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OGM: il ministro USA denunciato dai consumatori

di Consumer Health - 12/06/2006



 

Il Center for Food Safety cita la Food and Drug Administration per costringere il governo a rivedere le norme sugli OGM e a prevederne l'etichettatura obbligatoria.


(UPI) Il perché gli statunitensi non sembrino minimamente interessati alla diffusione dell'ingegneria genetica in alcune delle loro coltivazioni più importanti ha sempre suscitato curiosità fra i consumatori in Europa, Australia, Giappone e in alcune aree dell'Africa, nazioni che hanno in materia di tolleranza per gli OGM l’atteggiamento più rigido che le leggi consentono loro.

Ma ora i consumatori americani potrebbero trovarsi a dover riflettere sulla loro codiscendenza con gli OGM.

Questa settimana, il
Center for Food Safety ha avviato un’azione legale contro la Food and Drug Administration per costringere il governo a stabilire una revisione obbligatoria degli alimenti geneticamente modificati e, una volta che fossero definitivamente approvati, per dotarli di una chiara etichettatura che ne identifichi la caratteristica OGM.

Questa azione eclatante viene dopo sei anni di mancata risposta da parte della FDA alla petizione legale in cui oltre 50 associazioni di consumatori e ambientaliste chiedevano normative più meticolose sugli alimenti biotech e una specifica etichettatura.

Perchè la FDA - così ansiosa di proteggere la salute con consigli su paure alimentari come l’eccesso di mercurio nei pesci o la pastorizzazione dei formaggi freschi a base di latte crudo- non vuole dare un’occhiata rigorosa per conto nostro alle alterazioni irreversibili alla natura provocate dalla scienza legata all’industria?

Anche l’Inspector General del ministero dell'agricoltura è rimasto sconcertato dalla gestione dei test OGM in campo aperto da parte dell’USDA.

Come l'United Press aveva rivelato qualche mese fa, il rapporto dell'ispettore accusava l’Usda di non aver provveduto a ispezionare i campi sperimentali OGM e di non essersi accertata che -a raccolto ultimato- le piante fossero distrutte, per proteggere da contaminazioni le aziende agricole vicine.

Le prime piante OGM coltivate estesamente in lungo e in largo per gli Stati Uniti sono mais, soia e colza da olio.
L’Europa, spinta dalla gran contrarietà dei  consumatori, ha fatto ogni sforzo per resistere all'ingresso nei suoi mercati dei prodotti da coltivazioni geneticamente modificate (e ha disposto che gli alimenti che ne contengono debbano necessariamente essere etichettati), ma è stata sottoposta a forti pressioni dagli Stati Uniti attraverso la World Trade Organization  perchè modificasse la sua posizione e consentisse l’accesso al mercato dei prodotti OGM statunitensi.

Anche il protocollo Onu di Cartagena sulla biosicurezza  autorizza gli Stati membri, nel caso di incertezza scientifica, a adottare il principio di precauzione per normare le coltivazioni biotech.

Negli Stati Uniti non è obbligatoria nessuna etichettatura sugli OGM, e neppure sono obbligatori dei test sugli alimenti che contengono OGM o loro derivati.

I consumatori europei - e molti nella comunità scientifica - temono che la ristrutturazione della composizione genetica di una pianta introducendo geni estranei – di altre specie vegetali o addirittura animali - possa avere un effetto sulla salute.

Temono che il cosiddetto "Frankenfood" possa indurre resistenza agli antibiotici, produrre nuove tossine alimentari e causare allergie alimentari.
I coltivatori sono attratti dalle rese maggiori e dai minori investimenti in  antiparassitari e in tempo che le coltivazioni geneticamente modificate offrono.
I loro creatori, come Monsanto, promuovono il messaggio filantropico che gli OGM potrebbero essere lo strumento per la riduzione della fame e della povertà del mondo.
Sostengono, anzi, che anziché violare l’ambiente, le piante geneticamente modificate lo rendono più sicuro.

I critici delle coltivazioni e degli alimenti biotech sostengono che la veridicità di nessuna di queste opinioni è mai stata sottoposta a una verifica corretta, e che stessa sorte è toccata alle problematiche ecologiche, sanitarie e sociali che sono state avanzate con preoccupazione.

C’è da sperare che la causa intentata dal Center for Food Safety abbia una tale pubblicità da mettere finalmente in guardia i consumatori statunitensi su una questione che ha comportato preoccupazione in gran parte del resto del mondo.

United Press International, Consumer Health/Eat To Live: FDA sued over biotech foods, 9 giugno 2006
Traduzione di Roberto Pinton per Greenplanet

 
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United Press International, 9 giugno 2006