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Da Nicola Cosentino al Porcellum. Cosa è cambiato?

di Graziano Lanzidei - 13/01/2012


Pensavamo di essere usciti dal periodo buio del tardo Impero berlusconiano e invece ci siamo resi conto che non è poi cambiato così tanto. La realtà si è presentata in modo chiaro, scioccante per chi si era fatto illusioni: in un giorno solo la Consulta ha bocciato i due quesiti referendari che avrebbero dovuto modificare la legge elettorale vigente, meglio conosciuta come Porcellum, e la Camera dei deputati ha respinto l’autorizzazione all’arresto di Nicola Cosentino deputato Pdl che secondo i giudici è in odore di mafia così come altri 56 imputati. Due botte in un giorno solo per chi aveva creduto che l’avvento di Monti avesse davvero aperto una nuova Era per la politica italiana.

Eppure un po’ dovevamo aspettarcela una giornata così. Ma andiamo per ordine.

Iniziamo da Cosentino. Il Pdl, insieme a parte della Lega, ai Radicali e agli ex Responsabili, è convinto che vi sia fumus persecutionis nei confronti del deputato casertano. Lo sostengono dopo aver analizzato le carte presentate dalla Procura ed entrando nel merito delle accuse che gli sono state addebitate. Quelle carte non l’ho lette, può darsi anche che, come dicono loro, non vi sia “lo straccio di una prova”, ma non era questo il compito dei deputati. Dovevano soltanto stabilire se, per motivi che esulano dalla causa stessa, il giudice poteva avere dei pregiudizi nei confronti di Cosentino. Ma di questo nessuno ha parlato, perché probabilmente non v’è alcun motivo per cui il giudice ce la debba avere pregiudizialmente con Cosentino o con qualcun altro dei 56 imputati. Ma non è questo il punto. Da garantista sono convinto che sia sempre meglio un colpevole fuori che un innocente in galera, non sono assolutamente abituato a sostituirmi ai giudici e decidere aprioristicamente se una persona sia innocente o colpevole. Sono convinto che non sia spettacolarizzando le questioni giudiziarie che si ottiene maggiore giustizia, anzi. Quello che mi fa indignare davvero è la mancanza d’equità. In Italia, teoricamente, la legge dovrebbe essere uguale per tutti. E non vedo perché, per reati che non sono di opinione ma di associazione a delinquere di stampo mafioso o camorristico che sia, un deputato debba godere di maggiori diritti rispetto ad altri  che invece questa opportunità non ce l’hanno. Gli altri, a chi tocca tocca, in galera e Cosentino fuori. Si tratta di una vera e propria disuguaglianza.

Ma cosa ci potevamo aspettare da un Parlamento frutto del Porcellum? Molti dei detrattori del governo Monti, più che contestarlo sulle decisioni che ha preso, sul rigore che penalizza sempre i soliti noti, ha preferito sostenere che la sua contrarietà è frutto dell’illegittimità di un governo che non sarebbe nato dal voto popolare. E quando mai, in Italia, abbiamo votato direttamente un governo – i ministri ad esempio – oppure il Presidente del Consiglio? C’è l’usanza, durante le elezioni, e confermata anche dalla scheda elettorale, di indicare prima del voto chi sarà il deputato, nel caso venga eletto, che ricoprirà l’incarico di primo Ministro. Da Berlusconi a Monti quindi cambia poco, quasi niente. Tutti e due hanno ricevuto la fiducia del Parlamento. Il vero vulnus della nostra democrazia è un altro: non scegliamo i nostri rappresentanti alla Camera e al Senato, possiamo solo scegliere tra liste bloccate che vengono precompilate nelle direzioni dei partiti. E’ democrazia questa?

E che non sia democrazia è provato non solo dal meccanismo elettorale, ma dalle conseguenze che  provoca. Qualche esempio pratico. Un deputato viene eletto in una circoscrizione qualsiasi del Nord, con una determinata coalizione, mettiamo sia di centrosinistra. Durante la legislatura produce pochissime interrogazioni o disegni di legge, è presente si e no la metà delle volte, e non si preoccupa minimamente di procurare migliori condizioni alla propria circoscrizione o ad altre parti del Paese. Assume magari qualche collaboratore in nero, sottopagato. Come potrebbero mai gli elettori, della circoscrizione in cui è stato eletto, punirlo togliendogli il voto? Ma non è finita qui. Immaginiamo che nel corso della stessa legislatura, una crisi di maggioranza apra una delle classiche campagne acquisti. Il deputato famoso, in virtù di una promessa di ricandidatura in testa alla lista, cambia coalizione. Ha solo dovuto promettere fedeltà, cieca e assoluta. Manco i carabinieri. E lui dal centrosinistra se ne va al centrodestra. Qui continua a non fare niente, nemmeno nella sua nuova posizione di sottosegretario. Magari si mette a sistemare, clientelisticamente, qualche amico o amico dell’amico. Vota qualsiasi disegno di legge gli venga propinato, e si preoccupa soltanto di chiedere se il posto in testa alla lista continua ad essere  assicurato. Così il deputato, pur non avendo fatto niente, viene rieletto.

Ora. Non ho letto il dispositivo con cui la Consulta ha bocciato i referendum. Non voglio nemmeno pensare che vi sia stata qualche pressione indebita, in un senso o nell’altro. E non credo nemmeno che la speranza della Nazione di ritornare ad uno stato di democrazia compiuta poteva essere affidato ad un’organo della magistratura. Altro caso di supplenza ad una classe politica che sarebbe meglio non ci fosse e che comunque ha deciso di non fare più il suo dovere. I giudici devono applicare le leggi, belle o brutte, buone o cattive. Le sentenze possono essere accolte con sollievo o possono far incazzare, ma vanno comunque rispettate. Sono i parlamentari che, in caso di ingiustizie palesi, di deficit di democrazia o di altri problemi, hanno la facoltà di cambiare lo status quo. E dovevano essere loro a ridarci di nuovo la cittadinanza. Perché ormai sembriamo solo contribuenti.