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Lavoro per tutti

di Guido Dalla Casa - 29/04/2013

  

C’è la disoccupazione, c’è in tutto il mondo. Alcuni anni orsono (1995) è stato pubblicato un libro intitolato La fine del lavoro (di Jeremy Rifkin) ristampato da  Mondadori nel 2005: ma non c’è bisogno di scomodare tanta autorità, è sufficiente un’occhiata sommaria al mondo di oggi rispetto a quello di qualche anno fa, per rendersi conto che il lavoro per tutti non c’è più, e non potrà mai esserci, se continuiamo a pensare come prima. Dove c’erano 50 impiegati, ora ne basta uno con un computer che ha tutte le informazioni e fa quasi tutto. Dove c’erano migliaia di operai, basta qualche macchina. E si continua a pensare di dare lavoro a tutti “aumentando la produzione” e continuando con gli stessi principi di prima!

  Tutto questo è completamente assurdo. Intanto l’umanità, che già conta più di sette miliardi di individui, aumenta di 90 milioni all’anno: tutti dovrebbero “trovare lavoro” in questo modo! Poi si vuole ottenere anche l’”integrazione” degli immigrati, che significa farli vivere da occidentali, si vuole in sostanza occidentalizzare tutta l’umanità, ridotta ad una massa informe ed uniforme di consumatori: un solo modello culturale. In realtà può esistere una società multietnica, ma non può esistere una società multiculturale, malgrado le parole dei politicanti: infatti tutti dovrebbero vivere secondo i principi dell’Occidente e inseguire senza posa l’aumento del processo produrre-vendere-consumare, che dovrebbe “dare lavoro” a tutti con la crescita senza fine, alimentando la spirale dell’eterno desiderio. In questo modo c’è una cultura sola, un unico modello. A chi importa se questo processo sta letteralmente divorando la Terra? A Lampedusa continuano a sbarcare migliaia di africani, ma nessuno dice chiaramente che in Africa c’erano 30-40 milioni di umani a metà dell’Ottocento e ora ce ne sono un miliardo!

  Il problema della disoccupazione non potrà mai essere risolto, ma si aggraverà sempre più se si vogliono mantenere i “sacri” principi dell’Occidente moderno. Occorre partire da altre basi, occorre abbandonare completamente: la competizione economica, la globalizzazione, la crescita, il mercato e i consumi.

  Invece, se si mantengono tali premesse, i problemi del mondo sono chiaramente  insolubili. Queste sono i punti-chiave che causano i guai della Terra e provocano anche la disoccupazione diffusa. Il cosiddetto lavoro, modificato profondamente nei significati, non potrà occupare mediamente più di due-tre ore al giorno a testa, e qui si continua a pensare alle otto-dieci ore al giorno, e due giorni di sosta alla settimana, magari per andare a spendere e consumare. E a dire che “bisogna lavorare di più”!

  Di solito nel nostro mondo si è formata l’idea che il lavoro sia sempre qualcosa di positivo, da premiare indipendentemente da ogni altra considerazione. Così si pensa che chi lavora di più debba automaticamente guadagnare di più, che in sostanza sia più bravo di chi lavora di meno: il lavoro ha acquistato un valore etico in sé, anche se spesso danneggia l’intero Organismo terrestre o contribuisce a gravi patologie della Biosfera. Non si è mai tenuto come valore etico il mantenimento in condizioni vitali della Biosfera terrestre, oppure degli ecosistemi di cui un processo fa parte. E’ invece indispensabile avere sempre presente questa percezione, tenere come primo valore l’etica della Terra.

  Anche la divisione fra lavoro e tempo libero è soprattutto propria dell’Occidente, nasce in gran parte dal mito delle origini della cultura giudaico-cristiana-islamica, che si basa sulla Genesi dell’Antico Testamento, dove un Dio esterno al mondo, dopo aver lavorato sei giorni, il settimo si riposò, cioè si prese il suo tempo libero. In tante altre culture umane questa distinzione non esisteva.

  Forse bisognerà abbandonare anche il denaro: dopotutto moltissime culture ne hanno fatto a meno per migliaia di anni.

  Non stiamo parlando di qualche articolo di legge sul lavoro o di ritoccare il sistema fiscale, o delle miracolose ricette di qualche giuslavorista, stiamo parlando della fine dell’Occidente, che è  qualcosa di molto più grande.

  Che dire poi dei “valori” di questo mondo attuale? Solo un esempio: ha più “prezzo monetario” (!) qualche metro quadrato di uno squallido parcheggio urbano, fatto di inerti puzzolenti di benzina e di gas di scarico, che non qualche ettaro di bosco, complesso di esseri senzienti in grado di vivere e autosostenersi a tempo indefinito. E’ proprio un mondo alla rovescia, quindi non è pessimismo pensare che la sua fine è vicina. Speriamo che dopo nasca qualcosa di meglio.