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Post elezioni. Che fare?

di Umberto Bianchi - 06/03/2013


A detta di qualche sprovvedutello, i risultati di queste elezioni avrebbero dovuto cambiare il volto del nostro malcapitato paese. Per i destro positivi guidati dal taumaturgo di Arcore, si trattava di scongiurare per l’ennesima volta il cosiddetto pericolo “rosso”, stavolta però infarcito di pericolose alleanze con la cricca dei Professori “tassa-tutto”, capitanata da “SpakkItalia” Monti. Per la Sinistra fantozziana dei Bersani, degli Svendola e dei rivoluzionari all’amatriciana come Ingroia and Co., invece, il pericolo sarebbe stato rappresentato dalle sparate del taumaturgo di Arcore e dalla troppa vicinanza con le idee della cricca di Monti. Tutti, da destra a sinistra, appassionatamente dimentichi del fatto che, sino a poco tempo fa, la maggior parte di loro, sono stati convinti sodali di “SpakkItalia” Monti e chi, tra loro, non lo è stato, oggi si è rimangiato tutto coalizzandosi con i primi, anche se frapponendo dei quanto mai poco credibili “distinguo”.

Tirando le somme, siamo di fronte al solito gioco delle parti e, se di contrasto di deve proprio parlare, questo è tra i rappresentanti in terra italica delle fazioni dei poteri forti dell’economia e della finanza internazionali. Da una parte il blocco degli eurocrati alla Monti, alla Merkel, alla Schauble, dall’altra quelli più legati agli ambienti d’oltreoceano di più rigida osservanza filo sionista, rappresentati dal mago di Arcore, dalla stessa sinistra bersaniana, dai rappresentanti della leadership britannica, con alcune posizioni oscillanti come quelle del francese Hollande.

Rimangono a questo punto, tutti quei partiti o movimenti che dichiarano, più o meno apertamente, la propria radicale opposizione a qualsiasi commistione con le formazioni elettorali, sinora maggioritarie. Parliamo chiaramente del trionfante Movimento 5 Stelle di Grillo, ma anche di Forza Nuova, di CasaPound, di Fare per fermare il declino di Giannino, di Rete dei Cittadini, per citarne solo alcuni. Per tutte queste realtà sarà bene operare un doveroso chiarimento.

Un vecchio, ma quanto mai attuale, proverbio recita così “una rondine non fa primavera”, il che, tradotto in termini attuali, significa che sull’onda di un successo elettorale, determinato dal generale scontento o dall’adesione ad un programma innovativo o da una miscela di ambedue gli elementi, non si deve cadere nella più insidiosa delle trappole, rappresentata dalla possibilità di governare, magari in coabitazione con altri. Mai come oggi, il successo elettorale, rischia di trasformarsi in un elemento estremamente aleatorio e volatile. Quelli che erano i movimenti sotto le cui istanze innovative, l’Italia si sarebbe dovuta traghettare verso la Seconda Repubblica, hanno perduto slancio iniziale, credibilità ed ora consensi, a causa del fatto di non essere riusciti nei propri conclamati intenti innovatori.

E’ strano, ma una specie di inesorabile nemesi storica sembra, in Italia, colpire tutti quei movimenti che, dai rigori dell’opposizione, ascendono al soglio del governo, annacquandone le istanze, stemperandone gli ardori, trascinandone e logorandone progressivamente le energie nelle sabbie mobili di una “governance”, da cui si esce solo macchiati da gravi scandali o allontanando le proprie istanze dal sentire della gente, cacciandosi nel ghetto senza speranza  di un utopismo fine se stesso. E’ un po’ il caso di quanto da noi accaduto con coloro che, sotto la spinta di “Mani Pulite”, pensava con i Leoluca Orlando, i Di Pietro, i Veltri, e tanti altri, di cambiare la politica italiana ritrovandosi invece impantanati in formazioni divenute comitati d’affari e di scandali, come le cronache ci hanno mostrato.

O la parabola della sinistra  italiana, passata da una parte dal monolitico dogmatismo di Botteghe Oscure, ad un partito democratico di stampo liberal progressista, dall’altra ad una sinistra radicale il cui bagaglio ideologico, non più al passo con i tempi, si è andato tramutando in una serie di istanze ed enunciati di principio, sempre più lontani dal sentire della gente comune e che ne ha, perciò, determinato la progressiva emarginazione nel nostrano contesto politico.

A destra la solfa non cambia. Tutti i presunti o veritieri antagonismi sono andati a rifluire sotto le ingombranti ali del berlusconismo che di quelle istanze ha, logicamente, fatto strame, riducendole al ruolo di folcloristici specchi per allodole. Formazioni, oggidì elettoralmente vicine al berlusconismo e che proclamano l’intento di costituire assi politici di stampo populista con il Front National della Le Pen, sono dimentichi del fatto che questa formazione è addivenuta a certi risultati in maniera del tutto autonoma, senza neanche farsi passare per la testa l’idea di promuovere alleanze con un Sarkozy o con un personaggio come il miliardario Bernard Tapie.

Stesso discorso per le altre formazioni, o rimaste al chiodo con percentuali elettorali da prefisso telefonico o, come nel caso della Lega, finite nella palude senza uscita degli scandali e degli scandaletti. A onor del vero, va anche detto che non è la prima volta che anche in  Europa vi  siano stati i casi, talvolta, di formazioni politiche antagoniste o populiste che dir si voglia che, una volta arrivate alla stanza dei bottoni, hanno subito annacquato le proprie istanze originarie, per addivenire a poco edificanti compromessi.

Il fatto è che, certi comportamenti, trovano le proprie radici e motivazioni metodologiche, nella prassi dei totalitarismi del primo Novecento.  Difatti, sia in Lenin che in Mussolini il percorso per arrivare al potere è molto simile: ambedue si alleano inizialmente con altre forze politiche salvo poi, a cose fatte, riuscire a metterle in minoranza, sino ad annullarle per imporsi infine, come forza protagonista. L’alleanza di Lenin con i menscevichi e Kerenskij, durerà giusto il tempo per assestare il colpo di grazia alla monarchia zarista; stesso discorso varrà per la prima coalizione di cui il movimento fascista farà parte, formata da liberali ed altre forze, anch’essa liquidata e messa in minoranza all’indomani della definitiva presa del potere di Mussolini, tanto per citare due esempi classici.

Quello di coalizzarsi con altre forze, per iniziare ad entrare nella stanza dei bottoni, in vista di una più completa e totale occupazione di questa, è un tatticismo che poteva avere un senso nella prima metà del Novecento, in un contesto totalmente diverso da quello attuale. In questo caso, i nascenti totalitarismi prenderanno piede in una situazione caratterizzata da un processo di invadenza della sfera tecno economica su tutti gli altri aspetti dell’umana esistenza, ancora in una fase iniziale. Gli stessi sistemi politici su cui i totalitarismi andranno ad innestarsi (per lo più monarchie liberali ed antiche autocrazie imperiali), sono caratterizzati da una profonda instabilità e non sono quindi consolidati, al punto da costituire l’unico interfaccia con cui gli interessi economici dei vari gruppi sociali, si possano relazionare.

Al contrario, oggi invece, ci troviamo davanti ad uno scenario caratterizzato da regimi ed ordinamenti politici stabilizzati e consolidati nell’ambito di un più ampio ordine internazionale, caratterizzato dalla predominanza “urbi et orbi” dei vari potentati economici e finanziari. Qualsiasi strategia o tatticismo di alleanza o coalizione con altri soggetti, che porti alla sala dei bottoni, ha come conseguenza l’automatica assimilazione ed omologazione di tutte le istanze antagoniste ai dettami del Pensiero Unico, e questo non solo dal punto di vista prettamente ideologico, ma anche da quello meramente pragmatico, attinente cioè al modus agendi quotidiano.

Ora, di fronte al quadro eccezionale venutosi a creare in seguito al risultato elettorale, l’unico auspicio che si possa fare è che, al vero vincitore al momento, cioè il Movimento 5 Stelle, non venga la malsana idea di governare in coalizione con qualcuno. La storia ce l’ha già ampiamente dimostrato: sarebbe l’inizio di compromessi ed inciuci che porterebbero alla “normalizzazione” ed al graduale riassorbimento di certe istanze innovative nell’alveo dell’eterna dialettica destra-sinistra-centro che, del sistema costituisce l’asse portante.

Oggi, qualunque raggruppamento o movimento antagonista, che riesca a darsi una caratura istituzionale (ovverosia, uscire dal ghetto dei risultati elettorali da prefisso telefonico…) deve avere come parola d’ordine quella di rimanere all’opposizione ad oltranza, sino cioè al completo logoramento e sfinimento delle forze del Sistema. Un’opposizione perenne, martellante e senza compromessi, il condizionare dall’esterno le scelte di un governo, rappresentano al giorno d’oggi, l’unica via percorribile per un movimento che voglia veramente farsi promotore di quel tanto agognato cambiamento, che l’opinione pubblica reclama in Italia da decenni. Per questo, oggi più che mai, in questo scenario vale, capovolto, l’antico adagio andreottiano: “Il potere logora chi ce l’ha”…­