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Il Pimandro del federalismo che i politici non vogliono conoscere, ovvero

di paolo bonacchi - 29/06/2006

Fonte: paolo bonacchi

[riceviamo e rilanciamo. ndr]

 

 

 

   Se conversando con un ipotetico amico dovessi rispondere ad alcune sue domande su cos'è davvero il Federalismo penso che dovrei trasformarmi in Mago Merlino o se preferite nella Fata Turchina, per raggiungere con semplicità e chiarezza lo scopo di eliminare dalla sua mente da un lato tutte le incrostazioni basate su informazioni volutamente sbagliate sedimentatesi col tempo e dall'altro di illustrare un concetto rivoluzionario derivato dalla Natura, di per sé assolutamente semplice da capire. Così, dopo i segni magici di rito, toccando l'amico con la bacchetta magica, apparirebbe nella sua mente una parola luminosa e densa di significato: Contratto! Sì: il federalismo è innanzitutto un contratto politico fra cittadini e fra questi e le loro istituzioni. Ma non sono un mago e non ho la capacità di produrre miracoli, perciò il mio amico immaginario dovrà unicamente far conto su ciò che riuscirò a dirgli per scoprire il significato vero del federalismo, tenendo presente che nulla è più semplice della verità e nulla è più arduo da testimoniare.

 

    Amico (A):    cos'è davvero il federalismo?

    Paolo  (R):    la chiave del nostro dialogo sta tutta in una parola: Contratto!  Esattamente come dice la parola, il Federalismo è innanzitutto un "Contratto" fra cittadini "garantito" dallo Stato.

 

    A.    Puoi spiegarti meglio in relazione a quanto sta avvenendo in Italia?

    R:   Il federalismo è una forma di Stato che nasce dalla Teoria dello Stato contrattuale per la quale lo Stato è una associazione volontaria di persone che decidono le proprie regole (leggi) per mezzo di contratti. Questa teoria riguarda in primo luogo il modo di risolvere i rapporti fra gli individui e tra gli individui e le loro istituzioni, ed in secondo luogo l'architettura istituzionale della società. E' ovvio che il primo deve precedere il secondo, poiché solo i cittadini sono i "titolari" dello Stato e non le istituzioni. In Italia le due riforme costituzionali (2001 e 2005) definite, mentendo, "federaliste", in quanto non tengono assolutamente in considerazione né il Contratto, né questa precedenza, lasciano intatta la prima parte della Costituzione, mentre proprio questa andrebbe cambiata, perché le costituzioni federali sono basate tanto sul "contratto" quanto su "garanzie" e non su "valori e principi" che, come è a tutti noto, ognuno interpreta in forma personale.

 

      A.    Cosa vuol dire la parola "contrattualismo" in politica?

      R.    Vuol dire che il Ruolo che lo Stato deve svolgere nei confronti delle persone, deve  essere stabilito o almeno legittimato dagli aventi diritto al voto mediante un Contratto di natura politica. Di conseguenza  la costituzione, le leggi votate dal parlamento e dalle regioni ed i regolamenti delle province e dei comuni,  devono essere rese legittime (e quindi sempre condivise) dalla maggioranza delle persone responsabili che hanno diritto al voto. In questo senso il Contrattualismo o Federalismo è anche un processo di Autogoverno.

 

     A.    Chi sarebbero "le persone responsabili"?

     R.    Le persone responsabili sono i cittadini che vogliono essere attenti e informati e che con il voto compiono scelte politiche su specifici argomenti conosciuti, limitati e ben definiti.

 

     A.  Ma non ti sembra esagerato  attribuire alla gente, al popolo, una simile responsabilità, considerato l'attuale grado di cultura e di bassa partecipazione alla gestione della cosa pubblica da parte della gente comune ?

     R.  Senza una partecipazione responsabile allargata ed un buon grado di conoscenza degli impegni pubblici da affrontare non si può realizzare uno Stato federale, perché il Federalismo è un processo istituzionale basato sull'eguaglianza e sulla responsabilità personale e non sul governo gestito da ambiziose oligarchie di professionisti della politica desiderosi di potere e di privilegi (i partiti); il federalismo deve nascere dal basso, dai cittadini comuni, e non può essere calato dall'alto come disonestamente si è tentato di fare sia con la Riforma del titolo V° della Costituzione delle sinistre nel 2001, sia con la devolution delle destre del 2005.

 

      A.  In sostanza mi vuoi dire in cosa consiste il "Contratto politico" di cui parli ed in cosa è diverso dal "Contratto  sociale" di cui parlano i partiti?

      R.  Il Contratto politico presuppone che lo Stato sia un "organo di garanzia" per mezzo del quale i cittadini si assicurano il rispetto delle leggi che essi stessi legittimano o deliberano. La garanzia si riferisce soprattutto al diritto degli elettori di poter esercitare il potere legislativo e regolamentare su fatti contenuti entro certi limiti (ad es.: la costruzione di un ponte, di una strada, il funzionamento di un ospedale, della scuola, l'introduzione di una tassa, di un'imposta, l'eliminazione della burocrazia inutile, il cambiamento del sistema pensionistico, ecc. ecc.), per mezzo degli strumenti giuridici che permettono loro di fare, modificare o abrogare le leggi (compresa ovviamente la Costituzione) ed i regolamenti. Per fare questo è necessario introdurre nella Costituzione e negli Statuti locali i Referendum legislativi o regolamentari di iniziativa e di revisione senza quorum (gli altri tipi di referendum, abrogativo, consultivo e propositivo ed il quorum del 50%+1 per la validità del risultato della consultazione referendaria sono semplicemente dei sondaggi, delle truffe statistiche che lasciano sempre l'ultima parola al parlamento ed ai consigli). La definizione classica di Contratto politico parte dall'osservazione che in democrazia la legge deve essere espressione della volontà concreta degli aventi diritto al voto e deve essere vantaggiosa ed utile per tutti. Di conseguenza i cittadini devono ricevere dallo Stato, sotto forma di benefici e di servizi, almeno quanto ad esso sacrificano della propria ricchezza (tasse ed imposte) e delle proprie obbligazioni (doveri), conservando tutta la propria libertà, sovranità ed iniziativa, meno la parte relativa all'oggetto speciale, definito e limitato per il quale il Contratto (il cui contenuto se approvato diventa legge) è formato e di cui si chiede la "garanzia" allo Stato. Senza il principio "contrattuale" e la "garanzia" giuridica necessaria  agli aventi diritto al voto di poter esercitare la sovranità sui fatti che riguardano tutti,  il Federalismo è una frode della buona fede popolare. Bisogna rendersi conto che.. "La sovranità nelle repubbliche federali viene invariabilmente attribuita al  popolo, che delega i propri poteri ai diversi governi o che si accorda per esercitare direttamente quei poteri come se  fosse esso stesso il governo. (...) Il popolo sovrano può delegare e dividere i poteri come meglio crede ma la sovranità rimane una sua proprietà inalienabile." (Daniel J. Elazar, Idee e forme del federalismo, trad. e presentazione Luigi  Marco Bassani, Milano, Edizioni di

Comunità, 1995, p. 90.

 

    A.    Non ho ancora capito bene.

    R.  Nel federalismo i cittadini, col voto, non delegano più "tutta" la loro sovranità ai loro rappresentanti, ma ne riservano per sé "la parte maggiore", in modo da poterli delegittimare a maggioranza quando fanno cose contrarie ai loro interessi o alle loro aspettative. E' esattamente quanto  succede con il contratto di rappresentanza commerciale. Si è mai visto il rappresentante di una ditta che ha maggiori poteri del rappresentato che è il proprietario? Certamente no. E allora, perché i  rappresentanti politici possono prendere decisioni sui fatti concreti che riguardano gli interessi del "sovrano" (che in democrazia  è il popolo), senza che questo, a maggioranza delle persone responsabili aventi diritto al voto, abbia la garanzia di poter  impedire di violare i suoi interessi?

 

    A.    Ma veramente... col voto... il popolo può cambiare i propri rappresentanti.

    R.   E' vero, ma nei quattro o cinque anni di mandato essi hanno potere assoluto sulla vita e sugli interessi della gente e le loro  azioni (che si traducono in tasse, imposte, obblighi, divieti e doveri, ecc.), possono violare impunemente gli interessi e le aspettative della maggioranza dei cittadini senza che nessuno sia responsabile. In questo modo la democrazia è limitata al solo giorno delle elezioni, dopo di che i rappresentanti diventano i veri "padroni" dello Stato, mentre i cittadini comuni, quando non rientrano nelle loro grazie, sono semplicemente al loro servizio.

 

     A.   Alcuni sostengono che le riforme costituzionali presentate sia dalla sinistra sia dalla destra, sarebbero il primo piccolo passo verso il federalismo. Cosa ne pensi in proposito?

     R.  Il Federalismo non si può introdurre a rate o in percentuali o a piccoli passi. Risponde al principio "Tutto o Niente", dove il Tutto, secondo la mia opinione, risiede nella "garanzia" costituzionale dell'equilibrio fra democrazia diretta e democrazia rappresentativa offerta dal Contratto politico o di Federazione, ed il Niente nel Regionalismo e nella Devolution cui le due riforme sono ispirate. Il Contratto politico, in sostanza, mette d'accordo e rende equilibrate e coerenti le due forme di democrazia (diretta e rappresentativa) e risponde perfettamente alle domande su come rendere legittimo l'esercizio del potere politico, come controllarlo in modo che nessuno ne possa abusare e come dare voce al popolo come la democrazia prevede.

 

     A.  Perché i politici ed i giornalisti, a proposito del federalismo, parlano di "patto" e mai di "contratto"?

     R.   Perché la parola "patto" è più elastica, variabile e si presta a diverse interpretazioni e quindi ai soliti giochi ed alle solite finzioni dei politici e giustifica l'ignoranza dei giornalisti sul vero significato del Federalismo. Un patto può essere  tacito, verbale, unilaterale, valido per una sola parte, oppure può essere riferito ad una cosa indefinita, non limitata o anche a molte cose insieme, ecc., mentre il Contratto politico o  "di Federazione" deve essere bilaterale e commutativo ed avere sempre una forma scritta, che deve essere letta, discussa, approvata e sottoscritta o comunque legittimata dalla maggioranza dei contraenti, che sono gli aventi diritto al voto e soprattutto deve essere riferito a fatti certi, definiti e limitati che riguardano tutti i cittadini ai vari livelli dello Stato a seconda delle specifiche competenze.

 

     A.   Alcuni sostengono che solo l'interesse nazionale permette la solidarietà sociale fra le diverse parti del Paese. Come la pensi in proposito?

     R.    Prendiamo la sanità, che è l'esempio più citato per accusare il Federalismo di non essere solidale e per giustificare  "l'interesse nazionale". Finché i cittadini del Sud, a causa dell'inefficienza dei loro ospedali, si possono trasferire al Nord per  farsi curare, è evidente che la sanità del Sud non potrà migliorare come sarebbe utile e conveniente per loro. Nelle condizioni  attuali, infatti, non possono fare niente, perché non hanno gli strumenti giuridici del cambiamento previsti dal Contratto politico,  che consentirebbero loro di rendere efficienti i loro ospedali più di quelli del Nord. Ma se lo Stato, come prevede il federalismo  vero, fosse il garante del loro diritto naturale (inviolabile, inalienabile ed illimitato in uno Stato moderno), di poter fare  direttamente le leggi (Contratto politico), essi avrebbero fortissime motivazioni al cambiamento e potrebbero fare leggi locali e  regionali per ottenere quello che vogliono, visto che lo pagano di tasca propria (federalismo fiscale), eliminando i privilegi,  l'incompetenza, il nepotismo e la burocrazia che rendono inefficiente la loro sanità. Resta il fatto che nessun cambiamento della  sanità del Sud sarà possibile finché gli abitanti del Sud, per rendere migliori i loro ospedali, non avranno a disposizione gli  strumenti giuridici che possono consentire loro di migliorare la sanità nella libertà dove essi vivono. Per tali ragioni è giustificato  il detto che con il Federalismo ognuno è padrone a casa propria ma, aggiungo io, ne è anche responsabile.

 

       A.   Si afferma che le riforme costituzionali in senso federale presentate dai partiti di destra e  di sinistra sposterebbero le competenze dal centro alla periferia. In che misura questo avviene e quale sarà il costo della riforma?

      R.  In un convegno sulla devolution effettuato a Monza nella primavera del 2005, due professori universitari molto esperti in materia di federalismo, Bassani dell'Università di Milano e Bordignon dell'Università di Siena, fecero osservare agli stupiti presenti, fra i quali gli onorevoli Chiti e Pagliarini, che sostanzialmente solo tre competenze del tutto marginali sarebbero state spostate dallo Stato centrale alle regioni e riguardano i bidelli delle scuole, la polizia amministrativa e gli infermieri degli ospedali. Per il resto buio totale, poiché l'introduzione dell'interesse nazionale preminente su tutti gli aspetti della società, avrebbe di fatto impedito il trasferimento di ulteriori competenze ed avrebbe in breve riaccentrato quelle esclusive già devolute alle regioni. E' necessario sapere che una Costituzione federale è caratterizzata da  tre aspetti fondamentali: 1) una costituzione scritta, "discussa, approvata e sottoscritta dal popolo", mentre in Italia la Costituzione non è mai stata sottoposta all'approvazione o al rifiuto del popolo; 2) la "netta separazione areale delle competenze e funzioni" ai vari livelli dello Stato, mentre le due riforme hanno generato e genereranno continui conflitti di competenze fra Stato e regioni (che sono diventate piccoli Stati accentrati) e fra regioni, province e comuni; 3) la "non centralizzazione", poiché il "centralismo" è la peste nera di ogni forma di democrazia e di federalismo che in qualunque epoca ha generato o la guerra o la corruzione. Niente di tutto ciò è stato sfiorato dalle due riforme. Pertanto sono convinto che il costo di entrambe sarà enorme, continuerà a riflettere la spartizione dello Stato fra i partiti e non modificherà, anzi accrescerà l'assetto centralista e partitocratico attuale che opprimerà sempre più le regioni maggiormente produttive.

 

     A.    Molti, oggi, parlano di introdurre il "federalismo fiscale". Qual è la tua opinione?

     R.   Ti risponderò con le parole di Gianfranco Miglio che sosteneva che "nessun federalismo fiscale è possibile senza una vera riforma della struttura federale dello Stato." Inutile illudere la gente con promesse che creeranno solo confusione e che non potranno essere mantenute secondo il vero significato di ciò che si vuole affermare.

 

      A.   Ancora una domanda: molti identificano il federalismo come "secessione" del Nord dal Sud. Qual è la tua opinione in proposito?

      R.    E' una cosa che neppure io ho mai capito e la considero un grave errore culturale di cui  oggi paghiamo le conseguenze. Il Federalismo, in quanto Contrattualismo, è un principio di UNIONE e mai di divisione. Come si fa a fare un contratto se fra le parti non c'è la volontà di unirsi per tutelare, accordandosi, il bene comune? La secessione, in un'ottica federale, è un rimedio ESTREMO che serve solo ad evitare un conflitto, una rivolta violenta fra aree diverse per tradizioni culturali soggette ad un diverso trattamento economico da parte dello Stato centralizzato. Federalismo e secessione sono antitetici perché annullano le stesse fondamenta "contrattuali" sulle quali lo Stato federale si basa.

 

        Spero, amico mio, che alla fine tu abbia capito che si tratta di guardare allo Stato con una logica molto diversa da quella che ha prodotto, aggravandoli, i nostri gravissimi problemi economici e sociali.