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Bilderberg 2011: cala il sipario

di Charlie Skelton - 10/06/2011

   
     

Charlie Skelton si è svegliato per trovare un cordone di sicurezza che impedisce la vista della sede dell’evento, e ci porta nuove dal Bilderbus

Edizione straordinaria. C’è stata una bomba. Scusate, una "bomba". Un "ordigno tubolare" è stato “rinvenuto” dalla polizia, due persone sono state ammanettate e trascinate via, e la security si è intensificata velocemente. L’affare della bomba è solo uscito nelle ultime ore, ma una foto dell’arresto sta volando giù dalla montagna per trovare la strada che porta verso di me. La posterò quando arriverà.

E quindi, sembra che abbia parlato troppo presto di un Bilderberg svizzero festaiolo. La lieta prossimità delle telecamere e della conferenza è già stata interrotta, nel corso della notte, da un lungo cordone di sicurezza, che ha bloccato la vista del luogo dove si svolge l’evento. Nessuno sembra sapere chi l’abbia innalzato, ma l’odore dei soldi ci dice che è stato piantato alle 3 di mattina da Jorma Ollila, il presidente di Royal Dutch Shell, mentre Peter Voser, il CEO di Royal Dutch Shell, teneva i chiodi.

Naturalmente, quando descrivo quello che è successo come un "cordone di sicurezza", quello che intendo dire è che si parla di un "cordone per la privacy". È come una tela da doccia, non un anello d’acciaio. E ovviamente, per "privacy" voglio intendere "vergogna". È un recinto della vergogna. Un esteso recinto bianco d’imbarazzo. La privacy è quello che i delegati avranno quando si chiuderà la porta della sala riunioni. La privacy è un accordo stipulato dalla Chatham House per non discutere in pubblico quello che è stato dibattuto nelle varie presentazioni e seminari del Bilderberg.

Ma non si tratta di privacy. È un nascondersi. È come un bambino che si nasconde dietro le tende per non farsi vedere dal mostro, e lo trovo molto infantile. Stranamente poco sicuro di sé. Gli adulti, felici di quello che fanno, non si abbassano sui sedili della propria auto e non si precipitano verso le porte di servizio. Ci sono le persone più potenti al mondo che si aggirano furtivamente come delle piccole pesti. Piccole pesti con gli agenti della sicurezza sui tetti dell’albergo, e uomini armati in moto che affiancano le loro limousine.

C’è qualcosa del Bilderberg che proprio non riesco a capire. È un vecchio cruccio, ma diamoci un’altra botta in testa. Diciamo, per chiarire le cose, che il Bilderberg fa del bene a tutti. I cittadini del mondo saranno resi più sicuri, o più felici, o più in salute o più ricchi grazie ai risultati di questa riunione. Ammettiamo che il direttore di Deutsche Bank voglia trascorrere quattro giorni con il capo di BP per migliorare le nostre esistenze.

Supponiamo che i piacevoli ospiti – David Rockefeller, Henry Kissinger e la Regina d’Olanda – abbiano l’interesse del grande pubblico scritto a caratteri cubitali in cima all’ordine del giorno della conferenza.

Supponiamo tutto questo. E perché il recinto? Perché i delegati si scagliano nei sedili posteriori delle loro limousine invece di farsi vedere all’opera in questo compito caritatevole? Perché i vetri oscurati e i giornali tenuti davanti al volto? E perché il grande recinto bianco? Non capisco.

Perché Josef Ackermann, il CEO of Deutsche Bank, non saluta con benevolenza la folla? Perché questi eccitati partecipanti non si fermano alle porte dell’albergo per parlare con la stampa accreditata? "Sì, vi ringraziamo. Speriamo proprio di risolvere la crisi finanziaria europea di questo anno, e allora incrociamo le dita!" Perché i poliziotti tedeschi, con le uniformi stirate, pedinano persone del pubblico per le strade svizzere...? Ah, c’è un’altra domanda. Importante, ma è differente.

Ma ascoltate, non so che idea vi state facendo. Vi state chiedendo: cosa sarà mai successo al Bilderbus? Ma è arrivato? RACCONTACI DEL BILDERBUS!

OK, OK, datevi una calmata, ho bisogno di un attimo per radunare i ricordi.

Ah, sì, Il Bilderbus ...

Il distinto Bilderbus a 15 posti ha fatto ingresso nel piazzale di un garage di St. Moritz appena passata mezzanotte. Proprio quando Peter Voser stava rovistando l’albergo in cerca di chiodi (vedi sopra). Quattro pneumatici lisci si sono fermati scalpicciando su un lindo tappeto di tarmac svizzero. Un’altra scossa del motore, un baluginìo delle luci, e, finalmente, silenzio.

Poi siamo riusciti a uscire, facendolo scivolare la porta del minibus e allora un grosso sospiro di sollievo è fuggito nella notte, un sospiro così profondo e così lungo che ha fatto cadere gli uccellini dal nido, schitarrato le corde dei tram, e ha echeggiato su, su, fino alle montagne, dove si è fermato in una caverna da qualche parte, al freddo, affamato, ma felice di non dover rimettere piede in quel furgone.

Il piovigginoso piazzale svizzero si è riempito di viaggiatori che si stiracchiano. I femori risuonavano nelle articolazioni e lo sguardo era cambiato. Sguardi pieno di panico. "Picaresco" è come descriverebbe il viaggio un’anima dalle orbite infossate. "Kafkiano" ha sibilato un altro dalle labbra socchiuse. "Abbiamo avuto problemi alla frontiera", ha borbottato un terzo. "E abbiamo preso uno spartitraffico." "E i freni non funzionano." "Non abbiamo mangiato." "Non abbiamo dormito." "Non sono sicuro di aver preso la patente."

Ma ce l’hanno fatta. E mentre il vapore saliva dalle ruote puzzolenti, queste anime audaci si sono potute crogiolare nel sapere che lo spirito dell’uomo non… – "Mi dispiace di interromperti, ma ci potresti portare al campeggio? Abbiamo davvero bisogno di dormire." Va bene, mi dispiace. Ne parliamo domani.

Domani (oggi) l’ho passato in un garage svizzero per sistemare i freni. Se stai cercando una metafora visiva che possa racchiudere le forze che si scontrano una contro l’altra al Bilderberg – la segretezza della ricchezza e del potere contro le preoccupazioni e la curiosità dei senza potere– eccola qui:



Il Bilderbus che si fa controllare i dischi dei freni in un garage svizzero

Cambiare i dischi dei freni su un veicolo che può trascinare sé stesso poco al di sopra dei 70 chilometri l’ora sembra quasi come sistemare le ali a un cactus, ma meglio mettersi al sicuro che fare la fine di un formaggio svizzero. La maggior parte di quello che è successo sul furgone verrà portato nella tomba dai sopravvissuti. Un velo di segretezza è stato steso su quest’orrore. Forse un giorno si incontreranno in un resort di montagna per discutere, in una stanza con la luce soffusa, su come si stanno rimettendo in salute. Tireranno su un alto e bianco recinto bianco ai confini dell’evento, sia mai che chiunque possa scorgere un accenno di sofferenza nei loro occhi. Un accenno come quello? Attento, che ti potrebbe uccidere.

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Fonte: http://www.guardian.co.uk/world/blog/2011/jun/09/bilderberg-2011-curtains-drawn

09.06.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE