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Banalità del progressismo

di Gianluca Bifolchi - 12/07/2006

 
Girando su siti progressisti sto notando una certa diffusione dell'atteggiamento critico, quando non addirittura vilificante, verso la nazionale di calcio, che trova la sua più compiuta espressione addirittura nella "comprensione" verso l'inqualificabile gesto di violenza di Zidane nei confronti di Materazzi. E' come se una identità culturale di sinistra trovasse alimento nella grande popolarità della nazionale in questi giorni per dare prova di autonomia critica ed indipendenza. Ma io sospetto che sia solo una forma di facile snobismo.

Già in un paio di occasioni ho messo in discussione che i cosiddetti "valori positivi" dello sport agonistico godono di un favore eccessivo e sempre scarsamente analizzato. Dall'ideologia decoubertiniana, che esaltava il dilettantismo come parte di una visione classista e socialmente darwinista su cui oggi si preferisce sorvolare, al fatto ovvio che l'agonismo sportivo emblematizza il primato della competizione sulla cooperazione come principio fondante della società, dovremmo discutere se ciò che oggi non ci piace dello sport sia una sua degenerazione o non sia un logico e naturale sviluppo delle sue premesse iniziali.

Ciò detto, le critiche che sento rivolgere alla nostra nazionale (per cui ho tifato, e della cui vittoria mi sono rallegrato) mi sembrano assai ingiuste.

La critica più frequente, e a mio avviso la più manifestamente infondata, riguarda i conti in banca miliardari dei calciatori italiani che, si suppone, dovrebbero guadagnare di meno di una persona che ha studiato molto per acquisire una solida professionalità. Trovo questo argomento ridicolo e insensato. La principale ragione per cui i calciatori di alto livello guadagnano molto è che intorno al calcio gira parecchio denaro, dato che esso è un grande spettacolo per cui la gente e gli sponsor sono disposti ad aprire il portafogli. Si chiama economia di mercato ed è del tutto giusto che al momento della divisione della torta la fetta più grossa vada a remunerare quell'indiscutibile talento che è al centro dell'intero meccanismo. Chi dovrebbe guadagnare quei soldi, allora, dal momento che si generano grosse entrate? Quelli della specie di Luciano Moggi? Ma che se li prenda Cannavaro!.

Quanto al confronto tra i calciatori e "chi ha studiato" (e meriterebbe di guadagnare più di loro) mi sembra un'idea che vada bene per un piccolo borghese con la mentalità del "farsi una posizione nella vita", come se la ragazza che non ha potuto studiare e che fa la commessa in un supermercato meritasse di guadagnare quella miseria che trova in busta paga ogni mese. E' strano come questo disprezzo verso i calciatori porti ad utilizzare argomenti polemici ricavati da una visione della società incardinata in vecchie ed irrigidite gerarchie di sottomissione e sfruttamento.

Nella sagra del luogo comune troviamo anche Beppe Grillo che fa il tifo per il Ghana contro l'Italia perchè "quei ragazzi sarebbero il nostro futuro", conferendogli un entusiamo ingenuo ed onesto che mancherebbe ai nostri divi ultraviziati. Come se i giocatori del Ghana non fossero tutti professionisti profumatamente pagati nei campionati europei, e, quando sono qui, non li vedessimo esibire gli stessi status symbol e gli stessi stili di vita miliardari dei calciatori di origine locale.

Da qui la mezza origine algerina di Zidane che gli conferirebbe un vago prestigio terzomondista e di riscatto sociale degli oppressi (dalla banlieue alla Ferrari in garage) per cui il diverbio con Materazzi (che almeno si è limitato alle parole) acquisirebbe significati profondi a petto di cui la beceraggine del suo atto (che corona una carriera tutt'altro che immacolata da questo punto di vista) passa in secondo piano.

Fonte:
http://anzetteln.splinder.com/