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L’aquila della Nona

di Valerio Zecchini - 26/08/2011

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“L’uomo e’ il piu’ rapace di tutti gli animali”, diceva Celine. E’ di certo cosi’, ma, nella scala della rapacita’, ci sono avvoltoi e ci sono aquile. Nella simbologia umana, i primi rappresentano la pura istintivita’ e il piu’ bieco parassitismo; le seconde, che non a caso vivono piu’ in alto di tutti, stanno all’estremo opposto e raffigurano autorita’, nobilta’, coraggio.
L’impero romano, prima civilta’ ad estendere il suo dominio su tutto il mondo allora conosciuto, scelse appunto l’aquila come simbolo della propria autorita’ spirituale, il gladio come simbolo della propria forza militare e  il fascio littorio come simbolo della propria legge. Da allora ad oggi, l’aquila ha nei secoli rappresentato il simbolo della civilta’ occidentale e della sua supremazia nel mondo.
“The eagle of the Ninth” (L’aquila della Nona) e’ il titolo del romanzo di Rosemary Sutcliff da cui questo film e’ tratto. Uscito nel 1954, ebbe un tale successo che l’autrice lo prolungo’ e ne fece una trilogia; concepito come libro per ragazzi, oggi e’ considerato un classico di valore universale. Il titolo si riferisce al vessillo della Nona Legione dell’esercito romano, che scomparve in Caledonia (l’attuale Scozia) nel secondo secolo dopo Cristo – ed e’ la storia di come il giovane Marcus Aquila (nomen omen) vent’anni dopo cerca di scoprire cosa era successo al condottiero della legione, suo padre Flavius Aquila, e ai suoi cinquecento uomini. Nella realta’ storica, nulla si riusci’ a sapere di questa legione che aveva osato avventurarsi oltre i confini del Vallo di Adriano, presumibilmente massacrata dalle feroci tribu’ barbariche che abitavano quelle terre inospitali. Nella fiction della Sutcliff invece, il centurione Marcus riesce nel suo intento: rintraccia i superstiti, combatte contro i barbari e recupera il simbolo sacro riscattando cosi’ la reputazione del padre. Altri due film piuttosto recenti, che non conosciamo, si erano ispirati al romanzo della Sutcliff: “The lost legion” e “Centurion”.  “The eagle”, peraltro girato nella stessa Scozia, senza dubbio ne rende lo spirito in maniera ammirevole.  
Il film inizia con Marcus Aquila (Channing Tatum, che ha i perfetti tratti somatici del legionario) che arriva in Britannia, insidioso confine del mondo conosciuto, per mettersi al comando di una guarnigione indisciplinata e giu’ di morale. Il carismatico novizio si guadagna la riluttante ammirazione delle sue truppe, risvegliando il loro orgoglio e guidandole in battaglia contro gli indigeni ribelli. In uno di questi scontri (che il film rende con magistrale efficacia), dove Marcus e i suoi uomini formano una testuggine per affrontare i selvaggi britanni capeggiati da uno sciamano invasato, egli viene ferito gravemente.
Nella seconda parte, il comandante legionario affronta una difficile guarigione in compagnia dell’anziano zio (il sempre brillante veterano Donald Sutherland), che compra per lui lo schiavo Esca (Jamie Bell) – a cui  Marcus aveva salvato la vita in un’arena gladiatoria. Decorato al valore ma considerato fisicamente inabile a continuare il servizio militare, offeso dagli insulti alla reputazione del padre da parte di presuntuosi politici romani in visita sull’isola, Marcus si decide a dedicare se’ stesso al suo vero obbiettivo – scoprire cosa era successo alla Nona Legione in Caledonia, il recupero dell’Aquila e il riscatto del nome di famiglia. Accompagnato da Esca, che parla la lingua locale, si dirige oltre il Vallo di Adriano e inizia la sua pericolosa ricerca. Nel corso della missione, la reciproca diffidenza tra Marcus ed Esca si trasforma in rispetto e cameratismo. Dopo essere entrati in conflitto con l’irriducibile popolazione locale e prima di scoprire i segreti del passato, per riuscire a sopravvivere i due sono costretti per qualche tempo ad invertire i rispettivi ruoli di schiavo e padrone.
Unico difetto del film sono le scene finali, raffazzonate e facilone, in cui i due protagonisti sono ricevuti dall’imperatore Adriano per restituirgli la sacra icona recuperata dalle barbare mani in cui era finita; la corte imperiale e’ ricreata in maniera alquanto superficiale e la figura di Adriano viene resa in modo un po’ ridicolo. Peccato, perche’ per il resto il film e’ eccellente: la ricostruzione storica e’ ineccepibile, gli attori piu’ che credibili, la sceneggiatura di Jeremy Brock senza sbavature, la fotografia di Anthony Dod Mantle superba (ma gia’ lo ricordavamo per il suo ottimo lavoro nel formidabile “Antichrist” di Lars Von Trier). E soprattutto il regista Kevin MacDonald (“The last king of Scotland”) sembra condividere e aderire senza esitazioni a quelle virtu’ romane oggi cosi’ fuori moda come dovere, onore,pieta’ filiale. Un film dunque da non perdere, e che probabilmente sarebbe piaciuto molto anche ai professori della Scuola di Mistica Fascista. In uscita in Italia a meta’ settembre, si presenta come uno dei titoli di punta della prossima stagione.