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Sulle Organizzazioni non governative

di Oreste Sartore - 13/06/2006

 
Ludmilla Alekseeva, a founder of the Moscow Helsinki Group

Nel gennaio scorso gli agenti segreti russi dell’FSB (l’ex KGB), notando strani viavai attorno ad una roccia situata all'interno del Gorky Park di Mosca, colgono con le mani nel sacco una rete di spie.
Costoro, semplicemente passeggiando nelle vicinanze, tramite dei computer palmari, scambiavano documenti con un congegno sistemato all'interno della roccia.
I quattro 007 erano Marc Doe, secondo segretario dell’ambasciata del Regno Unito a Mosca, Chris Peart
e Andrew Fleming, segretari-archivisti della medesima ambasciata, più un non meglio qualificato Paul Crompton.
La pista porta a Ludmila Alekseieva, direttrice del «Gruppo di Helsinki», una ONG russa per la democrazia. Risulta infatti da documenti firmati da Marc Doe e mostrati alla TV russa, che sia il «Gruppo di Helsinki» che la consorella «Fondo Eurasia» ricevevano finanziamenti dai britannici.
Il Foreign Office si è detto «preoccupato e sorpreso», ma non ha negato di avere finanziato delle ONG «in modo del tutto trasparente».
Ludmila Alekseieva ha ammesso di aver preso soldi dall’ambasciata britannica, ma ha definito l’operazione dell’FSB «una provocazione per mettere sotto pressione le ONG che difendono i diritti umani in Russia».
Secondo Mosca, quelle di Ludmila - ma anche altre associazioni non governative russe - «sarebbero spie dei servizi segreti occidentali, CIA, MI6, Mossad, usate per fomentare rivolte nelle ex repubbliche sovietiche. Per questo Putin ha firmato un provvedimento di legge che mette sotto stretto controllo il finanziamento e le attività delle Ong». (1)
Come era prevedibile, nell’ambito della delirante strategia anglo-americana di conquistare il cuore dell’Eurasia (Mosca), dopo l’Ucraina, è ora la stessa Russia ad essere entrata nel mirino.


Il sistema è sempre quello, una rivoluzione colorata, in nome dei diritti «civili» e contro le corruzioni e i brogli.
E’ un sistema collaudato e funzionante come un congegno meccanico: infallibilmente esso coinvolge lo stuolo ormai imponente costituito dalle «anime belle» (ne riparleremo).
Del resto fu così anche a Parigi nel 1789 e nel 1870, a Mosca nel 1917, in Italia nel 1945.
Che dire?
Non mi scandalizzo.
Di questo è impastata la storia.
Il quarto Reich fa i suoi interessi, come Putin quelli della Russia.
Io sto dalla parte del presidente russo.
Aggiungo che definire queste accolite «Organizzazioni non governative» è una frode bella e buona.
Si tratta in realtà di «Organizzazioni governative», per di più al servizio di potenze non solo straniere ma anche ostili al sistema politico della nazione in cui operano.
Lupi travestiti da agnelli.
Non sempre le ONG ostili sono così clamorosamente e direttamente al servizio di una potenza straniera.
Ve ne sono alcune, create in fucine roventi, che sono infiammabili a comando: mesi prima dell’11 settembre i dirigenti delle multinazionali erano stati sensibilizzati in parallelo da una e-mail di sospetta origine CIA sulla terribile condizione delle donne afgane (internet è utilizzata anche per formare «movimenti»).
Non bastò quell’appello per trascinarci nella guerra.
Occorreva il botto.


Vi sono alcune ONG benemerite come «Médécins sans frontières», che però non possono propriamente autodefinirsi come non governative.
«Médécins sans frontières», lo ha rivendicato in un’intervista il Gran Maestro di una delle denominazioni francesi, è una creazione della Massoneria, ovvero della setta che controlla l’operato dei governi occidentali, operando, se del caso, rivoluzioni giudiziarie o ribaltoni politici.
Per le associazioni con questo tipo di origine, delle quali MSF non è certamente l’unica, mi limito a dire ai cattolici ingenui di essere cauti nel dare i propri contributi: forse le «anime belle» non lo sanno, ma lo scopo della Massoneria (vedi Garzantina) è diffondere l’Illuminismo e combattere la superstizione (cattolica).
Un articolo a parte richiederebbero le ONG che si «battono» per diffondere i «diritti delle donne» e la «salute riproduttiva», cioè il divorzio e l’aborto.
Vi sono quelle onusiane (IPPF, UNFPA, ecc.), quelle giudaiche (Fondazioni Soros, Rockefeller, ecc.) e altre plutocratiche (Fondazioni Ford, Bill Gates, ecc.).
Alcune di queste organizzazioni ricorrono a mezzi ignobili (dal regalo della radiolina alle donne che si sottopongono alla sterilizzazione, al ricatto economico ai governi che si rifiutano di liberalizzare l’’aborto) pur di dilaniare la cellula naturale delle società tradizionali.
I poteri forti, avvalendosi del pensiero debole, si fanno paladini di libertà fasulle che rendono i popoli più deboli.
Per chi vuol saperne di più - e c'è da inorridire - esistono decine di pubblicazioni.
Segnalo in particolare gli articoli e i libri di Riccardo Cascioli.
Per parte mia, da cittadino italiano, apprendo che secondo i nostri giudici (2) comperare dei mobili senza approvazione della moglie è una grave imprudenza (seppure non sanzionabile), mentre decidere di abortire senza non dico il consenso, ma almeno la notifica al marito, è un «diritto» sancito dalla famigerata legge 194.
Tale legge non è solo omicida verso il nascituro; essa introduce un intollerabile vulnus nel patto civile e carnale che unisce l’uomo alla donna.


Associazioni come «Un ponte per…» abbiamo imparato a conoscerle due anni fa col sequestro delle due Simone.
Lautamente pagate, niente a che vedere con gli stipendi dei nostri giovani (chi assunto a poche centinaia di euro con contratti a termine, chi preso in nero come praticante negli studi opulenti dei baroni avvocati e architetti) le due dame di «san umanesimo», dedicavano i giorni lavorativi a girotondi con bambini e il giovedì a festini a base d’alcool.
Il tutto in un Paese islamico in piena guerra.
Lo ha dichiarato, prendendo da loro le distanze, un dirigente della loro stessa ONG, Jean-Dominique Bunel.
Vi sono naturalmente moltissime organizzazioni sinceramente dedite ad aiutare le persone e le popolazioni colpite da calamità.
Ma anche qui è doverosa una distinzione.
Un conto è se la calamità è naturale; altra faccenda, completamente diversa, è se la calamità è stata causata da una guerra di invasione.
Ed anche in questo caso occorre operare un’ulteriore distinzione: ci sono ONG che operano autonomamente, ed altre che invece collaborano con l’invasore da cui sono finanziate e coordinate, quasi truppe embedded nell’esercito occupante.
Le ONG sono ritenute un soggetto importante nella stabilizzazione del Paese occupato: del resto, se non fossero utili agli interessi degli occupanti, non avrebbero neppure il visto di ingresso.
Quando si legge di 400 ONG operanti nel solo Afghanistan, sembra che, dopo i marines, sbarchino nella nazione occupata truppe di una nuova armata (quella dei psico-marines, volta a far perdere fede religiosa e sentimento di unità nazionale in nome della democrazia e di nuovi diritti).
In ogni caso, come noi italiani dovremmo ben sapere [nel 1948 il piano Marshall, nome in codice ERP (3), ci è costato la perdita di rilevanti fette di sovranità], gli aiuti possono creare una dipendenza culturale e politica.


In definitiva la sigla ONG è priva di significato reale, tanto diverse sono le realtà sottostanti quest’unico ombrello; deve essere demistificata di ogni aura, tante sono le ONG dedite a lavoro sporco o ad attività contrarie all’interesse naturale delle persone e dei popoli.
Per questo non possiamo non condividere le parole del politico afgano Burhanuddin Rabbani, ex presidente al tempo dei mujaheddin (4): «
gli occidentali, a causa della loro cultura corrotta, vogliono impedire cose che sono buone per i musulmani, mentre ci spingono a costumi che sono dannosi per la nostra società. Gli americani non vogliono che le bambine vadano a scuola con la testa coperta in nome dei diritti umani; ma si è visto a Abu Ghraib e a Guantanamo, come praticano i diritti umani.
Ma in Afghanistan non ce la faranno. Consideriamo questi fatti un’associazione a delinquere contro la nostra religione, la nostra libertà e la nostra sicurezza. Ci parlano dei diritti delle donne che vogliono imporci, mentre migliaia di donne muoiono e nessuno se ne cura. Non sono venuti per ricostruire l’Afghanistan, ma per corromperci. Dobbiamo proteggere la nostra libertà. Se un Paese straniero ci fornisce aiuti, che lo faccia senza condizioni. Se i donatori pongono condizioni, non dobbiamo accettare gli aiuti
».
E’ la stessa saggezza antica che noi avevamo.
Quella che fa dire al principe e sacerdote troiano Laoocoonte: «timeo Danaos et dona ferentes» (5).
Ciò nonostante «la storia che si ripete è sempre quella». (6)




 


Note
1) Confronta Massimo Veronese, «Il Giornale»,24 gennaio 2006.
2) Trasmissione «Forum», 9 giugno 2006.
3) European Reconstruction Program.
4) Confronta «Afghanistan, si prepara la vendetta», di Maurizio Blondet, in questo sito.
5) Virgilio, «Eneide», (II, 49).
6) Parole della canzone «Futuro», testi di Balsamo e Raggi, interprete Orietta Berti.