociale e culturale procede a gonfie vele ciò non turba il “patriottismo” di questi “americani all’amatriciana”.

[3] Intendiamoci, tutti i politici fingono di credere a quel che conviene, tant’è vero che stavolta, in occasione dell’attacco alla Libia, poiché sono a rischio importanti interessi italiani, anche chi in passato aveva dato mostra di credere a tutto – comprese le lettere all’antrace! -  ha sollevato dubbi in maniera articolata, per una volta tanto dimostrandosi “intelligente”.

[4] Su tutto il complesso argomento rimando a questo mio recente articolo: “Primavera araba” o “fine dei tempi”? - http://europeanphoenix.net/it/index.php?option=com_content&view=article&id=40&catid=8.

[5] La prima oltreoceano, pochi lo sanno, è già del 1805, proprio in Tripolitania…

[6] Citiamo il caso una rete italiana, che per l’occasione ha modificato il palinsesto serale, propinando per l’ennesima volta un film sull’11/9.

[7] Alcuni fanno notare il sincronismo con la beatificazione di Giovanni Paolo II. Alla mossa d’immagine del Vaticano, sotto attacco con vari pretesti (il più recente quello del “preti pedofili”) per screditare sempre più il Cattolicesimo, gli Stati Uniti avrebbero risposto con un “evento mediatico” più forte, cosicché, tv e giornali, che certo non tifano in maggioranza per la Chiesa, hanno passato in secondo piano l’afflusso di folle oceaniche in San Pietro.

[8] Qua – come ho spiegato nel libro Islamofobia – il “nemico” sono le cosiddette “quinte colonne di al-Qa’ida”, da individuare tra i musulmani che vivono nei paesi occidentali (che significa “laici”, cioè atei ufficialmente e, soprattutto, di fatto, col tipo di società e di tipo umano che configurano). In Italia siamo ad un punto tale che la costruzione di una moschea è un “problema di ordine pubblico”… ma non lo sono le oltre centro installazioni Usa/Nato!

[9] Mi giunge proprio oggi la notizia della pubblicazione di un libro che narra la storia delle cavie umane (perlopiù militari) che nell’ordine delle centinaia di migliaia sono state usate dal governo degli Stati Uniti – il loro stesso governo che li celebra quando sono “vittime del terrorismo” -  nel quadro di esperimenti nucleari…

[10] Il che non significa che il “vero musulmano” debba attenersi al ‘galateo’ fatto intendere da tutti i predicozzi che vengono fatti affinché l’Islam venga inteso come una delle varianti della “religione dell’umanità”…

[11] Si tratta, ad esempio, di coloro che scendono in piazza inferociti per innalzare foto di bin Laden e bruciare bandiere occidentali. Gesti di per sé non “spregevoli” (è certo più spregevole bombardare della gente nelle proprie case!), ma sostanzialmente inutili e, talvolta, controproducenti.

[12] Ricordo per l’ennesima volta che gli entusiasti della diffusione della “civiltà moderna”, tra cui i “puritani” anglosassoni, si trovano d’accordo con “sceicchi” ed “emiri” con le rubinetterie d’oro e le collezioni di Ferrari. Ad altri livelli di cooperazione, i professionisti dell’addestramento militare e della “intelligence” occidentali lavorano a braccetto con i loro omologhi “islamici” quando ve n’è bisogno per motivi strategici (in Afghanistan contro i “sovietici”, negli anni Ottanta; ex Jugoslavia, Cecenia, e oggi in Libia, dalla parte degli “insorti”).

[13] Cosicché, si capisce che persone “di sinistra”, “di destra”, “filosofi” e “religiosi”, tutti, al di là del “problema” che hanno individuato come “principale”, potrebbero tranquillamente trovarsi d’accordo se solo facessero uno sforzo, senonché anch’essi, nelle loro ‘maschere sociali’ sono un prodotto dell’illusione particolarmente insidiosa di questi “tempi ultimi”.

[14] In arabo, rahim (utero) ha la stessa radice di rahma (misericordia)…

[15] Si noti en passant che tutta la tecnologia a disposizione della massa è una versione adattata di applicazioni di carattere militare e affini: dai videogiochi (pilotare un drone non è poi così diverso) alla musica sparata nelle orecchie (uno strumento di tortura), fino allo stesso internet che oggi possiamo capire per quale motivo è stato diffuso.