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Gli USA parlano di pace e preparano la guerra in Sudan

di Susan Garth - 20/06/2011

   
   

Nel conflitto sempre più duro tra il governo di Khartoum e gli stati del sud che hanno votato per l’indipendenza nel referendum di gennaio, si stima che siano state uccise più di 1.500 persone dalla data del voto e altre 150.000 hanno dovuto lasciare le proprie case. Le agenzie d’assistenza hanno annunciato un disastro umanitario proprio mentre il paese si incammina verso una ripresa della guerra civile tra nord e sud che in due decenni ha provocato più di due milioni di morti.

Il Presidente Barack Obama ha preteso un “cessate il fuoco”, presentandosi come un onesto intermediario in un conflitto che, per larga parte, è un prodotto degli Stati Uniti. Il disastro umanitario minaccia di diventare un pretesto per un’altra avventura militare in Africa. Washington è già intervenuta in Libia con i raid di bombardamenti che avevano l’obbiettivo di rovesciare il regime di Gheddafi regime. Ora ha il Sudan nel mirino.

Obama ha adottato lo stesso tono moraleggiante che ha usato parlando della Libia. “Non c’è nessuna soluzione militare”, ha detto a Voice of America. “I leader del Sudan e del Sudan del Sud devono affrontare le proprie responsabilità. Il governo del Sudan deve prevenire un’ulteriore escalation della crisi, cessando immediatamente le sue iniziative militari, che comprendono bombardamenti aerei, trasferimenti forzati e campagne di intimidazione.”

Tutto questo viene dal presidente che ha sancito gli attacchi dei droni in Afghanistan che hanno ucciso i civili, che ha personalmente ordinato degli omicidi guardandoseli dalla televisione a circuito chiuso e che sta tuttora dando sostegno al bombardamento NATO di Tripoli nel tentativo di uccidere un capo di stato. Per Obama, parlare di pace è una cosa totalmente ipocrita.

Obama ha incitato i leader sudanesi per la ricerca di una soluzione pacifica e gli ha assicurato che “gli Stati Uniti faranno i passi necessari che sono già stati promessi per ristabilire una normalità nelle relazioni.” Ma ha anche messo la pulce nell’orecchio. Ha proseguito minacciando che “quelli che non osserveranno i propri obblighi internazionali avranno di fronte a sé una pressione e un isolamento maggiori e saranno ritenuti responsabili delle loro azioni.”

Tutto questo implica che il Presidente Omar al-Bashir, che come Muammar Gheddafi è stato denunciato alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità, si può aspettare lo stesso trattamento riservato al regime di Gheddafi se non seguirà le richieste di Obama.

Khartoum è già stata l’obbiettivo di un attacco di missili Cruise nel 1998 quando fu distrutta l’industria farmaceutica al-Shifa. L’amministrazione Clinton denunciò che la fabbrica era un impianto per la produzione di armi chimiche collegata ad al Qaeda. Una vasta mole di prove che sono finora emerse implicano che la fabbrica era attiva solamente nel campo medico e che non aveva nessun collegamenti con quell’organizzazione.

Le lamentele degli USA erano una fabbricazione totale e la distruzione della fabbrica aveva l’obbiettivo di intimidire la popolazione sudanese e di privarla di un’importante infrastruttura. L’ambasciatore della Germania in Sudan, Werner Daum, ha calcolato che la perdita della fabbrica ha comportato la morte di decine di migliaia di persone per la malaria e la tubercolosi per la carenza di medicinali salva-vita.

Nell’aprile di quest’anno due persone sono state uccise in un’auto che è stata colpita da un missile a Port Sudan. Le autorità sudanesi hanno riferito che il missile era stato sparato da un velivolo non identificato che volava nello spazio aereo sudanese. Hanno anche suggerito che Israele fosse dietro l’’attacco. Il governo di Israele non ha commentato. Solo Israele e gli Stati Uniti hanno la tecnologia militare usata in questi attacchi ed è difficile crede che il governo israeliano possa averlo portato a termine senza la conoscenza degli USA. Le vittime non sono state identificate ma è stato senza dubbio un assassinio.

Il conflitto che si sta sviluppando nel Sudan è il risultato di un lungo periodo di coinvolgimento negli affari della regione da parte degli Stati Uniti. Le varie amministrazioni che si sono succedute a capo degli USA hanno appoggiato il Movimento di Liberazione Popolare del Sudan (SPLM) guidato dal leader, addestrato dagli USA, John Garang. La sua morte improvvisa in un incidente a bordo di un elicottero non ha in alcun modo intaccato i rapporti.

Gli Stati Uniti hanno fornito armi per il conflitto dell’SPLM contro il governo di Khartoum e hanno continuato a riversare armi nel paese seguendo l’accordo del 2005 violato dagli Stati Uniti che portò alla fine della guerra civile. Ciò ha fornito il pretesto per un referendum sulla secessione del sud e per la creazione di un nuovo stato nel Sudan meridionale con capitale Juba. Il voto per la secessione ha offerto a Obama una base dentro al Sudan per lanciare un assalto al regime di Khartoum per mezzo di una forza delegata.

L’intero Sudan è soggetto alle sanzioni degli Stati Uniti che proibiscono le esportazioni di armi nel paese. Gli USA permettono solamente di esportare merci non militari al Sudan, anche nel sud. Ma secondo WikiLeaks, un carico di carri armati, di lanciagranate e di armi anti-aeree catturato dai pirati somali nel 2008 era diretto all’SPLM. Era stato venduto all’SPLM passando dal Kenya, un alleato molto stretto degli Stati Uniti. I cablogrammi trapelati hanno rivelato che gli Stati Uniti erano preoccupati dall’esito di questa spedizione.

È chiaro da questa diffusione di notizie che gli Stati Uniti stavano preparando l’SPLM per affrontare un nuovo conflitto militare mentre tutti i pronunciamenti pubblici che venivano dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato parlavano di pace.

I conflitti lungo il confine non ancora determinato erano inevitabili. Le regioni di confine del Sud Kordofan e dell’Abyei erano tra le pochi aree produttrici di petrolio che potevano rimanere ancora nella mani di Khartoum dopo la secessione del sud. Sarebbero state contestate in modo accanito, ma ci sono le prove che il conflitto attuale è stato provocato dalle forze fedeli all’SPLM. Il 10 maggio le unità delle milizie alleate all’SPLM hanno teso un’imboscata a un convoglio umanitario delle Nazioni Unite e delle truppe del nord. Alcune fonti diplomatiche hanno suggerito che questo è stato un tentativo deliberato di trascinare Khartoum in un conflitto sui confini. Se così fosse, è riuscito nell’intento, perché la risposta di Khartoum è stata l’invio di carri armati nella città di confine di Abyei e il bombardamento di un campo aereo nel Sud Kordofan.

Si sarebbe dovuto tenere un referendum separato a Abyei per decidere se si fosse unita alla parte nord o a quella sud della nazione. Ma il voto è stato posticipato dopo gli scontri violenti tra i gruppi a favore di Khartoum e quelli a favore dei gruppi del sud. I tentativi di mediazioni degli altri Stati africani sono falliti e le due parti in lotta sono diventate sempre più intransigenti.

“Abyei è terra del nord Sudan”, ha insistito il Presidente Omar Hassan al-Bashir. Ha anche aggiunto che il Sudan non ha paura delle minacce degli Stati Uniti.

Parlando da Juba, la capitale meridionale, il portavoce dell’SPLM, Philip Aguer, ha riferito al Financial Times che “la missione delle Nazioni Unite in Sudan è stata un fallimento completo: quale sarebbe lo scopo di “monitorare” la pace quando si stanno “monitorando” le uccisioni di persone? Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dovendo attivare una missione che imponga la pace, dovrebbe fare qualcosa di più che fare promesse che non mantiene.”

L’SPLM sta davvero chiedendo una copertura della Nazioni Unite per le sue operazioni militari come ha già fatto Alassane Ouattara in Costa d’Avorio nella sua lotta contro Laurent Gbagbo.

L’SPLM si descrive come la parte colpita che allo stesso tempo sta riorganizzando e riequipaggiando il suo esercito. Atim Garang dell’SPLM ha accusato il governo di Khartoum di volere il conflitto: “Abbiamo caldeggiato relazioni buone e serene tra il nord e il sud del Sudan e stavano accordandoci per la sostenere i comuni interessi con la parte nord del paese, principalmente riguardo alla nostra collaborazione nel campo delle estrazioni e della commercializzazione del petrolio, ma ora dubitiamo fortemente delle vere intenzioni del Sudan del nord.”

Il Vicepresidente Riek Machar Teny Dhurgon ha visitato Washington per ottenere un supporto più consistente all’SPLM. Avendo architettato una crisi umanitaria sul confine, Washington potrebbe sentirsi giustificata dall’offrire un maggior supporto militare all’SLPM.

Da parte sua il governo di Khartoum si è rivolto al suo alleato di lungo orso, la Cina. Bashir visiterà Pechino nelle prossime settimane. L’argomento di questo confronto non è stato annunciato, ma la Cina è la più grande fornitrice di armi del Sudan.

La Cina è stata largamente responsabile dello sviluppo dell’industria petrolifera del Sudan, l’80 per cento della quale è nel sud e cadrà sotto le autorità meridionali una volta che la scissione avrà luogo. La gran parte delle strade asfaltate nel Sudan meridionale e sono state costruite dalle compagnie cinesi. Potenzialmente, il nuovo governo potrebbe insistere sulla rinegoziazione dei contratti permettendo così alle compagnie USA di avere una parte delle risorse petrolifere. La vastità degli investimenti cinesi messi a rischio dalla scissione del Sudan è immensa. Si pensa che la Compagnia Nazionale Cinese del Petrolio abbia investito 20 miliardi di dollari in Sudan, che è attualmente la fonte del 30 per cento delle importazioni cinesi di petrolio.

Il Sudan ha un’importanza strategica per la Cina e l’atteggiamento provocatorio adottato dall’amministrazione Obama minaccia di portare al tipo di confronto che Pechino ha finora accuratamente evitato in Africa. Una guerra civile per il controllo del petrolio del Sudan ha implicazioni potenzialmente globali. Potrebbe avere un impatto fortemente destabilizzante sulle relazioni internazionali.

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Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25300

16.06.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE